L’arresto di Curcio e Franceschini nel racconto del Soccorso Rosso

L’estate è un fuoco di fila di fermi, perquisizioni, arresti. Una serie di militanti delle BR, o presunti tali, vengono perseguiti. Altri, anche completamente estranei all’organizzazione, vengono coinvolti come misura di rappresaglia. Il SID e le sue articolazioni armate riescono ad infiltrare la spia Girotto.

I problemi del Sid

L’operazione, che vuole essere di grossa portata, tende a distruggere l’intero apparato delle BR. Tuttavia la provocazione non verrà spinta alle estreme conseguenze da parte di chi l’aveva promossa. A settembre, proprio all’inizio dell’operazione “frate spia,” scoppia la bomba dell’arresto del generale Miceli. Vengono alla luce, in modo chiaro, le complicità del SID con le forze piú reazionarie del paese nella preparazione di un golpe fascista. Nasce la necessità per il SID di un colpo a sensazione, che serva a ristabilire l’equilibrio, se non a fare riconsiderare il golpe nero come un antidoto preventivo al pericolo rosso incombente.

Per questo l’8 settembre, e non dopo, viene arrestato Curcio insieme a Franceschini che si trovava con lui. In quel periodo era stato fatto circolare in Italia un numero speciale di “Politica e Strategia,” la rivista diretta dal consigliere regionale democristiano Filippo de Iorio, golpista attualmente ricercato e dal suo collega di indizio, generale Duilio Fanali, ex capo di stato maggiore dell’aeronautica. L’argomento della pubblicazione, già in preparazione da alcuni mesi, era lo stesso – già elaborato da Sossi, dal SID, dal libretto azzurro dei CC – dell”`iceberg polipiforme” rosso che estende i tentacoli in tutte le articolazioni dello stato, non escluso l’esercito.

Gli errori di Curcio

Piú tardi lo stesso Curcio, ammettendo alcuni suoi errori, riconoscerà: Gli uomini dell’antiguerriglia del generale Della Chiesa, servendosi di una guida e sfruttando un mio errore di valutazione avevano portato a termine proprio in quel periodo [settembre. N.d.R.] una manovra di agganciamento che ha consentito la trappola e l’arresto. Ma dietro alla semplice operazione di polizia c’era dell’altro: ventilare il pericolo di una prova di forza della sinistra per giustificare un controgolpe preventivo nero e, in via subordinata, proporre un contraltare all’attacco alle trame nere che si rifaceva via via piú consistente. Il SID era pesantemente implicato in quelle losche vicende e bisognava distrarre l’attenzione.

Le BR entravano in questo disegno nella misura in cui potevano essere presentate come punta armata emergente di un iceberg polipiforme ramificato, oltre che nelle grandi fabbriche del Nord, nel mondo della cultura, nell’apparato della magistratura, negli ambienti piú quotati del giornalismo, nelle forze armate e addirittura nei Ministeri dell’interno e della difesa. Dopo Sossi l’ideaforza che le BR rappresentavano si era fatta pericolosa perché trovava consensi e simpatie in strati sempre maggiori di avanguardie e di movimento. Dunque da parte dell’antiguerriglia bisognava colpire urgentemente e clamorosamente per dimostrare che questa organizzazione non era invincibile, per inquinarne l’immagine con ignobili .trucchi, e per anticiparne le probabili iniziative d’autunno.

Il comunicato Br

Un comunicato delle BR denuncia prontamente e pubblicamente l’attività di spia di Girotto:

Compagni, domenica 8 settembre i compagni Renato Curcio e Alberto Franceschini sono caduti nelle mani del SID. I comunicati che questo ha emesso e le manipolazioni della stampa ci inducono ad alcune precisazioni: la cattura di Curcio e Franceschini non è avvenuta, nel modo piú assoluto, in seguito alla delazione o defezione di membri della nostra organizzazione, né quantomeno per opera, di infiltrati. Ma essa non è neanche da attribuire alle. tanto sbandierate virtù investigative dei carabinieri e dei poliziotti torinesi, che non sono mai stati in grado di attuare alcun controllo sui movimenti dei due compagni. La loro cattura è avvenuta in seguito ad un’imboscata tesagli attraverso Silvano Girotto, piú noto come “Padre Leone,” il quale sfruttando la fama di rivoluzionario, costruita ad arte in America latina, presta l’infame opera di provocazione al soldo dei servizi antiguerriglia dell’imperialismo.

Ma se il potere riesce con “brillanti operazioni” a colpire qualche nostro militante non riuscirà a neutralizzare la forza politica della nostra proposta strategica: la lotta armata per il comunismo. Compagni, se la borghesia usa le stragi nei comizi e,sui treni, scatena sempre piú la polizia contro i proletari, ricorre ai servizi antiguerriglia internazionali, questo non è una prova di forza, ma dimostra la sua paura e la sua incapacità a risolvere la crisi di regime che, oggi piú che mai, è la crisi della sua egemonia sul proletariato. Alla richiesta di potere che sale dalle lotte del proletariato i servi nostrani dell’imperialismo USA rispondono con le bombe, la polizia e la disoccupazione. Ii movimento ha un’unica strada per rispondere: organizzarsi sul terreno della lotta armata per portare l’attacco al cuore dello stato.

L’arresto di Lazagna

Un mese piú tardi, in questo quadro di provocazione, scatta l’operazione contro il compagno Lazagna, partigiano e comunista di antica milizia. Con lui si vuole colpire l’intera sinistra, dal PCI ai gruppi extraparlamentari, alle organizzazioni che hanno scelto le forme di lotta armata. Una serie di altre operazioni vengono portate avanti. Alcuni “covi” delle BR vengono individuati e perseguiti. Molto materiale di natura informativa cade nelle mani dei carabinieri.

Durante una di queste azioni, a Robbiano di Mediglia, una sparatoria provoca il ferimento di un militante delle BR e la morte di un maresciallo dei carabinieri. Le Brigate Rosse in carcere In carcere i brigatisti, o presunti tali, si comportano con dignità, secondo le regole comuniste. Si rifiutano di rispondere durante gli interrogatori, e si appellano alla Convenzione di Ginevra, ritenendosi prigionieri di “una guerra che è stata dichiarata dalla borghesia.” Continuano la lotta anche in carcere: “Da sempre le galere sono terreno rivoluzionario. Non mancherò certamente dunque di essere al mio posto di lotta, forte della esperienza politica cosí accumulata.”

Gli schiaffi a Caselli

Altre volte ostentano disprezzo verso i loro carcerieri. È il caso di Franceschini che prende a schiaffi il giudice Caselli, il quale pretendeva di interrogarlo senza difensori. Si rifiuta di intervenire ad un processo “senza prove in cui la condanna è già scontata in partenza”. Dichiara ai giudici per iscritto: “Controbattere alle vostre calunnie non mi interessa, significa accettare la vostra logica infame. Del resto, non è a voi ‘egregíe eccellenze’ che devo spiegare perché sono un combattente comunista […]. La crisi accelera sempre più i tempi della fine del vostro dominio di classe e rende ormai matura la inevitabile rivoluzione comunista. Allora, e sarà molto presto, anche io mi presenterò da voi.”

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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