Strage al rave e odio islamista per la società della festa
La strage al rave da parte dei miliziani di Hamas, con centinaia di morti e di prigionieri, conferma l’odio profondo dei fondamentalisti islamici per la società della festa. Ma partiamo dalla cronaca del massacro, ricostruita dall’Ansa
E’ da poco spuntata l’alba, la musica elettronica martella il deserto e centinaia di ragazze e ragazzi ballano scatenati, felici e ignari del terribile destino che li attende: la morte, per almeno 260 di loro. Chi sta facendo l’ennesimo video in una notte di festa, al rave party per celebrare la Natura nella festa ebraica del Sukkot, punta l’obiettivo verso l’orizzonte. Minacciosi si stagliano in cielo i parapendii guidati dai miliziani di Hamas armati fino ai denti.
Passano pochi minuti, alle 6 e mezzo del mattino si scatena l’inferno: prima le sirene antiaeree, poi le esplosioni dei razzi. Sulla spianata della festa arrivano decine di uomini armati, a bordo delle moto, dei furgoni dei blindati. C’è chi afferma di aver visto almeno 50 miliziani. Nessuno fa in tempo a capire, sembra una tragica riedizione del Bataclan. Partono colpi a raffica ovunque, si scatena la fuga di massa verso le auto, ma i terroristi non lasciano scampo a nessuno e sparano “contro chiunque”, senza pietà. E’ il massacro del Nova Music Festival, il Tribe of Nova, evento di musica elettronica del genere trance.
“Almeno 200 cadaveri”
Mega festa con tre palchi e decine di dj in cartellone, uno spazio camping, uno per la ristorazione in mezzo al deserto del Neghev, a due passi dal confine con la Striscia preso di mira da Hamas. “Ho visto almeno 200 cadaveri sul posto”, racconta un paramedico israeliano, Yaniv, miracolosamente sopravvissuto alla strage. “E’ stato un massacro, non ho mai visto nulla di simile in vita mia. Un agguato, le squadre di terroristi ci aspettavano davanti alle uscite di emergenza, altri falciavano chi correva verso il parcheggio e chi si era nascosto nei bagni”, dice ancora. LEGGI TUTTO
L’operaio milanese fondatore di Prima Linea esprime un sentimento comune a un pezzo ampio della mia generazione. E coglie nel segno su una dinamica profonda dei fondamentalisti islamici: l’odio per la società della festa. Alcune delle stragi jihadiste più feroci hanno colpito infatti attività sportive, concerti, feste, attività del tempo libero.
Negli Stati Uniti
Sulle sei stragi negli Stati Uniti tra 2013 e 2017 solo una colpisce un obiettivo militare, le altre manifestazione varie di leisure.
BOSTON, 15 APRILE 2013 – Due bombe artigianali vengono fatte esplodere simultaneamente vicino all’arrivo della maratona di Boston. Tre persone muoiono e altre 264 restano ferite tra gli spettatori. I responsabili sono i due fratelli Carnaev, di origini cecene. Uno dei due viene ucciso durante una sparatoria presso il Mit di Cambridge da una guardia del campus, l’altro viene arrestato e condannato a morte.
DALLAS, 3 MAGGIO 2015 – Due uomini aprono il fuoco alla periferia di Dallas in un centro dove si svolge un concorso sulle caricature di Maometto e del quale è ospite il deputato olandese ultraconservatore Geert Wilders. L’Isis afferma che l’attacco è stato condotto da suoi simpatizzanti.
SAN BERNARDINO, 2 DICEMBRE 2015 – Una coppia armata apre il fuoco durante una festa del personale di un centro per disabili. Le vittime sono 14. Il giovane pachistano e la moglie americana vengono uccisi dalla polizia. L’Isis rivendica l’attacco.
CHATTANOOGA, 16 LUGLIO 2015 – Mohammad Youssef Abdulazeez, naturalizzato americano ma nato in Kuwait, assalta un centro di reclutamento a Chattanooga, in Tennessee, uccidendo cinque militari prima di essere ucciso dalla polizia.
ORLANDO, 11 GIUGNO 2016 – Nella notte tra l’11 e il 12 giugno 2016, Omar Mateen, 29 anni, entra nel Pulse, un locale gay, e apre il fuoco all’impazzata con armi automatiche. Il bilancio è di 49 morti e 58 feriti. Poco dopo aver iniziato l’assalto, Mateen chiamò il 911 proclamando la sua adesione allo Stato islamico. Fino al massacro di Las Vegas, è stata la sparatoria più sanguinosa nella storia Usa.
MANHATTAN, 31 OTTOBRE 2016 – Nel giorno di Halloween tornano la paura e la morte a New York, con un attentato terroristico in stile Isis a Manhattan, vicino al World Trade Center e al memoriale in omaggio agli attacchi alle Torri Gemelle. Un uomo a bordo di un furgone bianco è piombato su una pista ciclabile e ha investito alcune persone. Il bilancio è di almeno 8 vittime accertate (tra cui un belga e cinque argentini) e una dozzina di feriti.
