12 dicembre/2. Casamassima: qualche verità giudiziaria l’abbiamo
Nello speciale che dedichiamo al cinquantennale di Piazza Fontana alterneremo testi e documenti storici con interventi e commenti di attualità. Quello che segue è l’editoriale che Pino Casamassima ha scritto oggi per l’edizione bresciana del Corriere della sera
Due stragi senza verità: Milano e Italicus
Chi era bambino, ora è un nonno. Ha i capelli bianchi, come bianchi sono i capelli della strage che mezzo secolo fa inaugurò a Milano quella che il settimanale inglese The Observer chiamò Strategia della tensione. Con la bomba che il 12 dicembre 1969 uccise 17 persone ferendone 88, il neofascismo eversivo supportato da importanti pezzi dello Stato dava il via alla stagione delle stragismo: un ventennio che terminerà il 2 agosto 1980 con l’eccidio alla stazione di Bologna. In mezzo, altre stragi, altri morti e feriti, spesso mutilati. Fra esse, quella di Brescia, unanimemente riconosciuta come la più politica, perché quel 28 maggio 1974 si volle colpire le migliaia di persone che manifestavano contro la crescente violenza neofascista. Le stragi di Peteano, della Questura di Milano, di Brescia e della stazione di Bologna hanno avuto infine il conforto della verità giudiziaria. Quella di piazza Fontana, cioè la prima, no. Così come non ce l’ha quella dell’Italicus compiuta due mesi dopo quella di Brescia.
Assolti a Milano, condannati a Brescia
Nel giugno 2005, nonostante la Corte di Cassazione indicasse in Franco Freda e Giovanni Ventura di Ordine nuovo i colpevoli del primo eccidio della storia d’Italia contemporanea, essi non sono stati perseguibili in quanto precedentemente assolti con sentenza passata in giudicato. Conosciamo cioè i responsabili, ma non possiamo agire contro di loro (Ventura è morto il 2 agosto 2010: nel trentennale della strage di Bologna). La strage di piazza Loggia è riuscita a traguardare un giudizio finale e inappellabile solo nel giugno di due anni fa, con la conferma da parte della Corte di Cassazione delle sentenze di colpevolezza nei confronti di Carlo Maria Maggi (Ordine nuovo) e Maurizio Tramonte (servizi deviati). Restano nelle tenebre delle loro coscienze e nell’ombra dell’impunità giudiziaria diversi personaggi, ma perlomeno quella sentenza ha indicato le responsabilità nel doppio binario del neofascismo stragista e dei servizi deviati: cosa che non è stato possibile per la strage di piazza Fontana, che ha perfino subito l’oltraggio del pagamento delle spese processuali delle parti civili.
Una sfalsatura tra verità storica e giudiziaria
Come detto, fra gli eccidi andati a sentenza definitiva, quello di Bologna, di cui il prossimo agosto ricorrerà il quarantennale, seppur con i mandanti ancora sconosciuti a livello giudiziario. La sottile linea nera stragista s’interrompe proprio con quella strage, con la consapevolezza che vent’anni di violenze non sono stati capaci di abbattere la democrazia. Seppure nel dolore e nella tragedia di vittime rimaste a casa ad aspettare qualcuno che non sarebbe mai più tornato, quella cosa chiamata democrazia è riuscita a rintuzzare tutti i molteplici e spesso crudeli attacchi ricevuti. Resta il rammarico, lo sconforto per quanto rimasto ai margini a livello giudiziario, ché a livello storico le cose le conosciamo. Conosciamo bene fatti e personaggi, senza dover scomodare il famoso “Io so” di Pasolini, ma probabilmente anche questo limite fa parte della democrazia, che ha al suo interno il fondamentale pepe del dubbio: solo le dittature hanno certezze.
Per approfondire
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