12 dicembre/5. A proposito della perdita dell’innocenza

E’ icastico Peter Freeman nella sua pagina Facebook. Poi all’obiezione di una collega offre lo “spiegone”:
E’ la tesi rilanciata da molti per cui la violenza politica nell’Italia degli anni Settanta (e qualcosa prima) abbia la sua genesi e la sua giustificazione nella strage del 12 dicembre. Un falso storico.
Con questo rifiuto della sinistra operaista di accettare la lettura vittimistica della violenza politica e sociale profusa a piene mani per un quindicennio mi ero imbattuto 30 anni fa. Lavoravo allora con Oreste Scalzone alla sua biografia sul “Biennio rosso”. il mio compagno, amico e maestro mi raccontò che il 12 dicembre era in assemblea a Roma. La prima notizia, vaghissima, la dette Lanfranco Pace, altro leader del neonato Potop. “E’ scoppiata una bomba in una banca a Milano”. E scattò subito l’applauso… Oggi sulla questione ritorna un altro leader dell’operaismo italiano che il passaggio dalla lotta di fabbrica al combattimento lo compì di persona.
Piazza Fontana non è il prequel della lotta armata
“Sto leggendo molti post su piazza Fontana”, scrive Chicco Galmozzi sulla sua pagina facebook. “Che vi devo dire? A m sta cosa della “perdita dell’innocenza” non mi ha mai convinto. Come se non bastasse Avola e Battipaglia e tutta la violenza di Stato antioperaia e antiproletaria dell’epoca per smascherare le chiacchiere sulla democrazia, A mettere in circolazione la tesi di piazza Fontana come prequel della lotta armata sono stati (anche) parecchi ex in chiave giustificazionista: della serie “hanno cominciato loro”. (curioso che questa giustificazione sia invocata insieme da irriducibili e dissociati…)
E invece no! Abbiamo cominciato noi. Mi spiego: è vero che questa impostazione resistenziale sta alla base delle prime manifestazioni della lotta armata: le BR agli inizi pubblicavano Nuova resistenza e Feltrinelli era ossessionato dal golpe, ma quando la lotta armata si sviluppa, diciamo dal 1973, ben oltre piccoli gruppi di militanti, essa si alimenta da ben altro: dal programma offensivo operaio e proletario. Per carità, né giustificare né rivendicare. Solo stabilire la realtà dei fatti”.
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