E’ morto Stefano Cortini, militante
E’ morto stanotte, intorno all’1.30, Stefano Cortini, militante. Così lo definisce il sottopancia di “Ascenseur pour los fachos”, un mediometraggio che fece scalpore qualche anno fa per lo scoop di Borghezio (immortalato mentre faceva scuola ai nazionalisti nizzardi), e in cui Stefano compare per pochi secondi (da 0’55” a 1’03”) con una battuta veloce. Un militante.
Così Stefano è stato lungo l’arco di quarant’anni, dagli anni di piombo agli anni di merda, per citare una vignetta fortunata di Altan, muovendosi in quell’area ampia della destra radicale romana che non ha avuto paura di “sporcarsi le mani” con la politica di Palazzo. Cresciuto ai Parioli, personalmente legato a Nanni de Angelis, aveva attraversato le esperienze di Lotta Studentesca e Terza posizione, come una modalità tipica di tanta fascisteria: il primato del gruppo umano, del legame con il capo e con i fratelli come elemento fondamentale delle tue scelte politiche. E così nel ritorno all’impegno si è ritrovato con quelli di Trieste-Salario, con la Angelini, con Augello. Un impegno, il suo, per certi aspetti “alla Peppe Dimitri”, con un afflato ecumenico che gli ha permesso di portare il contributo di un professionista di successo, esperto di fondi europei e di innovazione (lavorava per Lazio innova, la società in house della Regione per le azioni di sviluppo territoriale), ben strutturato sul piano intellettuale: dalla collaborazione con M.Arte, per cui curava le relazioni internazionali all’adesione al Progetto Polaris, il think thank promosso da Gabriele Adinolfi. Negli ultimi tempi il suo impegno politico diretto era per CasaPound: il ritorno del tumore che sembrava debellato non gli ha impedito di darsi da fare nella campagna elettorale.
E alla fine, per dirla con il capo indiano di Soldato blu (un film di culto per chi era cresciuto alla scuola di Lele e Nanni nel mito dei Pellerossa come libera comunità guerriere), ha scelto un buon giorno per morire: quello di Francesco Cecchin, al cui ricordo aveva dedicato impegno e passione nella realizzazione dei giardinetti a lui dedicati, in nome di una memoria collettiva ma non condivisa. A tal proposito, così aveva commentato un vecchio post di Fascinazione, dedicato a un meeting polemico a piazza Vescovio:
Disposti ad offrire un luogo di memoria collettiva delle vittime degli anni di piombo a Valle Giulia, dove tutto ebbe inizio, nel bene e nel male. Collettiva, ma non condivisa, almeno finché non sarà chiaro che verità e giustizia debbano seguire lo stesso binario e la condivisione non sia invece un alibi per seppellire responsabilità evidenti ed impunite.
Un tema, quello della memoria, che gli stava particolarmente a cuore. E’ di un anno fa il suo contributo alla campagna contro la “copertina” di Cuori neri dedicata a Massimo Carminati. Per l’occasione scrisse una garbata lettera all’autore:
Caro Telese,
mai stati né conoscenti nella vita né tantomeno “amici” in questa piazza virtuale.
I nostri cammini si sono incontrati solo una volta quando ti sedesti, purtroppo, accanto a me a Roma, in una sala strapiena a CasaPound, una sera di febbraio 2009 dove, accompagnato da due “compagni storici” come Tassinari e Mughini, Valerio Morucci si presentò ad un dibattito pubblico che fece scalpore iniziando col dire “io sono vostro Nemico”. Di quella sera, oltre ciò che fu detto sia fra il killer internazionalista in pubblico che in privato fra lui ed un camerata (Marco Luchetti) che fu vittima dei suoi pallettoni assieme a “Cremino”, ricordo solo la tua faccia. Non eri stato invitato “al tavolo” ma solo come spettatore, nessuno aveva chiesto il tuo parere, nessuno aveva chiesto un tuo autografo sul tuo libro (orrore, onta e bestemmia…). La tua espressione confermava, aldilà di ogni tua personalissima quanto “cazzituoi” tendenza, ciò che io avevo sempre pensato di te: eri quella che viene comunemente definita “una checca isterica”. A parte l’abituale stile e cortesia con cui i padroni di Casa accolsero l’ospite e lo fecero accomodare, quella sera, come suol dirsi, “non ti s’inculò nessuno”, e per te, che già calcavi da un pezzo le scene dei media fu evidentemente un affronto insopportabile ed un reato di lesa maestà pari all’assassinio di Cesare. Pensavo scoppiassi, anzi lo speravo, ma purtroppo l’esplosione non ci fu, evidentemente protetto da quei chili di strutto che rendono evidentemente infelice la tua vita. Chissà cosa facesti quella sera dopo essere uscito da quel palazzo di Via Napoleone III, tornato a casa. Hai urlato? Hai inveito? Ti è scappata anche la lacrimuccia? Hai gridato “mammatottò, fascicattivi..”?
Caro Telese,
ti ho sempre dato atto di aver, con la tua prima edizione di Cuori Neri, contribuito a rompere quel muro di silenzio, quella pietra tombale costruita da anni di ipocrisia partigiana e comunista sui nostri martiri, e ti do atto di averlo fatto non solo documentandoti ma anche andando a parlare con la gente “che c’era” e confrontando i dati persino con onestà intellettuale.
Quel libro segnò il tuo successo e ti fece spiccare il “volo” nell’empireo dei telegenici e dei “vips”, tanto che persino da gauche arrivarono (mai capito se sincere ovvero obtorto collo, ma arrivarono) critiche lusinghiere anche, si fa per dire, illustri. Non so se il successo ti abbia dato alla testa piuttosto che la tua malcelata indole di cui sopra o un terribile “combinato disposto” delle due cose, ma di una cosa sono certo: appena vista (adesso) la copertina dell’ultima riedizione del tuo libro ho capito che denaro e visibilità sono i tuoi due punti di riferimento, e che sei passato, se già non lo fossi prima (inizio oggi a chiedermelo), sulla barricata di coloro che hanno campato e campano sulla pelle di chi ha versato il sangue sull’asfalto per un’idea.
Che sia stata Sperling & Kupfer a creare ed avallare una scelta di marketing antistorica e disgustosa (non voglio neanche pubblicarlo quello schifo di copertina) non importa, lo ha fatto certamente col tuo beneplacito.
Spero di non incontrarti mai più. Striscia via. Anzi, rotola
Stefano Cortini
Riposa in pace, Stefano.
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