3 marzo 1972: sequestro Macchiarini e svolta guerrigliera di Lotta continua

Idalgo Macchiarini con la canna della pistola che gli schiaccia la guancia

Il mese di marzo 1972 è uno dei periodi piú caldi della recente storia d’Italia. Il clima politico è arroventato, soprattutto a Milano. (…)
Il 3 marzo 1972 Idalgo Macchiarini, definito uno dei piú odiati dirigenti della Sit-Siemens, viene sequestrato all’uscita dall’ufficio da un nucleo di tre brigatisti rossi (tute blu, giubbotti, volto coperto da passamontagna, secondo il “Corriere”). Spinto in un furgoncino e quindi ammanettato, viene sottoposto, nel corso di un breve “processo politico,” ad un interrogatorio nel ruolo di imputato. Sarà abbandonato, dopo una ventina di minuti, con al collo un cartello: “BRIGATE ROSSE – MORDI E FUGGI! – NIENTE RESTERÀ IMPUNITO! – COLPISCINE UNO PER EDUCARNE CENTO! – TUTTO IL POTERE AL POPOLO ARMATO!

Di questa azione le BR forniranno una fotografia, scattata all’interno del carcere-furgone, che rappresenta l’imputato con il cartello al collo e due pistole puntategli contro. Sotto, la didascalia: “Milano 3-3-72, Macchiarini Idalgo, dirigente fascista della Siemens, processato dalle BR. I proletari hanno preso le armi, per i padroni è l’inizio della fine.”

Il volantino di rivendicazione

Viene diffuso un volantino in cui, rifacendo il verso al linguaggio dei poliziotti, si dà notizia dell`arresto,” del “processo” e del “rilascio in libertà provvisoria”:

Venerdí alle ore 9 le BRIGATE ROSSE hanno arrestato di fronte allo stabilimento della SitSiemens il dirigente IDALGO MACCHIARINI. Dopo averlo processato, lo abbiamo consigliato a lasciare al piú presto la fabbrica e quindi rilasciato in libertà provvisoria. Alcuni si chiederanno “perché proprio Macchiarini.” In fondo pur essendo il primo responsabile dell’organizzazione del lavoro dello stabilimento TR e quindi responsabile dei livelli di sfruttamento che colpiscono oltre 3.000 operai o dei provvedimenti disciplinari, egli è solo il numero 3 della LINEA DURA NEOFASCISTA che da oltre un anno si è affermata nella fabbrica e che vede in VILLA (numero 1) e MICCINELLI (numero 2) i battistrada e in TORTAROLO “pesce piú piccolo,” il gregario provocatore.

Macchiarini è un brutto cane rognoso e gli operai lo sanno tutti. Infatti ad ogni corteo interno, tanto per divertirsi un po’, vanno su a dargli qualche calcio nel culo per rispondere nel modo giusto alla sua ridicola aria di sfida. Macchiarini difatti è un DURO di quelli che ad ogni passo ripetono “GLI OPERAI VANNO TRATTATI CON LA FRUSTA, SE NO SONO SEMPRE LI’ A RIVENDICARE.”
Macchiarini però è anche un SAGGIO, egli sa che le forze reazionarie che fanno capo a quel FLAMINIO PICCOLI, ministro delle Partecipazioni statali e fiero sostenitore della destra nazionale, lo considerano “patrimonio intoccabile della nazione.” Per questo egli le sostiene con le parole e coi fatti. Macchiarini, per concludere, è quel che si dice UN TIPICO NEOFASCISTA: un neofascista in camicia bianca, e cioè una camicia nera dei nostri giorni.

Macchiarini dunque, a suo modo e al suo livello, è un responsabile della guerra che la borghesia ha scatenato su tutti i fronti e su tutti gli aspetti della vita produttiva e sociale delle masse. Per questo abbiamo inteso render celebre, “celebrando” la sua mediocrità, questo funzionario della reazione che, a differenza delle SAM (commandos terroristici della provocazione fascista), non butta bombe contro lapidi partigiane o sedi di partiti democratici ma colpisce direttamente, quotidianamente, con metodo, la classe operaia al suo cuore: la colpisce nella sua lotta incessante per la sopravvivenza e il potere.

Questo processo proletario a Macchiarini è però anche un avvertimento a tutti gli altri – in qualunque fabbrica o in qualsiasi parte del paese prestino servizio – che:
Alla guerra rispondiamo con la guerra
Alla repressione armata con la guerriglia
Alla guerra su tutti i fronti con la guerra su tutti i fronti

Nessuno tra i funzionari della controrivoluzione antioperaia dorma piú sonni tranquilli; nella grande città dello sfruttamento non c’è porta che non si possa aprire e le “forze dell’ordine” (pubbliche e private) per quanto numerose già siano e per quanto numerose ancora possano diventare:
Nulla possono contro la guerriglia proletaria!
Mordi e fuggi!
Niente resterà impunito!
Colpiscine uno per educarne 100!
Tutto il potere al popolo armato
3 marzo 1972
per il comunismo
BRIGATE ROSSE

