Strage di Bologna, Cutonilli: chiuso il caso Di Vittorio continuiamo a porci domande
Gentili coniugi Di Vittorio-Calidori,
dopo aver letto, con interesse e attenzione, il Vostro intervento pubblicato ieri 25 settembre dal comune amico Ugo Tassinari su questo sito, mi sento chiamato in causa e quindi in dovere di scriverVi quanto segue.
Mi permetto di farlo perché conosco e ritengo semplicemente esemplare il Vostro contributo alla ricostruzione del nostro passato, dolorosa e priva di quei manicheismi di segno opposto troppo spesso in voga. Credo non sia necessario ricevere in cambio attestati di stima per rinnovare tale ponderato giudizio.
A mio personale avviso, nel dibattito in corso sulla terribile esplosione alla stazione di Bologna è diffusa la tendenza a reiterare le proprie certezze e rara quella a comprendere e non distorcere (che non significa ovviamente condividere) l’opinione altrui.
L’insistenza nell’intimare ad altri l’esibizione di documenti, che mi viene imputata, sembra confermare la mia opinione. In realtà avevo suggerito a Ugo (con i toni cortesi che quest’ultimo mi riconosce) l’opportunità – peraltro già ravvisata ma non me ne ero accorto e di ciò devo ribadire ammenda – di pubblicare l’estratto della richiesta di archiviazione del PM Cieri relativo al decesso di Mauro Di Vittorio.
Ciò nell’interesse di tutti e all’evidente fine di consentire ai numerosi lettori (che mi chiedevano in privato chiarimenti) di comprendere e valutare nella dovuta autonomia l’oggetto concreto di una discussione che – ai miei occhi – sembrava scivolare invece su polemiche e risentimenti strettamente personali.
Polemiche in taluni casi ben circoscritte, peraltro, atteso che se Fioravanti e Mambro da sempre protestano la loro estraneità all’esplosione di Bologna, Ciavardini non sembra aver avuto neppure la necessità di rispedire al mittente il perdono per un reato che ribadisce di non aver commesso. Non solo credo alla dichiarazione d’innocenza di Fioravanti, Mambro e Ciavardini ma ritengo altresì, all’esito di decenni di studi e ricerche non sempre conosciute, che i processi sull’esplosione del 2 agosto 1980 rappresentino in assoluto il momento più basso raggiunto dalla giustizia italiana in 153 anni di storia unitaria. Le ragioni della mia personale opinione sono sintetizzate in un libro di circa 400 pagine che sarei onorato un giorno di donarVi.
Sulla dolorosa morte di Mauro Di Vittorio conservo integralmente il personale giudizio che esternai due anni or sono, allorquando il Resto del Carlino pubblicava la nota intervista all’onorevole Raisi che innescò la dura e argomentata reazione di ex militanti delle Brigate Rosse. Non sussistono all’attualità elementi che autorizzano a muovere accuse di qualsiasi genere al ragazzo tragicamente deceduto, una vittima pertanto che merita il dovuto rispetto. Ma al contempo non sono stati acquisiti dalla Procura di Bologna elementi idonei (nel mio intervento pubblicato da Ugo di due anni or sono specificai, invano, uno per uno quali accertamenti si rendevano utili) [in realtà gli interventi sono due e quindi li linko entrambi: il primo è del 23 aprile, il secondo del 22 ottobre ]a ricostruire con certezza una vicenda che al netto dei rimproveri resta poco chiara. Ciò m’impedisce di formulare un giudizio definitivo, per quel poco che possa contare il parere del sottoscritto. E’ possibile che la mia opinione personale, ieri e oggi in assoluta minoranza, legittimi critiche anche severe ma è sincera. E la sincerità rappresenta sicuramente, per chi la riceve, un attestato di stima.
L’indagine condotta dal PM Cieri era finalizzata a vagliare un’ipotesi investigativa – ben delineata – secondo la quale l’Ori di Carlos avrebbe compiuto un attentato stragista a Bologna su mandato del FPLP di Habbash, al fine di sanzionare il governo italiano per la violazione dell’accordo “segreto” in precedenza stipulato con la resistenza palestinese.
