19.9.83/93 Toni Negri dalla grande fuga all’idea di Impero

Quarant’anni fa, alla vigilia del voto del Parlamento che lo rimanderebbe in galera, grazie alla rigidità mentale dei radicali Toni Negri scappa in Francia, da Punta Ala alla Corsica. Dieci anni dopo la festa per l’anniversario diventa l’occasione per un ripensamento generale che metterà capo al suo bestseller

Toni Negri

Presa la decisione, gli amici di Milano si occupano con grande generosità degli aspetti pratici. Andremo per mare, se il tempo lo permetterà. Quindi bisogna aver pronta anche una via di terra alternativa. A Milano saluto Maryse e Christian, Paola (nervosissima) e Giuliano. Mi trasferisco in un appartamentino romano, in periferia. In attesa della partenza. Per verificare che non ci siano spioni a seguirmi, mi fanno fare una spericolata corsa in moto. Tra i libri in casa trovo un Lucrezio. Lo apro quasi a caso sul quarto libro. Avia Pieridum peragro loca nullius ante / trita solo. Iuvat integros accedere fontis / atque haurire, iuvatque novos decerpere flores. Sembra anche a me di essere sul margine di una terra inesplorata, dove ritrovare il piacere delle acque e dei fiori.

Il trasferimento a Punta Ala

Lunedì ci trasferiamo a Punta Ala, da amici di amici. Sui giornali leggo di una sequela di contumelie che il deputato Arbasino getta contro di me. Poveraccio, ha ballato una sola estate il valzer dell’avanguardia. Poi ha preferito il gin-tonic e le auto sportive; rivendica di non essersi arricchito «sfruttando il sudore o i compromessi di classi subalterne nazionali o esotiche», ma siede in Parlamento con Arisio, nel partito di Spadolini e Battaglia. Non che si prenda la briga di intervenire nel dibattito. Le sue parole le preferisce pagate a giusta misura da Repubblica. Dopo essersi fatto pagare dallo Stato per sedere silente a prendere appunti.

Ha gioco facile Bocca, nel ricondurre i suoi postmoderni pastiche alla dura realtà della detenzione di Giuliano Naria, delle accuse di essere io capo e telefonista delle BR, per concludere che «la tentazione di seppellire vivi i diversi, i nemici, o anche solo i portatori dei nostri rimorsi è forte nei deboli e irresistibile nei paurosi». Chissà in quale delle due consorterie – forse, con qualche piroetta in tutù, in entrambe – si riconosce l’Eliogabalarbasino.

Una lunga attesa

Sulla Stampa non è da meno Firpo, che con tono da gran barone (quale si sente) almeno si concede la nobiltà d’animo di essere contrario all’arresto: ma dopo avermi ritratto come portatore di un’intelligenza astratta e dogmatica, «affascinato da schematizzazioni suggestive» che riconduce a «schemi elementari e radicali antagonismi una realtà infinitamente più varia», all’interno di libri che, da Crisi dello Stato (sic) a Il dominio e il sabotaggio, sono la fissa e allucinata ripetizione della stessa maniacale filosofia. Pare quasi che la libertà mi sia dovuta in quanto incapace di intendere.

E così, sollecitato alla compassione dalla oscenità di Arbasino e dalla funerea inintelligenza di Firpo, attendo. L’attesa è lunga, il mare sembra molto calmo, il tempo bellissimo. Il mio tempo interiore è ottimo. Il dibattito alla Camera prosegue: lo ascolto via radio.

La fuga

Nel primo pomeriggio mi viene a prendere Doni per andare al porto, e lì in barca. Una breve attesa: arrivati gli skipper, si parte.

Mare bellissimo, traversata tranquilla, passiamo dal sole splendente alla luna piena: il profilo acuto dell’Elba e quello deserto di Pianosa, il sole che tramonta dietro la Corsica. La felicità dell’amore e la complessità dell’inatteso. Guardo il profilo delle isole e lo sfilarsi della costa toscana con l’animo di Renzo Tramaglino: comincia una nuova vita.

Sento gli spruzzi del mare sulla faccia, scambio sorrisi con i compagni. Lo skipper mi offre una cioccolata calda: erano forse trent’anni che non ne bevevo. Mi addormento felice in Corsica, passato dalla licenza alla libertà. Al risveglio, un tassista pazzo mi porta a velocità folle a Île Rousse, dove mi attende il piroscafo per Nizza. Il mare è sempre piatto: comincio a sentire il sapore della libertà.