Le reazioni

Appena rilasciato in “libertà provvisoria,” il Macchiarini sottolinea insistentemente con dichiarazioni pubbliche la brutalità dei propri aggressori, i quali tuttavia all’indomani del sequestro si comporteranno da “gentlemen” restituendo, non senza ironia, l’orologio “del detenuto da questi perso durante il vano tentativo di divincolarsi.”
Nella lettera che accompagna l’orologio, inviata al “Corriere della Sera“, si precisa che il dirigente “non è stato oggetto di violenze fisiche, salvo quelle indispensabili” e che a proposito di presunte minacce all’indirizzo dei familiari del Macchiarini, le dichiarazioni rese alla stampa “sono insensate e frutto di irrazionale terrore“. Tempestivo giunge da parte del sindacato il rituale comunicato di “condanna severa e dura.” Mentre l’Avanti!’ ignora del tutto l’episodio, “l’Unità” gli dedica un minuscolo articolo di una colonna dal titolo Grave provocazione alla Sit-Siemens di Milano in cui si parla di “banditesca provocazione.”

Una fantomatica organizzazione

Dopo aver accreditato la tesi delle “dure percosse,” il quotidiano del PCI dà la sua prima definizione delle BR: “una fantomatica organizzazione che si fa viva in momenti di particolare tensione sindacale con gravi atti provocatori, nel tentativo di far ricadere sui lavoratori e i sindacati le responsabilità di atti e iniziative che nulla hanno a che vedere con il movimento operaio e le sue lotte”.
Tuttavia la gran maggioranza dei lavoratori della SitSiemens, che poche ore prima del sequestro avevano tentato, nel corso di un corteo interno, di raggiungere proprio gli uffici di Macchiarini, approva, a dispetto dei vertici sindacali, quest’azione. Nemmeno si può dire che gli operai si commuovano per le sorti del loro dirigente, visto che circa un mese dopo, il 13 aprile, come riferisce la stampa dell’epoca, lo faranno ancora una volta oggetto, nel corso di un corteo interno, di una “visita particolare” e indesiderata.
Viceversa, è dai “settori imprenditoriali” che giunge una pioggia di prese di posizioni indignate. (…)

Il dibattito nella compagneria

Piú interessante e varia la posizione della sinistra “rivoluzionaria.” PO osserva che:

Un commando operaio è passato, per la prima volta nella storia della classe operaia italiana, ad un sequestro. Noi annotiamo solamente che la recezione di questo atto, a livello di classe operaia, è stata positiva. Il salto di qualità nella gestione della lotta che questa azione dimostra, va perciò annotato. Sembra che nella classe operaia milanese, che oggi è all’avanguardia del movimento complessivo, l’articolazione fra azione di massa ed azione di avanguardia risulti ormai un fatto acquisito […]. Sono nuove forme di lotta operaia che si stanno facendo strada: questa pratica della violenza organizzata da parte proletaria è resa obbligatoria dalla crescita dello scontro di classe e delle sue caratteristiche di violenza […]. Si tratta di azioni che portano un segno di classe, proletario e comunista, ed esprimono una volontà sovversiva e un bisogno di rivoluzione che è delle masse sfruttate, e non di esigue minoranze.

Mentre il “Manifesto,” impegnato nelle elezioni, tace completamente la notizia, “Avanguardia Operaia,” che già aveva definito fascisti i compagni del 22 Ottobre, sferra a distanza di alcune settimane un attacco violento, seppure non inaspettato. Sotto il titolo Con la regia dei servizi segreti cosí ammonisce:
il sequestro giunge improvviso (alla Siemens non c’è lotta in questa fase). Il gesto è del tutto dimostrativo e pare fatto apposta per avere titoli scandalistici […]. Al collo del sequestrato viene appeso un cartello con una scritta dallo stile assai poco familiare al movimento operaio “mordi e scappa, colpiscine uno per educarne cento.” MA SOPRATTUTTO FA LA SUA APPARIZIONE UN ELEMENTO CHIAVE DEL CASO FELTRINELLI: IL FURGONCINO! [in maiuscolo nel testo. N.d.R.].
Si comincia ad introdurre nell’opinione pubblica alcuni concetti: esistono i terroristi, sono di sinistra e si servono di furgoncini per le loro malefatte.

