Scotti e il sequestro Cirillo. Nulla è più inedito della carta stampata
Con l’annunciato pentimento dell’ex superlatitante Pasquale Scotti (uno che riesce ad evade perché si accredita come collaboratore di giustizia, nel 1984, e si fa più di 30 anni di latitanza) si è scatenata la solita sarabanda per le attese ghiotte rivelazioni su uno dei misteri d’Italia che tale non è: il sequestro Cirillo. In realtà, anche se gli esiti giudiziari sono stati assai mosci, l’inchiesta su camorra e politica aveva raccolto materiali molto interessanti. Ce li raccontò così Peppe D’Avanzo, uno che ci manca veramente tanto, ventitré anni fa. Ma com’è noto, nulla è più inedito della carta stampata. Per fortuna però che funziona ancora Google, almeno fino a quando non passerà il rullo compressore del diritto all’oblio …
Che cosa si sarebbe potuto ascoltare nell’ aula della Corte d’ Appello di Napoli che sta affrontando (e chiudendo) il “caso Cirillo”? Che cosa avrebbero potuto dire l’ ex senatore dc Francesco Patriarca, l’ onorevole dc Raffaele Russo, il commercialista Carlo Rolandi se, come ha chiesto il procuratore generale, fossero stati convocati come testimoni? Non è difficile svelarlo. Avrebbero raccontato che Antonio Gava organizzò e raccolse materialmente il danaro per pagare alle Brigate rosse la vita dell’ assessore Ciro Cirillo. Sì, secondo Patriarca e Rolandi, fu Antonio Gava, proprio lui, senza intermediari, direttamente a organizzare la raccolta di denaro (un miliardo e cinquecento milioni) che poi finì nelle mani di Giovanni Senzani. Le dichiarazioni di due dei testimoni mancati del processo Cirillo sono già a verbale nella cosiddetta inchiesta “Camorra & Politica”. Francesco Patriarca, doroteo da sempre, da sempre legato a doppio filo d’ acciaio con Gava ha recentemente vuotato parzialmente il sacco. Ha detto di non aver partecipato al gran tourbillon per la liberazione dell’ assessore regionale dc. Ha ammesso, però, di averne sentito parlare. Era giugno, era il 1981. Cirillo era prigioniero in una “prigione del popolo”.
I luogotenenti di Gava erano invece al mare. A Vico Equense, sulla costiera sorrentina. Sotto l’ ombrellone della spiaggia privata dell’ Hotel Axidie Francesco Patriarca, l’ assessore regionale dc Armando De Rosa parlottano fitto con Giuseppe Savarese, ingegnere, proprietario dell’ albergo. “Savarese – ha spiegato Patriarca ai giudici – aveva ricevuto una telefonata da Gava. Don Antonio gli aveva detto che la situazione si era finalmente sbloccata e si stavano raccogliendo i soldi da imprenditori amici. Presto Ciro Cirillo sarebbe tornato in libertà”. Un personaggio chiave della Napoli che conta Fin qui il racconto di Patriarca. Ancora più espliciti e puntuali i ricordi di Carlo Rolandi. Carlo Rolandi è uno stimato professionista, forse poco conosciuto pubblicamente ma personaggio chiave della Napoli che conta, della Napoli della politica e dell’ economia. Ancora giugno, ancora il 1981. Rolandi riceve una telefonata dal suo amico e cliente, il cementiere Giuseppe Moccia. “Moccia mi chiese – ha raccontato Rolandi ai giudici – di accompagnarlo a un riunione. Scoprii poi che la riunione era a casa di Antonio Gava. E soltanto quando arrivammo a casa di Gava sulla collina di Posillipo scoprii che alla riunione c’ era il meglio dell’ imprenditoria della città. Ricordo con precisione che c’ erano Francesco Rallo, presidente della associazione dei costruttori napoletani, Italo Della Morte, forse il più importante costruttore del Mezzogiorno, l’ avvocato Pasquale Acampora che era stato vicepresidente del Banco di Napoli. C’ erano anche altri ma voglio fare soltanto i nomi di coloro che sicuramente erano presenti”. “In quell’ occasione – ha continuato Rolandi – Gava fece presente le difficoltà del ‘ caso Cirillo’ , sottolineò la necessità di un contributo. Gli imprenditori misero mano al portafoglio. Giuseppe Moccia, ricordo, consegnò trenta milioni”. Il cementiere Giuseppe Moccia, interrogato quattro giorni fa in gran segreto, ha confermato parola per parola il racconto di Rolandi. Ma nelle carte dell’ inchiesta “Camorra & Politica” non ci sono soltanto le ammissioni di Patriarca, Rolandi e Moccia. L’ elenco di coloro che stanno spiegando ai magistrati il ruolo di Antonio Gava è già lungo ed è destinato a diventarlo ancora di più. Sicuramente prodigo di informazioni è stato l’ ex-assessore regionale Armando De Rosa e, secondo voci non confermate, i giudici hanno ricostruito l’ intero parterre d’ imprenditori presenti, quel giorno del giugno del 1981, in casa di Antonio Gava. Chiuso nell’ aula dell’ appello, dunque, il “caso Cirillo” è apertissimo nelle stanze della Procura distrettuale antimafia nella sua più autentica forma e natura di “caso Gava”.
Una coincidenza significativa
(umt) Al ricco racconto di D’Avanzo manca un particolare intrigante, una coincidenza abbastanza significativa: che l’imprenditore che accompagna Rolandi alla riunione a casa Gava, Giuseppe Moccia, era stato rapito nell’autunno 1974 a Posillipo e all’epoca la raccolta fondi, in quel caso un prestito, fu curata da un avvocato d’affari che era socio nello studio professionale dello stesso Rolandi. Ah, dimenticavo: a rapire il cementiere Moccia era stato un commando dei Nuclei armati proletari …
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