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Omicidio Rossa, Luzzatto: la migliore spiegazione è delle Br

Della prima tragedia di via Fracchia, l’omicidio Rossa, sindacalista e quadro dell’intelligence del Pci ucciso dalle Br, il professore Sergio Luzzatto si è occupato in due appassionati volumi. Il primo centrato sulla vittima, “Giù in mezzo agli uomini“. Il secondo, splendido, “Dolore e furore“, sia pure in forma di narrazione corale sulle vicende della colonna brigatista genovese, ruota sulla figura del suo assassino, a sua volta ammazzato nella seconda tragedia di via Fracchia.

Un accademico qualificato

Luzzatto è un accademico qualificato. E’ ordinario di storia moderna all’Università di Torino. Solo pochi mesi fa è passato in area contemporaneista. E’ ricco anche di esperienze internazionali. Ha insegnato in Francia e negli Stati Uniti. E’ partito dallo studio della rivoluzione francese per allargare i suoi interessi all’Italia dell’800 e del 900. Ha poi cominciato un percorso di avvicinamento nello spazio e nel tempo. Con un focus articolato sulla seconda guerra mondiale. Ha studiato il revisionismo sulla Resistenza e la persecuzione degli ebrei. Fino a produrre il primo lavoro storico e non agiografico su padre Pio. Volume che ha scatenato furiose polemiche da destra.

Non è l’unico storico modernista che si sia occupato delle vicende della piccola guerra civile italiana. Ma qui si fermano le analogie con Miguel Gotor. Il politico dem è stato invece risucchiato nel vortice dietrologico dalla madre di tutti i misteri italiani. Il sequestro e l’omicidio di Aldo Moro. L’unico limite autentico del testo di Luzzatto affiora proprio quando il professore genovese non presenta i risultati della sua ricerca. Quando si accontenta di restituire le conclusioni altrui su vicende nazionali finisce per rilanciare ipotesi complottiste

Una ricca valigia dello storico

Nel suo affresco sulla colonna genovese, in particolare, Luzzatto mette a frutto la sua esperienza e sensibilità  “francese” nell’utilizzare e assemblare i materiali documentari più vari e assortiti. Dai più tradizionali archivi alle testimonianze orali. Dalle mappe alle fotografie come strumenti narrativi. Per ricostruire, con la dimensione umana e il vissuto di Riccardo Dura, l’intera vicenda delle Br a Genova. E infatti la sua lettura della prima tragedia di via Fracchia si fonderà su tre elementi abbastanza eccentrici. Una foto, una perizia giudiziaria, un volantino. Raggiungendo potenti risultati cognitivi.

La fotografia

Luzzatto parte proprio dall’analisi di una delle prime fotografie della “scena del crimine”:

Del cadavere nella macchina, le foto più eloquenti sono quelle scattate quando fuori era ancora buio. Le primissime immagini della scena dell’omicidio. Oregina, via Fracchia, il corpo di Guido Rossa di traverso sui sedili anteriori della sua Fiat 850. Altre fotografie seguiranno, ad opera sia dei reporter, sia della polizia scientifica, più avanti (…). Ma quelle scattate al buio parlano del contesto (…) dell’ora in cui Rossa è stato ucciso, e dice che era l’ora degli operai, non dei borghesi. Era l’ora in cui sono gli operai a essere già in piedi o ancora in piedi, per andare a lavorare o di ritorno dal turno di notte. Le foto del cadavere nel buio prima dell’alba valgono quindi a illustrare, oltre all’omicidio di Rossa, il suicidio politico dei rivoluzionari comunisti appostati nottetempo per colpire l’operaio comunista. Una rivoluzione del genere non poteva essere una rivoluzione. Nel buio di via Fracchia morivano anche le Brigate rosse.

L’autopsia

Il professore passa poi a confutare le menzogne opportunistiche dei pentiti:

È quasi certo che le Br avessero programmato – in realtà – un ferimento, non un assassinio. E questo indipendentemente da quanto ne avrebbero detto, negli anni a venire, i «pentiti» della colonna genovese (…). Che il programma dei brigatisti fosse quello di punire la spia berlingueriana non già colpendola a morte, ma limitandosi a gambizzarla, è attestato dalle risultanze autoptiche sul corpo di Rossa. Che fu dapprima raggiunto da tre colpi alle gambe, esplosi con il silenziatore dalla Beretta 81 calibro 7,65 di Vincenzo Guagliardo. E che solo in un secondo tempo (sia pure molto ravvicinato, questione di pochi istanti) fu raggiunto al cuore e al fegato da due proiettili esplosi dall’arma non silenziata di Dura, una Browning HP calibro 9 lungo.

Il volantino

Ma è sul nodo fondamentale, “perché Dura abbia deciso di non rispettare il programma iniziale”  e su cui “sono state avanzate nel tempo una quantità di interpretazioni più o meno plausibili: nessuna delle quali totalmente persuasiva né storicamente definitiva” Luzzatto dimostra tutta la potenza del suo metodo. Utilizzando stavolta il volantino di rivendicazione. Il primo che ammette un cambio di programma in corsa dopo il duplice omicidio nella federazione missina di Padova, nel giugno 1974. Furono i primi ammazzati dalle Br: «Era intenzione del nucleo di limitarsi a invalidare la spia come prima ed unica mediazione nei confronti di questi miserabili: ma l’ottusa reazione opposta dalla spia ha reso inutile ogni mediazione e pertanto è stato giustiziato».

Luzzatto non si lascia fermare all’evocazione dell’ “ottusa reazione”. Non si accontenta di pensare che l’assurdità della formula serva a coprire l’imbarazzo politico delle Br, per la forzatura compiuta da Dura. Sceglie invece di affrontare e riconoscere la verità insita nella narrazione brigatista.

Uno scontro di personalità

La reazione di Rossa davanti alla prima «mediazione» del commando (cioè davanti a Guagliardo che gli sparava alle gambe) potrebbe davvero essere stata – dal punto di vista delle Br – talmente sconsiderata, o irritante, o temeraria, da scatenare pochi istanti più tardi, in seconda battuta, l’ira funesta di Dura. Fra tutte le spiegazioni, ecco quella che meglio corrisponde al carattere dei due protagonisti. Non solo alla personalità del carnefice: anche alla personalità della vittima. Quanto al carnefice, riesce facile presumere che già prima di appostarsi in via Fracchia, di notte, in un furgone bianco Fiat 238, divorante fosse l’odio del capocolonna Dura nei confronti del delatore Rossa. E riesce facile immaginare che una qualche reazione verbale di Rossa, colpito soltanto alle gambe dai proiettili di Guagliardo, possa avere spinto Dura a perdere il controllo dei propri nervi di dirigente rivoluzionario: a non rispettare più il programma dell’«invalidazione», e a procedere con un’esecuzione capitale.

Per Luzzatto, quindi, l’ipotesi più probabile, contro ogni dietrologia o demonizzazione, è che la tragedia sia l’esito di uno scontro di personalità, a partire da due elementi forti del carattere di Rossa: il coraggio fisico e la litigiosità: “È plausibile, insomma, che Rossa abbia avuto in via Fracchia una reazione diversa da quella normale e naturale delle vittime di attentati terroristici. Una reazione così diversa (e così ottusa, nella prospettiva dei brigatisti) da meritargli di essere giustiziato“.

Per approfondire

Ugo Maria Tassinari

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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