Strage di Bologna e via Gradoli: uno scoop che non regge
Come non ci fosse abbastanza carne a cuocere, tra perizie esplosivistiche che smontano le ipotesi consolidate sull’ordigno e i sospetti sulla presenza di una ottantaseiesima vittima alla stazione, al processo per la strage di Bologna continuo ad allargare il cerchio.
E’ la volta della parte civile che si fa abbacinare da una coincidenza che le appare significativa. Così Via Gradoli, strada romana famosa per il covo delle Br in cui vivevano Moretti e Balzerani durante il sequestro di Aldo Moro nel 1978, finisce per intrecciarsi con il processo sulla Strage di Bologna. Nella stessa via, infatti, anche i Nar di cui faceva parte Gilberto Cavallini, imputato a 39 anni dall’attentato, avevano due covi, nel 1981. E gli appartamenti in uso ai terroristi di estrema destra sarebbero riconducibili a società immobiliari e a personaggi legati al Sisde.
Quelle case riconducibili al Sisde
Il collegamento, emerso nel processo Nar 2, è stato riesumato dal collegio di parte civile, con la richiesta alla Corte di assise di acquisire atti e sentire alcuni nuovi testimoni, tra cui Domenico Catracchia, amministratore di condominio dell’immobile di via Gradoli 96, dove tre anni prima si nascondevano le Br oltre che amministratore della società proprietaria dello stabile dal 1980. Un nome che ritorna quando furono individuati i covi Nar, a lui riconsegnati in quanto titolare, di nuovo, dell’immobiliare di riferimento.
La parte civile rilancia Flamigni
Soltanto nel febbraio del 1980, secondo i documenti prodotti dal collegio di parte civile – avvocati Andrea Speranzoni, Roberto Nasci, Antonella Micele, Alessandro Forti e Andrea Cecchieri – Catracchia era diventato amministratore unico della Immobiliare Gradoli Spa e prima della Srl Caseroma. Da una comunicazione del Sisde emerge che Immobiliare Gradoli era controllata dalla Fidrev, definita una società di consulenza dello stesso Servizio. I legali poi si rifanno a un volume dell’ex senatore Sergio Flamigni, membro della prima commissione Moro. Il padre di tutti i dietrologi parla di un sistema di ’scatole cinesi’, finanziarie a vario titolo legate al Servizio segreto civile, con nomi di soci o amministratori che già nel 1978 erano presenti nelle società immobiliari di via Gradoli 96, il palazzo delle Br.
La testimonianza di Sordi su via Gradoli …
Il nome della strada romana legato ai covi dei Nuclei Armati Rivoluzionari viene fuori, tra l’altro, dagli interrogatori del pentito Walter Sordi e dalle sentenze del processo ’Nar 2’, nella Capitale, dove si trattava anche dell’omicidio del capitano di Polizia Francesco Straullu e della guardia scelta Ciriaco Di Roma, impegnati nelle indagini sul 2 agosto 1980.
Di uno dei due appartamenti si sa che si trovava al civico 65 e che era frequentato da Francesca Mambro (uno dei tre condannati in via definitiva per la Strage di Bologna), Stefano Soderini, Giorgio Vale e l’odierno imputato Gilberto Cavallini.
… e quelle dello spione e dei poliziotti
Catracchia, sentito dalla Polizia a novembre 1981 disse di aver riconosciuto i quattro terroristi. Poi però, invitato a verbalizzare il riconoscimento, si rifiutò, dicendo di temere per la propria vita. Anche su questo i legali giudicano importante la sua testimonianza. E quella dei poliziotti che nello stesso periodo si appostarono proprio in via Gradoli 96. Dopo aver individuato una Lancia Delta in uso a Vale e Mambro, decisero di tenere d’occhio la strada dove sospettavano si rifugiasse il gruppo. Gli agenti videro Mambro e Vale uscire, ma non si riuscì a bloccarli.
Tra l’altro il luogo dell’appostamento, nello stesso immobile del caso Moro, risultò essere stato scelto da un funzionario della Questura, Belisario, perché in uso a una sua conoscente. Anche del funzionario le parti civili chiedono l’audizione, così come dell’ex militante di Terza Posizione Enrico Tomaselli, che dichiarò anche lui domicilio nel medesimo stabile.
Secondo il collegio di parte civile è dunque importante approfondire questi legami tra una piccola via di Roma, che ospitò i brigatisti, prima e i Nar di Cavallini. Entrambi i gruppi in palazzi gestiti da società riconducibili a uomini dei Servizi, nelle cui fila c’erano personaggi presenti nelle liste della loggia P2 .
Quello che non torna
Fin qui la ricostruzione che l’Ansa offre delle “scoperte” della parte civile. Ci sono però alcuni particolari già noti agli atti che inducono a smentire queste ipotesi. Enrico Tomaselli, palermitano, arriva a Roma soltanto nell’autunno nel 1981. A settembre è a Londra, per trattare con Roberto Fiore l’affidamento della direzione in Italia di quel che resta di Terza posizione. Una retata aveva smantellato l’organizzazione nel settembre 1980 con decine di arresti.
L’11 settembre 1981 la polizia britannica arresta 7 latitanti italiani, alcuni del Fuan-Nar, e due di Tp, Fiore e Marcello de Angelis. Tomaselli è fermato ma poiché non è ricercato viene rilasciato. Può rientrare quindi in Italia e assumere la leadership del movimento. Soltanto nel gennaio 1982 diventa operativo: partecipa a una rapina a Torino del nucleo armato di Terza posizione che fa capo a Roberto Nistri e mantiene una sua autonomia dai Nar. Nei primi mesi del 1982 vive quindi questa doppia dimensione. Da una parte leader politico di quel che resta di Terza posizione, a cui tenta di imporre una svolta politica, nel senso di fuoriuscire dall’area neofascista. Dall’altra componente di una batteria di rapinatori che fa capo a Roberto Nistri. Non è clandestino, non è latitante, ma ovviamente adotta una serie di cautele organizzative. In questo periodo dorme saltuariamente a via Gradoli, ospite di un giovane militante di TP-Settembre che lo ospita. E ovviamente non dichiara il domicilio saltuario. E’ agli inizi del 1986, scarcerato dopo la sentenza di primo grado al processo Nar, che Tomaselli torna ad abitare a via Gradoli. Un coimputato, Andrea Insabato, gli dà la disponibilità di un suo appartamento. Scarcerato per decorrenza termini, Tomaselli deve dichiarare il domicilio. Ed è questo il “domicilio dichiarato” di cui parla la nota Ansa. Ma sono passati 8 anni dal sequestro Moro e 4 dagli ultimi fuochi dei Nar.
Un incontro improbabile, una visione impossibile
Ad ogni modo è del tutto improbabile che Vale e Mambro (superlatitanti) abitanti al civico 65 frequentassero Tomaselli e la casa del “pischello” che lo ospitava: infatti i due sono tra gli assassini di Francesco Mangiameli, il leader palermitano di Terza posizione, a cui Tomaselli era legatissimo. Il nuovo capo di Tp li odiava e li temeva. E’ la vulcanica personalità di Nistri che funge da hub tra il giro dei latitanti clandestini dei Nar e la rete illegale di Terza posizione che è ancora in fase di strutturazione.
E’ infine impossibile che poliziotti appostati sotto il civico 96 possano aver visto uscire i due clandestini dei Nar, dal loro covo al numero 65, come è evidente dalla visione della strada su Google Maps: via Gradoli infatti ha un tracciato circolare e i due edifici sono nei due tratti lunghi paralleli.
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