Una replica ad Avanguardia operaia

Sulle affermazioni contenute nell’articolo di “Avanguardia Operaia” sono necessarie alcune precisazioni:

  1. Non è vero che alla Siemens, in quella fase, non c’era lotta: si può leggere in proposito “l’Unità” del 4 marzo 1972, ma soprattutto basta la constatazione che in quella mattina stessa un corteo interno aveva attraversato la fabbrica, tentando di raggiungere proprio gli uffici del Macchiarini.
  2. La frase “mordi e fuggi” che non è familiare ad AO lo è però a Che Guevara e Fidel Castro, i quali l’appresero dal loro maestro di guerriglia, Bayo (già generale della repubblica nella guerra di Spagna) durante le esercitazioni in Messico da loro svolte nella qualità di allievi. Del resto, la stessa frase, insieme ad altre, è stata raccolta in un manuale di guerriglia, divenuto presto un classico e tradotto anche in Italia.
  3. Anche la frase “colpiscine uno per educarne cento” definita poco familiare da AO, si trova in un altro classico del comunismo. Infatti Lenin nelle Note per il programma del II congresso del partito (1905), cosí scriveva: “Il terrore deve fondersi con il movimento di massa […] ecco perché noi diciamo nella tradizione rivoluzionaria comunista: la professione di boia, di poliziotto, di preside, di capo di fabbrica, di giudice, sta diventando una professione rischiosa. Perché i proletari seguono la regola castiga uno, educane canto
  4. Quanto al furgoncino, va osservato innanzitutto che il sequestro fu operato dodici giorni prima della morte di Feltrinelli, e quindi era estremamente difficile per i “provocatori,” a meno che non fossero provvisti di facoltà “divinatorie,” conoscere le future circostanze della vicenda di Segrate. Per inciso c’è da osservare che un “attento studio” sulle tecniche dei sequestri politici rivela che anche i guerriglieri uruguayani, argentini, brasiliani e turchi si sono serviti molto spesso di furgoncini e quasi mai di biciclette, trattori, auto scoperte o tranvai elettrici. Questo soprattutto per motivi di sicurezza!
    C’è infine da considerare che “un gesto del tutto dimostrativo” è certamente assai meno “provocatorio,” ad esempio, di un’azione cruenta.

La svolta guerrigliera di Lotta continua

Per quanto riguarda LC va registrato un cambiamento di centottanta gradi rispetto alla ferma condanna espressa a proposito dell’episodio di Lainate. All’indomani del rapimento, l’esecutivo milanese diffonde un comunicato di piena solidarietà con le BR:
Idalgo Macchiarini è stato catturato venerdí pomeriggio, processato e punito. Nella mattinata un corteo all’interno della fabbrica aveva cercato di raggiungerne l’ufficio per fargli sentire il peso della propria forza e del proprio odio di classe. Noi riteniamo che questa azione si inserisca coerentemente nella volontà generalizzata delle masse di condurre la lotta di classe anche sul terreno della violenza e dell’illegalità.

Mentre nella sinistra rivoluzionaria italiana è ancora vivo il dibattito su questo episodio, giunge dalla non lontana Francia una notizia, che sembra dare una dimensione europea a questa forma di lotta illegale. Robert Nogrette, dirigente della Renault, la società responsabile del licenziamento prima e dell’assassinio dopo dell’operaio Pierre Overnay, viene sequestrato il 9 marzo da Nouvelle Résistance Populaire, braccio armato della Gauche Proletarienne, l’organizzazione messa fuori legge nel 1970, di cui abbiamo visto le affinità con Sinistra Proletaria. Da un comunicato di NRP:

Colui che si vanta di essere la giustizia della Renault, il signor Nogrette, responsabile della volante dei killers e principale organizzatore dei licenziamenti, è stato arrestato questa mattina dal gruppo Pierre Overnay, della nostra organizzazione. Noi rappresentiamo la volontà del popolo davanti alla legge degli assassini. Noi rappresentiamo la giustizia davanti a coloro che vogliono far regnare il terrore nella piú grande impresa di Francia.

Questo sequestro, conclusosi in modo incruento dopo 48 ore, viene entusiasticamente salutato da LC, che, in un foglio distribuito quotidianamente dai militanti, “Processo Valpreda” del 10 marzo 1972, cosí si esprime su un titolo a mezza pagina:

IL SEQUESTRO DI DIRIGENTI DELLA SITSIEMENS E DELLA RENAULT: LA GIUSTIZIA RIVOLUZIONARIA COMINCIA A FAR PAURA – VIVA LA GIUSTIZIA RIVOLUZIONARIA. Segue l’articolo in cui si ribadisce che “il processo e la punizione dei dirigenti è pratica costante della lotta operaia e momento significativo dell’opposìzione alle gerarchie capitalistiche in fabbrica e fuori, è condizione essenziale per difendere le conquiste della classe operaia.”

Queste posizioni verranno pagate duramente da LC: un esposto-denuncia dei CC contro l’esecutivo milanese provocherà 11 mandati di cattura contro alcuni tra i principali dirigenti a livello nazionale. Successivamente, proprio nel momento di massima repressione, Avanguardia Operaia svilupperà una dura polemica contro LC e PO per il giudizio da queste organizzazioni espresso a proposito di GAP e BR. La polemica si concluderà con l’uscita di AO dal Comitato di lotta contro la strage di stato.

Fonte: Soccorso rosso, Brigate rosse, Feltrinelli, 1975.

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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