6 ottobre 1972: ucciso il primo dirottatore italiano, Ivano Boccaccio

AGGIORNAMENTO – Il primo dirottamento “italiano” è passato alla storia come l’impresa solitaria di Ivano Boccaccio che vi perse la vita. Ma il capo della cellula nera udinese Vincenzo Vinciguerra racconta un’altra storia. Il commando era composto anche da lui e due camerati mai identificati. LEGGI TUTTO

ivano boccaccio

Ivano Boccaccio, 21 anni, ex paracadutista, si imbarca il 6 ottobre sul Fokker dell’ATI in partenza alle ore 17 dall’aeroporto di Ronchi, destinazione Bari. Ha in una valigetta un paracadute acquistato in Svizzera da Vincenzo Vinciguerra assieme a Carlo Cicuttini, che lo ha fatto piegare presso l’aeroclub di Udine. Tutti e tre sono ordinovisti. Boccaccio ha con sé pure la pistola Luger di Cicuttini, una bomba a mano ed indossa una parrucca bionda.

Ad un certo punto del volo, minacciando i piloti, li costringe a rientrare a Ronchi e chiede, per liberare i prigionieri, un riscatto di 200 milioni di lire ed un aereo a disposizione. Nel corso della serata i passeggeri verranno liberati in cambio di un rifornimento di kerosene, ma anche l’equipaggio riuscirà a lasciare l’aereo e Boccaccio verrà affrontato dalla polizia e ucciso nel corso del conflitto a fuoco. “Ucciso lui non si scopriranno mai più i retroscena dell’impresa. Per il potere un comodo morto in più” .

I collegamenti con Peteano

In casa di Boccaccio la polizia trova un giornale del 1° giugno con i particolari della strage di Peteano. Cicuttini verrà giudicato in contumacia e condannato durante un processo lampo. (…) Una bobina registrata alla torre di controllo dell’aeroporto riporta le trattative con Boccaccio prima della sua morte. La voce del fascista ex paracadutista – afferma chi ha ascoltato quella trattativa concitata – ricorda stranamente un’altra voce.
“Senta, vorrei dirle che la xe una machina…”. La bobina non viene allegata agli atti del processo, rimane chiusa alla torre di controllo. Il processo non chiarì perché Boccaccio fu ucciso nonostante le trattative. Per gli inquirenti nessun collegamento tra Ronchi e Peteano .

Il processo ai complici

Gianni Flamini ipotizza che Boccaccio ed i suoi intendessero chiedere la liberazione di Freda, o forse avessero agito soltanto per autofinanziamento. Al processo di 1° grado (che iniziò, lo ricordiamo, due giorni dopo la morte del brigadiere Pezzuto), nel corso del quale il PM Alessandro Brenci dirà “le implicazioni politiche di questo fatto non ci riguardano”, Cicuttini verrà condannato a 14 anni e Vinciguerra prosciolto. In 2° grado verranno condannati invece ambedue ad 11 anni.

Il giudizio di Vinciguerra

“L’episodio di Ronchi prosegue la logica dell’attentato di Peteano dovendo fornire quel supporto finanziario necessario per poter essere realmente indipendenti e permettere una presa di contatto con ambienti italiani e stranieri. (…) L’attentato di Peteano e l’episodio di Ronchi sono da considerarsi due episodi di un unico tentativo, per quanto isolato e disperato, di spezzare la logica perversa di cui avevo amaramente e faticosamente preso coscienza dal febbraio 1971 all’ottobre del 1972” .
Un unico commento a queste affermazioni: il “tentativo isolato e disperato” di Vinciguerra ha causato la morte di quattro persone, nonché anni di carcerazioni e sofferenze agli innocenti ingiustamente accusati della strage.
FONTE: La Nuova Alabarda

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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