Il terrorista islamico di Milano: un dramma della dis/integrazione
E’ un giovane sbandato il sicario della stazione centrale di Milano, indagato come terrorista islamico. Negli ultimi mesi, uscito dal carcere dove era finito come pusher, ha pensato di trovare compagnia alla solitudine simpatizzando per l’Isis. Ci hanno tenuto subito a rassicurarci: non è un migrante, ma è italiano. Figlio di un tunisino e di una meridionale, entrambi con precedenti violenti, abbandonato a se stesso da una famiglia disfunzionale.
Numerosi tratti del profilo corrispondono al tipo che alimenta le reti islamiste in Francia e Belgio. Un piccolo delinquente di seconda o terza generazione, passato per la galera, socialmente emarginato. Ma qui ci troviamo di fronte a un lupo solitario in cui è, in tutta evidenza, la solitudine a determinare l’imbestialimento.
Del resto perché uno che mangia alle mense dei poveri, vive in strada, dorme in un furgone scassato in un quartiere degradato non dovrebbe essere incazzato con il mondo e con la vita?
Lascia un commento