Speciale Vidali. Bocca: amava definirsi un terrorista

Vittorio Vidali (Muggia, 27 settembre 1900 – Trieste, 9 novembre 1983) è stato un politico e antifascista italiano. Conosciuto anche come Vittorio Vidale, Enea Sormenti, Jacobo Hurwitz Zender, Carlos Contreras, “Comandante Carlos”, fu convinto assertore della linea politica strategica internazionale impostata da Stalin e legato ai servizi segreti sovietici. Fu promotore del V Reggimento delle Brigate internazionali durante la guerra civile spagnola e, nel dopoguerra, parlamentare della Repubblica Italiana eletto nelle file del PCI.

Così Wikipedia riassume in poche righe i tratti essenziali di un protagonista del secolo, l’espressione più dura e pura dello stalinismo italiano. Oggi gli dedicheremo perciò uno speciale, affidandoci alle testimonianze di scrittori, storici e giornalisti. Cominciamo da GIORGIO BOCCA che lo usa come fonte importante per la sua biografia su Togliatti.

La sua doppiezza letteraria

Grande simpatico testimone Vittorio Vidali, il Carlos della guerra di Spagna: era pensionato nella sua città, a Trieste, ma aveva ancora il piglio e i gesti del capitano di ventura. Del comunista staliniano conservava però la doppiezza letteraria: al ristorante, in casa sua, in compagnia di amici come la figlia di Cesare Battisti, era di un verismo impressionista, rievocava la sua vita di “terrorista”, come amava autodefinirsi, con una forza stupenda.

Poi mi arrivava un suo libro e le stesse cose, gli stessi fatti eran diventati una melassa propagandistica, retorica. Il “terrorista” Vidali era tornato l’eroe del comunismo filantropico. Lui che aveva partecipato in Spagna alla repressione degli anarchici e che da Trieste dirigeva la rete di spionaggio contro il Tito messo sotto accusa da Stalin. (…)

Negli anni ’30 a Mosca

Il dittatore in persona farà il primo interrogatorio dell’assassino di Kirov, primo segretario del partito a Leningrado, per coprire il mandante e i complici, mentre l’apparato staliniano viene mobilitato per soffocare eventuali reazioni degli amici di Kirov. Ricorda Vittorio Vidali: «Vennero armati i compagni di più sicura fedeltà e soprattutto per tenere l’ordine durante i funerali. I nomi degli italiani vennero forniti da me alla Stassova, la segretaria di Stalin» (…)

Dice Vittorio Vidali: «Prima, al principio degli anni Trenta, quando Thälmann e compagni vantavano i loro sei milioni di voti e parlavano dalle tribune dell’Internazionale per ore e ore, Togliatti doveva limitarsi a brevi interventi; dal ’34 in poi è considerato invece uno dei massimi dirigenti, uno a cui non si toglie la parola. E ci è arrivato da solo, bisogna riconoscerglielo, senza avere alle spalle un grosso partito» (…)

Con Togliatti al XX congresso del Pcus

Racconterà Vidali: «Quel mattino, durante il XX Congresso, stavamo facendo colazione e io leggevo la “Pravda”. A un certo punto dissi a Togliatti: “Vedo che avete riabilitato il compagno Béla Kun”. “Fammi vedere,” disse lui strappandomi il giornale di mano. Lesse in silenzio il comunicato e poi mormorò: “Ma lo sai che non mi hanno neppure avvisato”. “Ci credo senz’altro,” dissi io, “ma non hanno dimenticato di mettere la firma del partito italiano”» (…)

Secondo i calcoli dell’ambasciata italiana sono 70 gli italiani arrestati, ma una stima sovietica parla di 104 tra morti e dispersi. Morti la maggior parte nei campi di lavoro, per stenti o malattia, come il compagno Andersen, deportato per la ragione di essere amico di Robotti. La cancrena stalinista distrugge il gruppo, i cui membri si denunciano l’un l’altro; nessuno è fuori dai sospetti, persino Vittorio Vidali, uno dei più devoti staliniani, è nelle liste della grande purga:

«Quando arrivai a Parigi, dopo la guerra di Spagna, e stavo per imbarcarmi diretto in Russia, mi avvicinò il compagno Bell il quale mi disse: “La vecchia dice che per te a Mosca non c’è aria buona”.

La vecchia era la Stassova, la segretaria di Stalin, una mia cara amica. “E allora dove vado?” chiesi. “In America.” “Ma in America mi arrestano.” “Vai in America,” insistette lui, e allora capii che tutto era preferibile al ritorno a Mosca». (…)

Lo scontro con Togliatti sui riabilitati

Persino negli anni kruscioviani Togliatti non uscirà da questa gelida chiusura, decisa una volta per sempre e attuata con metodo fermissimo. A Vidali che lo invita a incontrare i sopravvissuti e i riabilitati, dice: «Perché dovrei vederli? Non stanno in un buon albergo? Non li hanno riabilitati?». E Vidali: «Senti Togliatti, non dirmi che non hai capito cosa significa essere riabilitati e vivere in un buon albergo quando si è stati in prigione ingiustamente e si è emarginati dalla vita politica». Ma lui da quell’orecchio non ci sente. (…)

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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