In Europa
Più diversificati gli attacchi in Europa ma alcuni delle stragi più eclatanti, dal Bataclan al raid sulle Ramblas, dalla strage di Nizza al concerto di Ariana Grande a Manchester
14 febbraio 2015, Copenhagen (Danimarca): 2 vittime e 5 feriti, nel corso di tre diverse sparatorie. In un centro culturale dove si teneva un dibattito su Islam e libertà di espressione, viene prima ucciso il regista Finn Norgaard, poi l’attentatore, un 22enne palestinese-giordano nato in Danimarca e simpatizzante dell’Isis, si dà alla fuga per uccidere, nei pressi della Sinagoga grande nel centro della capitale danese, un giovane della comunità ebraica che festeggia una bar mitzvah. La polizia danese lo uccide in uno scontro a fuoco all’alba nei pressi della stazione Norrebro.
13 novembre 2015, Parigi (Francia): 130 morti (tra cui l’italiana Valeria Solesin) in attentati multipli in contemporanea, presso la sala concerti Bataclan, in diversi bar e ristoranti nel X e XI ‘arrondissement’ parigini e allo Stade de France. La serie di attacchi terroristici sono sferrati da una cellula belgo-francese dell’Isis. All’alba del 18 novembre, le forze speciali assaltano a Saint-Denis un appartamento occupato da alcuni dei terroristi coinvolti nell’organizzazione degli attentati e in procinto di organizzare un nuovo attacco alla Défense. Cinque persone vengono arrestate, altri due restano uccise tra cui Abdelhamid Abaaoud, il presunto organizzatore. Il 18 marzo 2017, nel corso di un’operazione della polizia belga a Bruxelles, viene arrestato l’unico sopravvissuto della cellula di Parigi, Salah Abdeslam, francese di origine tunisina ma cresciuto a Molenbeek, uno dei presunti coordinatori operativi degli attacchi di Parigi e di Bruxelles.
14 luglio 2016, Nizza (Francia): durante i festeggiamenti per la festa nazionale francese un camion si getta sulla folla lungo la Promenade des Anglais e provoca la morte di 86 persone (tra cui 6 italiani) ferendone altre 434. L’autista, il tunisino residente in Francia Mohamed Lahouaiej Bouhalel, viene bloccato e ucciso dalla polizia. Il 16 luglio l’Isis rivendica l’attentato.
19 dicembre 2016, Berlino (Germania): un tir va a schiantarsi volontariamente contro la folla in un mercatino di Natale nel quartiere di Charlottenburg, vicino alla Chiesa del Ricordo, causando 12 morti (tra cui l’italiana Fabrizia Di Lorenzo) e 56 feriti. Nella serata di martedì 20 dicembre arriva la rivendicazione dell’Isis.
22 maggio 2017, Manchester (Gran Bretagna): almeno 22 morti e 120 feriti, tra cui molti bambini e giovanissimi. Una bomba esplode al termine del concerto della pop star amata dai teenager Ariana Grande all’interno della sala concerti Manchester Arena. L’Isis rivendica l’attentato.
3 giugno 2017, Londra (Gran Bretagna): intorno alle 22 locali, tre uomini a bordo di un furgoncino prima investono i pedoni sul marciapiede del London Bridge, uno dei ponti più celebri della capitale britannica, in pieno centro, per poi schiantarsi contro il pub Barrowboy and Banker. I tre uomini, armati di coltelli, proseguono quindi a piedi verso Borough Market, a ridosso del London Bridge sulla riva meridionale del Tamigi, area affollata di bar e locali frequentata anche da molti turisti, accoltellando i passanti. I tre, che indossano cinture esplosive false, vengono poi uccisi dalla polizia. In totale si contano 8 morti, mentre i feriti sono 48. L’Isis ha rivendicato l’attentato tramite la sua agenzia di stampa, Amaq. Gli attentatori sono stati identificati: Khuram Butt, 27 anni, cittadino britannico di origine pachistana, residente nel quartiere londinese periferico di Barking, poi Rachid Redouane, marocchino-libico anch’egli residente a Barking, e il 22enne italo-marocchino Youssef Zaghba, già sotto osservazione dell’intelligence.
17-18 agosto 2017, Barcellona e Cambrils (Spagna): nel pomeriggio un camioncino investe la folla sulle Ramblas, nel cuore della capitale catalana, mentre la sera verso mezzanotte un’Audi A3 si schianta contro i pedoni sul lungomare di Cambrils, prima che la polizia intervenga e uccida i terroristi in una sparatoria. In totale, si contanto 15 morti e un centinaio di feriti. Tra le vittime anche 3 italiani, i giovani Luca Russo e Bruno Gulotta, e l’80enne Carmen Lopardo residente in Argentina. La cellula della strage, che preparava un attacco più grande contro la Sagrada Familia con 120 bombole di gas, è stata smantellata: uccisi dalla polizia l’autore della strage sulle Ramblas, Younes Abouyaaqoub, e i terroristi di Cambrils. Morti in un’esplosione accidentale mentre preparavano bombe la mente del gruppo, l’imam di Ripoll Abdelbaki Es Satty, e altre due persone, mentre sono finite dietro le sbarre ulteriori 4 membri del gruppo terroristico.
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