5 ottobre 1934: le Asturie insorgono. E Franco scatenò i marocchini

La rivoluzione scoppiò nelle Asturie all’alba del 5 ottobre del 1934. Qui il proletariato più cosciente, rappresentato dai minatori, fortemente sindacalizzati aveva una forte consapevolezza classista. Il Sindicato de obreros mineros de Asturias –SOMA- nel giro di pochi anni, quelli caratterizzati da un forte conflitto, raggiunse ad avere tra i propri iscritti il 60% dei lavoratori del settore. Si ribellò al governo formatosi a Madrid; ma la rivolta non era contro determinate forze politiche, ma contro lo stesso sistema capitalista. Tant’è che nella breve vita dell’esperienza asturiana si diede vita a una nuova organizzazione economica e sociale. Di lì a qualche giorno quasi tutte le Asturie saranno sotto il controllo dei lavoratori insorti.

Con la dinamite contro la Guardia Civil

I minatori, per attaccare e disarmare 98 caserme della Guardia Civil, utilizzarono lo strumento del proprio lavoro, la dinamite, che possedevano in abbondante quantità. Non ci fu un modello unico di organizzazione. Si formarono in tutte le città liberate comitati rivoluzionari costituiti dal proletariato e dai lavoratori in armi. Il comitato provinciale a Oviedo, capoluogo delle Asturie, uno dei principali centri della lotta dei minatori. In quasi tutte le città si formarono anche milizie armate. A Oviedo, tuttavia, ci furono gravi scontri e la città non fu mai completamente sotto il controllo degli operai. Le forze militari della regione erano tutte concentrate all’interno del capoluogo. Qui l’8 ottobre il comitato pubblicò un bando con cui si puniva qualsiasi atto di saccheggio. Rivolse un appello agli insorti per la costituzione di guardie rosse e prese provvedimenti per organizzare l’approvvigionamento. Il bando affermava, tra l’altro,”la fine radicale di ogni atto di saccheggio. Qualsiasi individuo colto sul fatto sarebbe stato passato per le armi”. Nel contempo prevedeva “la confisca di tutti gli articoli di vestiario e viveri esistenti”.

Gli insorti aboliscono la moneta

I lavoratori, una volta preso il potere, procedettero ad organizzare la vita delle proprie comunità attraverso la creazione di sette commissioni: approvvigionamento e risorse, sanità, lavoro, comunicazione, propaganda, ordine pubblico e giustizia. Tra le più importanti misure adottate, vi furono l’abolizione della moneta con la sostituzione in alcuni casi dello scambio diretto di beni; le fabbriche di importanza militare, come ad esempio a Mieres (esplosivi) e Turon (mezzi blindati), vennero gestite direttamente dagli operai, che procedettero ad aumentare la produzione per venire incontro alle esigenze del proletariato nella impari lotta contro le ingenti forze che il governo di Madrid si stava preparando ad inviare nella regione.

La violenza contro il clero

Molto si è discusso sulla violenza cieca che i minatori avrebbero esercitato sui nemici di classe e in particolar modo su religiosi e uomini di chiesa. Testimonianze rilasciate negli anni successive da religiosi (vediStoria della Repubblica e della guerra civile spagnola di Tunon de Lara) confermano come in moltissimi casi i rivoluzionari difendessero e proteggessero i religiosi che si trovavano nei conventi, rispettando i simboli della loro religione e in alcuni casi procurando loro anche del cibo. 
La violenza che ci fu, dovuta a secoli di oppressione che il proletariato subiva ad opera dei possidenti e spesso dello stesso clero, fu dunque una vicenda riconducibile a singoli episodi e non la linea politica dei rivoluzionari. La rivoluzione attecchì anche tra i militari, come dimostrano episodi come l’assalto all’arsenale ad Alicante da parte dei marinai, o ad Oviedo i novecento soldati che, pur assediati dai rivoluzionari, rifiutarono di sparare sulla folla come era stato loro ordinato dai superiori.

Il governo si affida all’esercito

Il governo convocò i generali Goded e Francisco Franco e li incaricò, in qualità di capi di stato maggiore, di dirigere le operazioni per la repressione. I due generali accettarono, a condizione che fossero utilizzate le truppe scelte africane. Proposta che venne accettata subito dal governo. Le Asturie facevano paura e per questo il colonnello Aranda fu incaricato di creare un dispositivo di truppe lungo un arco di cinquanta km, dalla Galizia fino a Valencia, per evitare che truppe di rivoluzionari si recassero in altre regioni a cercare appoggi e sostenitori. Intorno al 10 ottobre iniziarono i bombardamenti aerei, mentre a Gjion continuavano ad arrivare navi che trasportavano legionari e regulares africani.

I mori scatenati come truppe di occupazione

Le truppe guidate da Franco e Goded avanzavano a fatica, incontrando una strenua resistenza da parte dei lavoratori insorti. Ma, seppur lentamente, le truppe scelte dell’esercito spagnolo conquistavano casa dopo casa, villaggio dopo villaggio. Il 18 ottobre 1934 il generale Lopez Ochoa inviò dei messi a Sama per trattare la resa. Bellarmino Tomas, portavoce del comitato provinciale, accettò la proposta di resa, purché le truppe africane non entrassero alla testa delle truppe che conquistavano le città.

La proposta venne accettata solo dal generale Ochoa, non dal ministero della guerra. Le truppe della legione straniera e i regulares mori si comportarono come “un esercito straniero vincitore che gode delle sofferenze dei vinti”. (H. Thomas, pag. 87) La repressione fu durissima; le fonti parlano di centinaia di morti (il numero varia dai 400 ai 2000), con centinaia di uomini e donne imprigionati nelle case del pueblos, trasformate da luoghi di incontri in luoghi di detenzione del proletariato. Molti abbandonarono le città e si rifugiarono sulle montagne, per continuare la lotta armata.

FONTE: StoriaXXISecolo.it/Maurizio Attanasi

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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