Strage di via Adige: tre morti per una lite politica al bar

Alle 3.40 del 1° dicembre 1978 una “volante” interviene in via Adige. E’ stata segnalata una sparatoria. Sul posto si trovavano tre uomini gravemente feriti. Domenico Bornazzini, detective privato, 30 anni. Carlo Lombardi, macellaio, 35 anni. Pietro Magri, tappezziere, 29 anni. Erano stati colpiti con un fucile a pompa caricato a pallettoni per la caccia al cinghiale e con un revolver 357 magnum. Due di essi erano riversi al suolo, l’altro all’interno di un veicolo. Nonostante i soccorsi, i tre morirono poco dopo presso il Policlinico. E’ la strage di via Adige.
Fu ben presto evidente che, nonostante le brutali modalità, non c’era nessuna responsabilità della criminalità organizzata. Grazie alla testimonianza di Mario Ferrandi, autore dell’omicidio Custra, della strage furono imputati due fiancheggiatori di “Prima Linea”. Maurizio Baldasseroni, ex operaio della Soilax, 28 anni. Oscar Tagliaferri, un militante del Collettivo politico metropolitano. Al convegno di Costaferrata si era schierato con Corrado Simioni e quelli che avrebbero dato vita al Superclan.
L’omicidio dello spacciatore
Il 7 novembre 1978 i due avevano partecipato all’omicidio di Giampiero Grandi, un pregiudicato presunto spacciatore di eroina, rivendicato dalle “Squadre Proletarie di Combattimento per l’Esercito“, un’azione contro lo spaccio. Un episodio che si inserisce in una campagna militare ma anche in un’iniziativa pubblica che tiene assieme lavoro di controinformazione e di presidio del territorio in uno specchio importante del centro, che va dal Ticinese al Giambellino. Ci ritorneremo in un prossimo post per gli interessanti spunti di riflessione che offre.
La lite nel bar di Porta Romana
Le tre vittime avevano espresso, nel bar Renzi di via Mantova, in zona Porta Romana, opinioni politiche radicalmente contrastanti con quelle degli imputati. I due scellerati le ritennero offensive e intollerabili perché espresse in un “quartiere popolare”. La Corte di Assise di Appello di Milano stabilì che i fatti, pur se non espressione dell’organizzazione armata, erano comunque riconducibili alla militanza dei loro autori e non estranei al “clima” e alla “logica” della pratica eversiva. Gli imputati furono condannati. Prima Linea respinse la richiesta di rivendicazione avanzata dai due omicidi ma li aiutò a scappare in Sud America
Il rifugio in Sud America
Nel 2013 un nipote di Baldasseroni, le cui ultime tracce risalgono a decenni prima in Sud America, chiede di dichiararne la morte presunta. E’ con lui comproprietario di un appartamento a San Donato Milanese. Lo vuole vendere. Il Tribunale, vista l’opposizione della figlia di Bornazzini, ne proclama l’assenza e risolve così il problema. I due sono ancora latitanti anche se Oscar Tagliaferri ha pubblicato nel 2010 per Altromondo di Padova Tocca lavorare, “la testimonianza di un attivista politico sulla storia italiana dagli anni Sessanta ad oggi. Un racconto in presa diretta in cui ideali di uguaglianza, lotta armata ed ecologismo si intrecciano per dare vita ad una riflessione sull’esperienza rivoluzionaria e sulla democrazia“.
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