“La pistola non era mia, l’ho sfilata di mano a un uomo corpulento, che ho visto benissimo in faccia e che non era certamente Ciro Esposito. Era a capo di un gruppo di persone ed è venuto diretto verso di me”. Daniele De Santis per la prima volta ha preso la parola nel processo per l’omicidio di Ciro Esposito, di fronte alla Terza sezione della Corte d’Assise di Roma, presieduta da Evelina Canale. Il tifoso del Napoli fu ferito a Tor di Quinto, il 3 maggio 2014, prima della finale di Coppa Italia Napoli-Fiorentina e morì dopo quasi due mesi di ospedale. L’ultrà giallorosso, che non frequenta gli stadi dal 2008, ha ammesso di aver sparato per difendersi da un’aggressione, senza neanche guardare e, soprattutto, con un’arma che non era sua. “Non ho mai maneggiato armi in vita mia gli ultras usano soltanto le mani, sono contrario a coltelli e bastoni”. De Santis ha ricostruito quanto avvenuto quel sabato pomeriggio di due anni fa: “Nei pressi del Ciak Village ho visto lanciare bomboni e torce. Sono uscito dal cancello, ho preso un fumone da terra e l’ho tirato e, a un altro, ho dato un calcio. Ho provato a dire al pullman di spostarsi perché c’era gente che aveva paura, poi mi sono girato per rientrare e ho preso una bastonata e due coltellate. Sono caduto a terra e hanno continuato a menarmi. Poi una persona bella grossa mi ha dato una pistolettata in testa, pensavo fosse una lanciarazzi perché non si usa portare le pistole allo stadio. Poi gli ho agganciato il braccio, ci siamo litigati la pistola che lui teneva dalla canna e ho esploso i colpi senza mirare. Subito dopo sono svenuto”.
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