Se Sparta piange, Atene non ride

[Un pezzullo contro la deriva forcaiola di certa ultragaughe]

dariofo-franca-rame1Anche a sinistra, all’estrema sinistra, lo spirito dei tempi ha finito per imporre una visione del mondo cupa e forcaiola. Che strazio al cuore leggere di Dario Fo e Franca Rame, straordinari protagonisti di tante campagne e iniziative di Soccorso rosso, impegnati a mandare in galera i “ladri di regime”. Io non scordo le mazzate (date e pigliate) per la “libertà immediata per i compagni arrestati”, perché “l’unica giustizia è quella proletaria” e perciò “tutte le carceri salteranno in aria”. No, per noi era un principio etico che il carcere, negazione dell’umano, non si augurasse nemmeno al peggior nemico. E proprio in nome di quella opzione radicalmente libertaria, con Foucault, siamo giunti a contestare l’idea stessa di “tribunale del popolo”. Qualcuno, portando alle estreme conseguenze un discorso di “giustizia partigiana” (nel senso schmittiano del termine) giunse ad assumersi la parte del boia. Un ruolo fosco e tragico ma non privo di grandezza. Che pena invece vedere i professori Pardi, dopo aver praticato in gioventù l’insana utopia di Potere Operaio e godendo di tutti gli strumenti culturali per una radicale critica del diritto, adattarsi a fare i guru per gli ascari della cosiddetta “rivoluzione italiana”, a tifare per i giudici di Mani pulite, a invocare sempre più manette, pensando di risolvere per via giudiziaria l’incapacità di vincere una battaglia politica con i mezzi propri. Certo è una beffarda catastrofe vedere una generazione nata sull’onda gigantesca del movimento del Sessantotto ridursi a imitare le tricoseuse, le popolane parigine che continuavano a lavorare all’uncinetto mentre assistevano festanti alle esecuzioni di massa con la ghigliottina.

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