12 novembre 2011: le dimissioni di Silvio Berlusconi
Cinque anni fa, stremato da una manovra a tenaglia, giocata a colpi di spread e di scandali sessuali e giudiziari, Silvio Berlusconi cede all’offensiva della troika e rassegna le dimissioni da presidente del Consiglio. Già dall’estate il presidente Napolitano lavorava alla sua sostituzione con Mario Monti, uomo di fiducia della finanza internazionale. L’offensiva finale si consuma nei giorni dei Morti, al vertice europeo di Nizza. La storia l’ho raccontata così nel mio pamphlet: “Napolitano, il capo della banda”.
Quando, sconfitto alla Camera sul rendiconto generale, nel novembre 2011 Berlusconi decide di cedere il passo, stremato da una campagna dei poteri forti giocata a colpi di speculazione finanziaria ai danni dell’economia italiana, l’iniziativa politica di Napolitano è travolgente. L’antefatto di quei giorni lo ricostruisce un leader internazionale non sospettabile di corrività con il centrodestra. Per il premier spagnolo socialista dell’epoca, Zapatero, la sorta del governo Berlusconi si decide il 3 e 4 novembre del 2011 al vertice del G-20 a Cannes, che ha all’ordine del giorno la crisi finanziaria dei paesi mediterranei. Italia e Spagna sono gli osservati speciali e così Obama e Merkel incalzano Berlusconi e Zapatero, allo scopo di imporre a Italia e a Spagna gli aiuti del Fondo monetario internazionale. Un salvataggio a condizioni capestro che si sarebbe tradotto nella cessione della sovranità a Bruxelles. Le pressioni sono altissime ma i due leader resistono.
Zapatero nel suo libro “Il dilemma” racconta l’atmosfera pesante della cena del 3 novembre e ricorda una clamorosa indiscrezione: «Nei corridoi si parlava di Mario Monti». L’ex commissario europeo in dieci giorni sarà nominato senatore a vita da Napolitano e subito dopo designato premier al posto di Berlusconi. Evidentemente c’è già l’accordo tra Quirinale e “padroni dell’Europa” per una svolta politica che garantisca gli interessi dei mercati finanziari e di Berlino.
Il fermo rifiuto di Zapatero convince i Grandi a concentrare l’attacco sull’Italia. Berlusconi e Tremonti si difendono strenuamente (Zapatero parlerà di un «catenaccio in piena regola») e riescono a raggiungere un accordo di compromesso, accettando la supervisione del Fmi ma non il salvataggio.
Napolitano affiancherà a Mario Monti, un uomo di garanzia per l’eurofinanza, un governo di tecnici che si assumerà la responsabilità di numerosi provvedimenti di macelleria sociale (dall’aumento dell’Iva e dell’Irpef alla vicenda al tempo stesso tragica e grottesca degli esodati) neppure pensati dal centrodestra.
“La democrazia in Italia è scomparsa quando è andato al governo Mario Monti, designato dai burocrati seduti a Bruxelles, non dagli elettori”. Così, con la sua consueta chiarezza, Noam Chomsky, il maggior linguista vivente e filosofo, uno degli intellettuali più ascoltati del pianeta, liquida l’operazione di esproprio della politica condotta dall’eurocrazia: “Le democrazie europee sono al collasso totale, indipendentemente dal colore politico dei governi che si succedono al potere, perché sono decise da burocrati e dirigenti non eletti che stanno seduti a Bruxelles. Questa rotta è la distruzione delle democrazie in Europa e le conseguenze sono dittature”. Una voce forte a sostegno delle tesi che nell’autunno del 2011 in Italia si sia consumato un golpe bianco. E a condurlo, paradossalmente, è stato l’inquilino del Quirinale, il leader storico della sinistra italiana.
A liquidare con poche, feroci frasi questo straordinario paradosso politico c’è l’editor del libro di Pasquale Chessa dedicato all'”Ultimo comunista” (Chiare Lettere): “Conquistare la più alta carica dello Stato senza nemmeno fare la rivoluzione. E nello stesso tempo scoprire alla fine del mandato di aver fallito completamente il progetto perseguito per anni: riformare il costume e la politica italiana. Tutto è andato in fumo. Anche la meteora Monti, un’invenzione di Napolitano per coprire il vuoto lasciato dai partiti incapaci di affrontare la crisi economica e il confronto con l’Europa. lntanto il ciclone Grillo sovverte i piani del Pd e del presidente. Tutto da rifare. (…) Forse Napolitano sarà l’ultimo presidente di una lunga stagione, lui comunista distante e freddo, assurto improvvisamente a padre della patria e leader. Presidente con molti più poteri di quanti lui stesso all’inizio del mandato pensava di avere. ”
A volte succede. Come per gli orologi fermi che per due volte al giorno segnano l’ora esatta, il primo politico a capire e a spiegare a chiare lettere ruolo e funzione del governo Monti è stato l’autore del Porcellum, il leghista Calderoli, che ha evidentemente un cervello migliore della sua faccia: «Sono preoccupato e turbato dopo aver ascoltato l’intervento di Mario Monti in Senato, intervento in cui ho riscontrato numerosi elementi che indicano, purtroppo, macelleria sociale, macelleria istituzionale e macelleria politica. I tecnici e le relative logge hanno espropriato il popolo e il Parlamento della democrazia. Mi aspettavo lacrime e sangue, ma non mi aspettavo che ci fregassero anche il fazzoletto». Dagli altri, da Gasparri-Cicchitto-Sacconi a Bersani-Finocchiaro-Chiti tutti proni ad esprimere consenso al governo deciso a Bruxelles. Per Vendola, leader di Sel e governatore della Puglia, c’è un moderato disappunto: «Le dichiarazioni programmatiche di Monti rappresentano un profilo politico conservatore e anche un elemento di continuità con le politiche economiche e sociali del governo Berlusconi. Non danno un messaggio positivo nei confronti dei giovani visto che rilanciano la riforma Gelmini. Francamente ci aspettavamo di più per un’Italia che cade sotto i colpi del fango e della povertà». E molto di più arriverà, ma nel senso opposto a quello auspicato.
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