15 gennaio 1983: arrestato a Milano Sergio Segio
”Vedo con la coda dell’occhio la canna lunga di un revolver appoggiarsi sulla mia nuca. E’ un attimo. Una decina di uomini mi balzano addosso alle spalle, altri li vedo salire di corsa dalle scale della metropolitana, quattro auto arrivano a tutta velocita’, inchiodano e bloccano l’incrocio, un sincronismo perfetto, sarei quasi ammirato se non fosse che la preda sono io”.
Cos’ nella sua autobiografia Sergio Segio racconta la sua fine della corsa. Milano, 15 gennaio 1983. Stava lavorando a un progetto di evasione da Fossombrone. Invece sono cominciate le sue prigioni. L’Unità l’ha raccontata così
L’articolo dell’Unità
La carriera criminale di Sergio Segio, il «comandante Sirio» di Prima linea, è terminata ieri alle 13,15 davanti alle saracinesche abbassate della Banca Commerciale, all’angolo tra via Sauli e viale Monza, a quell’ora quasi deserte. Ad arrestarlo sono stati i carabinieri di via Moscova, una decina di uomini in borghese, che da una quindicina di giorni controllavano la zona.
Segio, che era assieme a una studentessa di Como, Daniela Figini, di 21 anni, incensurata, non ha avuto il
tempo di reagire. I carabinieri hanno circondato la coppia con mitra e pistole. Il feroce killer dei giudici Alessandrini e Galli, dell’ex dirigente delFIcmesa Paolo Paoletti. del «delatore» William Vaccher e del vicebrigadiere del carcere di San Vittore, Rucci, si è lasciato ammanettare assieme alla ragazza.
“Non hanno detto una parola», commenta l’edicolante, che aveva seguito la vicenda fin dall’esordio. Pochi
minuti prima che la strada si riempisse delle intimazioni dei carabinieri l’uomo aveva visto i due scendere da una «Panda» beige. Con qualche difficoltà l’avevano parcheggiata sull’altro lato del viale. Proprio di fronte all’edicola, accanto all’uscita della metropolitana, stazione «Pasteur».
Siamo a circa cento metri da piazzale Loreto, dove viene smistato gran parte del traffico che si muove sulla
circonvallazione. La coppia attraversa a piedi il viale. Ognuno dei due porta con sé una grande borsa da viaggio. I due stavano per voltare l’angolo di viale Monza per incamminarsi verso via Sauli.
Dove stavano andando?
Secondo voci non confermate la coppia stava recandosi a un appuntamento con altri terroristi che i carabinieri avrebbero catturato nei giorni scorsi. Probabilmente il luogo del convegno è un covo individuato nel corso delle indagini scattate dopo il «blitz» di Cinisello Balsamo. Sergio Segio, che nella seconda metà del 1981 aveva formato a Milano una sua banda radunando i resti di Prima linea, era in contatto con le BR, dalle
quali aveva ottenuto in prestito le armi e l’esplosivo usati all’inizio dell’anno scorso per far evadere dal carcere di Rovigo Susanna Ronconi e altre tre terroriste.
Condannato nel 1976 a un anno e mezzo di carcere per detenzione di un’arma, Segio rimase sconosciuto fino al 1979, quando assassinò il giudice Emilio Alessandrini. Poi toccò a Paolo Paoletti, ex dirigente dell’Icmesa (5 febbraio 1980) e due giorni dopo a William Vaccher. La «campagna contro i delatori» è diventata una caratteristica dell’attivismo sanguinario di Sergio Segio.
Come ha rivelato ai giudici di Torino il piellino pentito Claudio Mutti (che aveva formato una sua banda a Roma, analoga a quella di Segio) il «comandante Sirio» aveva tentato di organizzare attentati contro Marco
Barbone, la fidanzata e il difensore del pentito. Nel settembre 1981 un commando guidato da Segio uccise il vicebrigadiere Francesco Rucci di San Vittore. L’assassinio, rivendicato da un «nucleo di comunisti», doveva servire a Sergio Segio e a Diego Forastieri come domanda di ammissione nelle BR.
Un lapsus clamoroso
Clamoroso il lapsus dell’Unità: Claudio Mutti è l’editore più volte arrestato e sempre prosciolto in inchieste sul terrorismo nero (gruppo Freda, Ordine nero, strage di Bologna). Quanto all’omicidio Raucci oggi sappiamo che fu piuttosto una “resa dei conti” con il movimento dei detenuti di San Vittore, protagonisti da mesi di una lunga e dura lotta sulle condizioni di vita in carcere. Una lotta considerata “riformista” dal nucleo dei latitanti.
I motivi della cattura
E’ stato pedinando Daniela Figini che si è arrivati alla cattura di Sergio Segio, come racconta L’Unità del 23 gennaio. La ragazza, nome nuovo per le cronache del terrorismo, non era però affatto sconosciuta ai magistrati che indagano da un anno sulla «Walter Alasia». Da tempo era stata individuata come membro dell’organizzazione, da tempo su di lei pendeva un mandato di cattura a firma del giudice istruttore Antonio Lombardi. Ma si era preferito, anziché arrestarla subito, seguirne i movimenti.
La staffetta della Walter Alasia
Infatti si era scoperto che la giovane costituiva il collegamento fra la colonna milanese delle Brigate rosse e il gruppo di ex piellini facente capo a Segio: con un rappresentante di questi si incontrava puntualmente ogni mese. Per questo i carabinieri la pedinavano, nella speranza di ottenere nuovi elementi utili alle indagini sulle due formazioni e sui loro rapporti. Sabato scorso, all’appuntamento si presentò il «comandante Sirio» in persona. Di qui la cattura, per un certo verso a sorpresa, del ricercatissimo ex leader di PL. Un risultato dunque dovuto non alla rivelazione di un pentito, ma alle sistematiche indagini di magistratura e carabinieri.
La Figini, interrogata, non ha aggiunto niente, almeno per ora a quanto già i magistrati sapevano sul suo conto. Si è limitata a dichiararsi, come già Segio, prigioniera politica, e a nominarsi un difensore di fiducia: l’avvocato Ugo Gianangelo di Como. Importante invece sembra essere il «bottino» trovato nel suo alloggio di via Tolstoi: in particolare i carabinieri hanno messo le mani su una ricca documentazione ideologica. Hanno inoltre trovato una pistola e molte munizioni.
La smentita del pm Spataro
La cattura di Segio, dunque, nasce nell’ambito, o almeno in stretta connessione, con l’operazione «Walter Alasia». Quella che ha permesso di aggiungere altri cinque nomi alle decine di brigatisti milanesi arrestati. C’è infine da segnalare una recisa smentita dei magistrati sull’esistenza si un preciso piano di Segio per uccidere un sostituto procuratore. Armando Spataro è titolare da tempo di importanti indagini sul terrorismo. Conduce attualmente l’inchiesta che vede il terrorista accusato con altri 36 di alcuni gravi reati. Fra questi l’uccisione del vicebrigadiere delle guardie di San Vittore Francesco Rucci, e dell’attentato contro il carcere di Pesaro.
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