Strage in sinagoga: pena capitale all’antisemita di Pittsburgh
L’uomo armato che ha massacrato 11 persone nella strage in sinagoga a Pittsburgh, in Pennsylvania, nel 2018 è stato condannato alla pena di morte. Si è trattato del più cruento attacco antisemita nella storia americana.
La giuria federale di 12 persone ha preso una decisione unanime contro Robert G. Bowers, 50 anni, dopo un processo di due mesi durante il quale i sopravvissuti hanno raccontato, con dettagli terrificanti, la strage del 27 ottobre 2018. L’accusa ha dichiarato che l’uomo era intenzionato ad uccidere “quanti più ebrei possibile” ed era motivato “da un profondo antisemitismo”.
Gli avvocati Bowers non hanno contestato che avesse commesso l’attacco ma hanno provato a ridurgli la pena sostenendo che soffrisse di malattie mentali e avesse una storia personale turbolenta.
Cosa sappiamo di Robert Bowers
L’uomo condannato a morte dopo l’omicidio di massa nella sinagoga di Pittsburgh non risultava essere un militante di organizzazioni politiche. La sua presenza social aveva però evidenti connotazioni di estrema destra. Un fenomeno abbastanza tipico in America, dove singole vite di disperata solitudine e sottile follia mettono capo a tragedie immani
La presenza nel social suprematista
Robert Bowers aveva infatti un profilo su Gab, un social network spesso associato al suprematismo bianco. Dopo il massacro Gab ha chiuso il profilo dopo averne fatto un backup ma ha rivendicato il suo diritto di garantire la libertà di parola.
Nell’ultimo mese prima dell’assalto Bowers ha postato decine di messaggi antisemiti. Negazioni della Shoah, teorie cospirative, critiche al ruolo degli ebrei nell’alimentare l’immigrazione di massa.
Non è un sostenitore di Trump
Non è un sostenitore di Trump né l’ha votato: “E’ un globalista, non un nazionalista”, ha scritto.
Nelle ultime ore prima dell’attacco ha dedicato due post criptici ma minacciosi contro HIAS, organizzazione ebraica che sostiene i rifugiati. Ha pure postato la sua collezione di armi.
Il precedente di Kansas City
E’ un leader della zona grigia del suprematismo bianco – a metà tra formazioni fasciste e area del Klan – il protagonista del raid antisemita che, nell’aprile 2014, ha portato all’omicidio di tre ebrei nell’area suburbana di Kansas City. Una biografia completa di Glenn Miller è rintracciabile nel formidabile database del Southern Poverty Law Center (SPLC), la maggiore organizzazione di difesa dei diritti civili degli afroamericani. Dal razzismo di base contro i neri alla lotta armata della principale organizzazione fascista, per diventare poi il principale collaboratore di giustizia nel maxiprocesso contro il network nazifascista.
Dal KKK alla lotta armata e al pentimento
Proveniente dai ranghi del Ku Klux Klan, Gran dragone di una delle tante frazioni in cui si era diviso il movimento negli anni Settanta, anima il White Patriots Party, una organizzazione paramilitare collegata alla Fratellanza silenziosa, meglio noto come “l’Ordine” il primo gruppo che pratica la lotta armata da destra, all’inizio degli anni Ottanta.
L’organizzazione mette assieme i migliori quadri operativi delle diverse formazioni della destra radicale americana (Aryans Nation, National Alliance, il gruppo fondato da William Pierce, l’autore dei Diari di Turner che ispirano sia l’Ordine, sia la strage di Oklahoma City, ex Klansmen). Il gruppo di Miller è quello che riceverà il maggiore contributo finanziario tra la rete delle diverse organizzazioni collegate al movimento clandestino: ben trecentomila dollari.
“Ma, nel 1987, mentre è ancora libero su cauzione, Miller sparisce e diventa clandestino. Scrive una dichiarazione di guerra ai sostenitori, esortando “i guerrieri Ariani di The Order” a uccidere i “nostri nemici” e stabilì un sistema a punti per ogni omicidio. Gli obiettivi erano: “Niggers (1), Traditori della razza bianca (10), Ebrei (10), Giudici (50) Morris Seligman Dees (888) [il leader dell’Splc].” Firmò la dichiarazione “Glenn Miller, membro leale di ‘The Order. LEGGI TUTTO
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