L’esito della perizia sul Dna, ricavato dai resti attribuiti a Maria Fresu, una delle vittime della strage di Bologna, conferma le indiscrezioni trapelate in questi mesi. C’è un’ottantaseiesima vittima e visto lo scempio del cadavere è la persona più vicina al luogo dell’esplosione. Ne esce così rafforzata la tesi di Francesco Cossiga, convinto che la strage fosse stato in realtà un incidente. Il Presidente emerito parlò di un’esplosione durante un trasporto. Quella donna sarebbe stata quindi il corriere. Riprende quindi slancio la pista palestinese che finora non ha superato il valico delle indagini preliminari.
Sul terreno giudiziario, al momento, nulla cambia, vista l’assoluta vaghezza degli elementi in base ai quali sono stati condannati i giovani dei Nar. Eppure questa perizia arriva come un macigno su quelle sentenze e sul processo in corso a Bologna contro Gilberto Cavallini. Ne ho parlato con Mia Grassi di Adn Kronos, come sempre impeccabile intervistatrice. Qualche amico l’ha già rilanciata sui social, qualcuno si è stupito della nettezza delle mie posizioni, visti i miei precedenti dubbi. La questione è estremamente semplice. La verità è una bellissima donna e, come diceva mio padre (ma ne era convinto anche Cossiga), chi si mette paura “nun se cocca cu ‘e femmene belle”…
La perizia sul Dna di Maria Fresu? “Se le indiscrezioni sono giuste, vorrà dire che tecniche moderne che hanno risolto tanti cold case ci danno motivi più che ragionevoli per ritenere che la verità su Bologna non è quella fino ad ora conosciuta ma, con ogni probabilità, quella che raccontò Cossiga, quando parlò di un’esplosione accidentale durante un trasporto di esplosivo da parte di terroristi filo-palestinesi “. A parlare all’Adnkronos è Ugo Tassinari, ricercatore storico, giornalista e scrittore con un passato nella sinistra extraparlamentare, massimo esperto di ‘fascisteria’, terrorismo e anni di piombo.
Tassinari innanzitutto tiene a esprimere “massima solidarietà e affetto ai familiari di Maria Fresu, che scoprono solo ora di non avere un corpo su cui piangere” e sottolinea come, dopo questa ultima svolta, appaia “più che ragionevole quello che ipotizzano l’avvocato Valerio Cutonilli”, e il giudice Rosario Priore, nel libro ‘I segreti di Bologna’ (Chiarelettere, 2016). Se quei resti non appartengono alla Fresu e nessuno dei cadaveri delle donne sfigurate aveva un gruppo sanguigno compatibile – si chiedevano – potrebbero appartenere a una ottantaseiesima vittima mai identificata? “Una 86esima vittima – aggiunge l’autore di ‘Fascisteria’ e ‘Guerrieri’ – non identificata e sicuramente non più identificabile (se non in aspetti generali, di geolocalizzazione, diciamo), potrebbe ragionevolmente essere la donna che portava la valigia esplosa accidentalmente, secondo la tesi di Cossiga”.
Insomma, secondo Tassinari, si tratta di una notizia che “cambia la storia” di Bologna. Si suffragando un’ipotesi “molto più forte di tutte le ricostruzioni fatte fino ad ora” e peraltro in linea con quanto raccontato “dall’unica testimone che abbiamo di quanto accadde alla Fresu. L’amica Silvana Ancillotti era a pochi passi da lei ma è sopravvissuta alla strage mentre la Fresu si sarebbe disintegrata”. Soprattutto si tratta di una notizia che ci induce a pensare a quanto di “non detto ci possa essere sul più grave attentato della storia d’Italia”.
“Ora, la cosa da chiedere è che si faccia uno sforzo di verità”, aggiunge lo scrittore, che mette anche in guardia rispetto “al tam tam di notizie, che, proprio alla vigilia della perizia sul dna, creano confusione e destabilizzano. Come questa vicenda fantomatica di via Gradoli”. Tassinari fa riferimento alla memoria del collegio di parte civile su due covi che i Nar avrebbero avuto nella strada già sede di un covo delle Br, in appartamenti riconducibili a società immobiliari legate a servizi segreti.
“I Nar – spiega il ricercatore – arrivano lì nel 1981, tre anni e mezzo dopo le Br. Sono due storie diverse e due momenti diversi. Eppure si continua a fare confusione, a inseguire fantasmi o anche a creare cortine fumogene per non fare emergere una verità drammatica, e cioè che per 39 anni abbiamo raccontato una storia sbagliata”.
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La verità la sapremo mai o è più comodo la parola FASCISTA per fare giustizia a quelle povere vittime innocenti.