La luna piena

Anche quando sono uscito dalla galera c’era la luna piena: ma non ho avuto le stesse potenti e positive emozioni che provo nel sentirmi, infine, un uomo pieno. L’uscita da Rebibbia era un evento saturo di passato, questa che comincio a provare è un’esperienza del futuro: una scelta che comincia a concretizzarsi, contro il tempo sospeso che ho vissuto per due mesi. L’evasione è ricostruzione di un corpo libero: Renaissance.

Il tradimento del Guru

Apprendo a Aix, ospite di Morgan, il risultato delle votazioni. Ho dovuto ascoltare tre radiogiornali per crederci: con 293 voti contro 300, la proposta di sospensiva è stata respinta. L’astensione dei 10 radicali è stata determinante: con i loro voti, sarei libero di tornare in Italia. Sull’arresto, nonostante l’astensione di socialisti e comunisti, 75 deputati hanno votato contro: astenuti e contrari sono maggioranza. Sembra che ieri, dopo il voto sulla sospensiva, qualcuno (Pajetta, forse) abbia sputato in faccia a Pannella: ha fatto bene!

Dieci anni dopo

Il pomeriggio del 19 settembre 1983, quando Toni attraversò il Tirreno da Punta Ala alla Corsica, c’era un gran sole: lo stesso che splende dieci anni dopo sulla Corsica, dove Toni ha trascorso il decennale dell’esilio, guardando l’Elba da Bastia: basterebbe un barchino a vela e un pugno d’ore…

Dieci anni dall’evasione, e sessant’anni di vita, in quell’agosto 1993. La notte si era fatta una grande festa per il compleanno di Toni, nel casale di Yann sulla montagna di Sartène: tanti compagni nella penombra lampeggiante dei fuochi incrociavano gli sguardi, vino e danze. Toni ricordava che erano anche vent’anni dall’agosto ’73, quando all’osteria Al mondo de qua sul Brenta era stata fondata l’autonomia operaia: anche lì si era bevuto e ballato, le immagini si sovrapponevano nell’ombra danzante dei fuochi.

Cosa voleva Toni dieci anni prima? Fuggendo dall’Italia si era detto: fuggo per aiutare i miei compagni, tutti i compagni, a uscire dal carcere. E ora, cosa ha ottenuto, cosa ha conquistato? E quel che ha costruito, corrispondeva al suo desiderio?

20 anni di Autonomia, 10 di esilio

C’era comunque qualche cosa che non aveva sbagliato: si era mantenuto libero e aveva nutrito, lavorato, accresciuto quel patrimonio di desideri, di idee e di lotte che i compagni dell’autonomia avevano accumulato. Vent’anni di autonomia, dieci di esilio: c’era riuscito il movimento, c’erano riusciti molti dei compagni accovacciati intorno ai fuochi, a dirsi liberi e comuni. Comuni perché quelle passioni, che avevano costruito la lotta e li avevano tenuti assieme liberi, erano passioni di comunismo.

L’attraversamento del deserto e l’esperienza della depressione, poi la riconquista della riflessione politica: siamo vivi – questa la constatazione che rallegrava quella serata. Comuni, vivi: e potenti? In teoria: impotenti dunque, suggeriva il genio maligno? No: perché quei compagni «facevano verità», contro e oltre chi li aveva occasionalmente sconfitti.

I giovanissimi per salvarci

E ancora, rifletteva Toni mentre i fuochi si riducevano a carboni lucenti, si era forse riusciti, toccando i giovanissimi, a riprendere un rapporto costruttivo, costituente, con l’Italia. Le iniziative tentate con vecchi compagni e affidate a vecchi circuiti (come Futuro anteriore) non funzionavano: c’erano in giro troppi fossili politici o gruppi di disperati, accantonati in riserve metropolitane di alcol e di droga, di frustrate rinunce o di delirante ansia di rivincita. C’erano i giovanissimi a salvarci tuttavia – «ma tu, si diceva ancora Toni, hai sessant’anni suonati!»

Bisognava allora lavorare per mettere a disposizione dei compagni più giovani il sapere costruito in quei vent’anni precedenti: ecco quel che doveva fare – il buon lavoro è una cosa che paga. Cominciava a entrare nella testa di Toni un po’ di realismo…

È da queste riflessioni che si genera il proposito di scrivere sulla nuova struttura del potere nella globalizzazione geopolitica che la fine della guerra fredda aveva imposto: non sull’impero americano, ma sulla «forma-impero». Era a quel livello che vent’anni di pensiero e di lotta dell’autonomia andavano confrontati, verificando l’ipotesi che le lotte del lavoro avessero spinto il capitale a organizzarsi su un livello più alto: «l’impero», appunto.

Toni Negri – Girolamo Di Michele/Galera ed esilio

La lettera d’addio di Marco Pannella

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.