A pagina 1 della richiesta di archiviazione, il PM Cieri scrive – evidentemente sulla base delle risultanze peritali acquisite nei processi a carico di Fioravanti, Mambro e Ciavardini – che la carica esplosiva detonata a Bologna venne innescata. Dunque è stata esclusa sin dal principio l’eventualità di un’esplosione prematura, con quanto ne consegue sotto il profilo logico e in termini di esigenze investigative. Coerentemente, il PM Cieri riassume gli esiti degli accertamenti condotti su Mauro Di Vittorio nella parte relativa alle piste parallele.
L’esito di tali accertamenti, effettuati dopo la pubblicazione dell’intervista dell’onorevole Raisi al Resto del Carlino dell’8 aprile 2012, è riassumibile in quattro punti:
1) L’episodio riferito dall’onorevole Raisi – nei giorni successivi all’esplosione un mediorientale e una ragazza s’introdussero nell’obitorio di Bologna, dopo aver osservato la salma di Mauro Di Vittorio (ancora non identificato) tradirono un’espressione spaventata, alla richiesta di fornire le generalità ricevuta da un maresciallo dei carabinieri si diedero alla fuga e vennero rincorsi inutilmente lungo il viale antistante l’edificio – è stato confermato da tre medici dell’obitorio di Bologna i quali seppero dell’accaduto dal primario (oggi deceduto al pari del sottufficiale) che aveva assistito di persona al fatto;
2) Le informative della Digos di Bologna e Roma su Mauro Di Vittorio, acquisite agli atti già nel 1980, escludono la militanza politica del ragazzo (immune da precedenti penali) e si limitano a indicare che lo stesso era orientato verso il movimento Lotta Continua. Quest’ultima affermazione è sicuramente errata, o al limite relativa a un periodo antecedente, in quanto è noto che il movimento Lc si sciolse nel 1976 e negli anni successivi rimase in vita il solo giornale;
3) La documentazione medica acquisita presso l’istituto di medicina legale di Bologna indicava una morte molto rapida del ragazzo che aveva in tasca un biglietto del metrò di Parigi e presentava ustioni estese in gran parte del corpo. A riguardo devo aggiungere che su Mauro Di Vittorio (come in molte altre vittime di Bologna) non venne eseguita l’autopsia ma fu condotto solo un esame esterno, poi formalmente acquisito agli atti dell’istruttoria.
Oltre alle ustioni sul cadavere vennero riscontrati tratti di carbonizzazione sulla cute. Ciò attesta, credo, che il ragazzo era sicuramente vicino al luogo dell’esplosione, circostanza che di per sé non prova nulla. Piuttosto, affrontando la questione in termini generali (e in fondo sarebbe veramente più interessante per tutti), forse bisogna riflettere proprio sulle ragioni dei notevoli e assai estesi effetti incendiari dell’esplosione di Bologna;
4) Anna Di Vittorio, sorella della vittima, ha reso dichiarazioni spontanee indicando che il ragazzo – simpatizzante di sinistra mai impegnato in attività politiche – si trovava di passaggio a Bologna perché era stato respinto alla frontiera di Dover in quanto sprovvisto dei requisiti d’ingresso nel Regno Unito. Il PM Cieri, ritenuto che l’episodio occorso in obitorio non sia ulteriormente indagabile, ha valutato lo stesso (al pari delle simpatie politiche e della traccia documentale di un transito parigino) elemento comunque del tutto insufficiente a collegare Mauro Di Vittorio alla strage di Bologna con una qualità diversa da quella, oggettiva, di vittima dell’esplosione.
A mio avviso, quindi, nessuno può permettersi di avanzare ombre sulla memoria di Mauro Di Vittorio ma tutti – sul conto di tutti – possono porsi delle domande, a patto che vengano formulate in modo leale e non capzioso. Spero e credo, tuttavia, che nonostante tutto continuerete a donare il melograno. Perché la nostra nazione – mai liberata dalla logica dell’odio e della faziosità – ne ha davvero bisogno. Nel mio piccolo, continuerò a pormi sempre più domande, senza essere così stupido da pensare di sapere in anticipo le risposte. Grazie all’istruttoria di Bologna conosco il nome di tutti coloro che affittavano alianti in Puglia nell’agosto 1980 nonché tutti i numeri di targa delle automobili di chi partecipò alle esequie di Rachele Guidi. Credo quindi di non offendere nessuno se scrivo che vorrei sapere anche chi fossero i due, la ragazza e il mediorientale, che scapparono a gambe levate lungo via Irnerio.
Con stima sincera.
Valerio Cutonilli
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