16 maggio 1955, la mafia uccide Turiddu Carnevale, angelo dei braccianti
Il 16 maggio 1955 Cosa Nostra uccide con sei colpi di lupara SALVATORE CARNEVALE (32 anni) un coraggioso sindacalista socialista della CGIL. Diventerà l’angelo dei braccianti.
Carnevale stava a lavorare in una cava di pietra gestita dall’impresa Lambertini e i killer lo attesero su una mulattiera che egli percorreva tutti i giorni. Come i Piaggio dei Cantieri Navali di Palermo e altri gruppi capitalistici italiani, Lambertini aveva accettato i buoni uffici della mafia della zona guidata da Peppino Panzeca di Caccamo capo ossequiato, uomo di chiesa (era fratello del prete locale) e ammanigliato con la politica, prima con il partito liberale poi democristiano.
L’impegno politico e sindacale
Turi Carnevale era nato a Galati Mamertino (ME). Lo consideravano una testa calda eversiva secondo i canoni del quieto vivere dominante. Aveva dato molto fastidio ai proprietari terrieri nel difendere i diritti dei braccianti agricoli. Era infatti molto attivo politicamente nel sindacato e nel movimento contadino per la riforma agraria. Nel 1951 aveva fondato la sezione del Partito Socialista Italiano di Sciara e organizzato la Camera del lavoro.
Lotta per le terre e minacce mafiose
Nell’ottobre 1951 aveva organizzato i contadini nell’occupazione simbolica delle terre della principessa e per questo fu arrestato. Nel 1952 aveva rivendicato per i contadini la ripartizione dei prodotti agricoli. Era riuscito anche ad accordarsi con la principessa Notabartolo proprietaria del feudo più grande intorno a Sciara. Uscito dal carcere per sfuggire alle minacce di morte dei campieri mafiosi si trasferì per due anni a Montevarchi in Toscana dove scoprì una cultura dei diritti dei lavoratori più forte e radicata.
Il ritorno tra i cavatori
Nell’agosto 1954 tornò in Sicilia e trovò lavoro nella cava Lambertini dove sotto la protezione della mafia non si rispettavano né salario né orario di lavoro contrattuale. Nonostante i pericoli che correva Turi organizzò con successo i lavoratori della cava per far rispettare leggi e contratti nazionali di lavoro. Inoltre cercò di trasferire nella lotta contadina le sue esperienze toscane venendo poi nominato segretario della Lega dei lavoratori edili di Sciara.
L’ultima battaglia vinta
Tre giorni prima di essere assassinato era riuscito ad ottenere le paghe arretrate dei suoi compagni e il rispetto della giornata lavorativa di otto ore. Venne ucciso con proiettili mirati soprattutto alla bocca che era stato lo strumento della sua lotta sindacale. Del suo omicidio furono accusati quattro mafiosi di Sciara dipendenti della principessa Notarbartolo. LEGGI TUTTO
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