Stagioni squatta L’Alter Ugo e diventa lo spazio di una storia ancora da raccontare
E’ la prima volta che mi sta costando più fatica la fase di lancio di un libro anziché la sua chiusura. Ma “Stagioni. La bella vita e le buone opere di Antonio Luongo” è stato un lavoro particolare: un racconto collettivo, più di trenta testimonianze tra amici, compagni e avversari politici del leader più amato della sinistra lucana, e ne spuntano ancora altre, non può esaurirsi in sette sedicesimi e quindi squatta L’alter Ugo che nei prossimi mesi diventerà lo spazio espositivo dei materiali raccolti (mp3, foto, video, trascrizioni).
Nella sezione Dicono di noi c’è già la fotogallery della presentazione di Potenza, svolta lunedì 12 dicembre al Park Hotel di Potenza, con la partecipazione (dominante) di Massimo D’Alema e la paziente spalla di Lucia Serino (il lìder Maximo non è tipo che si fa condurre). E quindi cominciamo a caricare i materiali dell’evento. Uno spezzone del mio intervento sulla vicenda giudiziaria di Antonio Luongo e l’intervista sul libro con Eugenio Furia del Quotidiano del Sud. Eugenio è giovane ed è stato bravo a restare a galla nell’inondazione di dati, ricordi, informazioni e precisazioni con cui l’ho travolto. C’è un passaggio (le elezioni del 1994) in cui evidentemente non mi sono spiegato bene:
Trenta testimonianze zero pettegolezzi: nessuno ha potuto (più che voluto) farne. Ma a sorpresa non c’è neanche oleografia o, peggio, agiografia – un rischio dietro l’angolo in operazioni del genere – dentro “Stagioni”, il libro collettivo che racconta «La bella vita e le buone opere di Antonio Luongo». Per mettere ogni tessera nel mosaico, Ugo Maria Tassinari ha ascoltato con metodo filologico più che giornalistico le persone che hanno incrociato l’ultimo segretario – non ancora rimpiazzato – del Partito democratico lucano, morto l’8 dicembre 2015 e ricordato nei giorni scorsi a Potenza in un incontro pubblico organizzato dalla Fondazione Basilicata Futuro cui ha partecipato anche Massimo D’Alema. «Era tra i suoi migliori allievi ma forse migliore di lui per alcuni tratti caratteriali», dice Tassinari.
Ad esempio?
«Difficilissimo racchiuderlo in un aggettivo. Forse la sua storia personale lo spiega meglio: Antonio è il figlio di Vito, un costruttore che peraltro fu anche assessore, morto ancora più giovane di lui d’infarto, a 43 anni. Antonio rimane orfano tredicenne, con la madre e due fratelli da caricarsi sulle spalle come Atlante». LEGGI TUTTO
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