10 gennaio 1979. In risposta ai Nar, un commando uccide uno qualunque, Stefano Cecchetti
Una squadra dell’ultrasinistra spara da una Mini Minor verde contro alcuni giovani che stanno parlando davanti al bar “Urbano” di largo Rovani, nel quartiere Talenti a Roma. Ne colpiscono tre. Stefano Cecchetti, militante del Fronte della Gioventù, muore poche ore dopo, mentre Maurizio Battaglia e Alessandro Donatone restano feriti. Un’ora dopo l’agguato, la rivendicazione all’Ansa: «Un’ora fa abbiamo colpito, nel quartiere Talenti, un centro di aggregazione fascista. Abbiamo colpito facilmente. Contro l’arroganza fascista sul territorio. Ora e sempre violenza proletaria. Compagni Organizzati per il Comunismo».
Così la Rete per non dimenticare, un archivio promosso dal Ministero dei beni culturali, ricorda la rappresaglia della guerriglia diffusa per l’assalto dei Nar a Radio Città Futura. Ma Stefano Cecchetti, come sottolinea la prima pagina di Lotta Continua, NON ERA FASCISTA. Perciò il quotidiano pubblica l’intervento di un compagno della zona che fa subito chiarezza sull’abbaglio preso e critica alle radici la scelta e le modalità della rappresaglia
Ormai sono due anni. Ogni giorno: eroina, fascisti, CC
Un fascista. Donatone; un « fascistello », Battaglia; «uno qualunque » Cecchetti; sono stati il bersaglio di un gruppo di compagni. A morire è stato proprio il cosiddetto innocente e subito pare essere tornati ai tempi di Roberto Crescenzi e di Acca Larentia. La realtà quotidiana a Roma si è invece radicalmente trasformata, deteriorata. Il «vivere nella paura» si è generalizzato mentre si perdevano contemporaneamente tutti i termini per capire. Tranne, guarda caso, i compagni di questa zona dove Cecchetti è morto, per tutti gli altri, per quelli che vivono nelle piazze o davanti ai bar, Cecchetti è colpevole di essersi fatto trovare insieme ai fascisti in un loro ritrovo. Si dice aberrante ma è la realtà in cui tutti, proprio tutti, sono stati costretti a vivere e soprattutto i compagni.
Se una discussione va aperta o continuata, non è a partire dalla critica « dell’errore tecnico » o dal rispetto della vita. Nella difficoltà a discutere del nostro domani, a guardare con serenità alla nostra vita futura, sottoposti quotidianamente al tiro dei fascisti e della polizia è pian piano emerso l’unico interesse comune, l’unico punto fermo: la necessità di sopravvivere.
Di sopravvivere all’eroina, ai fascisti, ai blocchi dei carabinieri. Costretti a confrontarsi con i livelli dà violenza imposti dallo stato e accettati dalle organizzazioni clandestine, per sopravvivere si sono rese necessarie azioni di rappresaglia contro il nostro nemico quotidiano. A questa rappresaglia non è giusto conferire nessun significato positivo nel senso di una strada da percorrere per costruire un futuro o una qualsiasi forma di organizzazione.
Non è giusto però fermare in alcun modo i compagni che rispondono colpo su colpo mentre è necessario affiancarglisi per ricostruire la capacità di esercitare una violenza riconosciuta e riconoscibile dai proletari come dai giovani. Correggere e costruire la capacità di esercitare violenza e mai disarmare quei compagni che ancora oggi non hanno rinunciato a difendersi Se è giusto, da comunisti, guardare a occhi aperti tutto l’ orrore di questa realtà, non è giusto come tanti fanno gioire da spettatori quando «il colpo» è buono e sciacquarsi la bocca quando a morire è un «innocente».
Così Lc ricostruisce una giornata di guerra
La cronaca dell’omicidio è a pagina 3, in una paginata che mette assieme tutto. Il raid fascista di Centocelle con l’uccisione del giovane missino Alberto Giaquinto da parte di un poliziotto. L’agguato di Talenti. le altre azioni militanti neofasciste per l’anniversario di Acca Larentia. Il commando spara con due pistole, una 9 e una 7,65 contro i tre giovani seduti davanti a un bar ritrovo di fascisti. Cecchetti muore in ospedale, Donatone è operato e ricoverato in prognosi riservata, il terzo se la cava con 20 giorni. Il pezzo di apertura di pagina 2 è invece dedicato al collettivo allargato che si svolge all’Archimede, il suo liceo.
Non era un fascista, dicono tutti all’Archimede
(…) La maggioranza degli studenti nelle discussioni esprimeva una condanna generalizzata «verso tutti i tipi di violenza», motivandola con il fatto «che questo scontro non porta a nulla di positivo, anzi spesso ne restano coinvolti» loro stessi «che non c’entrano».
All’interno dei compagni si manifestano diverse posizioni: c’era chi diceva che quella che ha portato all’uccisione di Stefano Cecchetti è «una pratica inammissibile». «Non dobbiamo essere noi ad ammazzare i fascisti, anche perché non siamo i fautori della pena di morte», dicono. Altri compagni condannavano questa «azione assurda perché si è colpito nel mucchio indiscriminatamente, senza un obiettivo se non quello della rappresaglia». Questi compagni non sono contrari a questo livello di antifascismo, ma dicono che «bisogna colpire i fascisti attivi, i capi»
I compagni di Stefano definiscono la sua figura
. Parlando con i compagni di classe si è definita la figura di Stefano. « Aveva 19 anni, attualmente non aveva interessi politici precisi, aveva la passione per i motorini, ogni tanto giocava a pallone e a baseball ». Nei primi anni di liceo aveva frequentato abbastanza assiduamente i collettivi e le altre iniziative politiche nella scuola. « In quel “baretto” lui ci stava da sempre, perché abitava li vicino, ci stava anche prima che il bar “Urbano” diventasse un ritrovo abituale dei fascisti». Ciò avvenne nell’aprile del ’77, quando nei pressi ci fu uno scontro tra il fascista Giudici e alcuni compagni. In quell’occasione morì, stroncato da infarto, il padre del missino.
Il comunicato dei compagni di classe
Gli studenti della sua classe, la 3 D, hanno anche loro redatto un comunicato stampa. «Quella che doveva essere una giornata di lotta democratica e antifascista, è stata trasformata ancora una volta in un assurdo regolamento di conti. Killer e pistoleri, fregandosene delle lotte e delle esigenze della gente, hanno voluto che alla violenza si rispondesse con una violenza altrettanto cieca. Così si fa soltanto il gioco di chi ha interesse che i giovani anneghino per tutto lo schifo che ci dà la società borghese. Stefano Cecchetti non era assolutamente fascista. Chi lo ha ucciso, e chi vuole usare la sua morte per fini politici, non può essere che uno sciacallo con nessuna correttezza politica. La 3 D».
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