In morte di Adel Smith: il cattivo perfetto ai tempi dello scontro di civiltà
È morto a 54 anni per una grave malattia Adel Smith, noto per la battaglia contro la presenza di simboli sacri in edifici pubblici, culminata nel 2003 con il lancio di un crocifisso dalla finestra dell’ospedale dell’Aquila. Nato ad Alessandria d’Egitto da padre italiano e madre egiziana, viveva a Ofena(L’Aquila). “È stato un coraggioso, ha utilizzato gli strumenti dell’ordinamento giuridico italiano per portare avanti le sue battaglie su principi di libertà” ricorda il suo avvocato Dario Visconti.
Così l’Ansa ha annunciato la scomparsa di un fugace protagonista del carrozzone mediatico, proiettato alle luci della ribalta per il suo quarto d’ora di celebrità da Bruno Vespa, che lo chiamò a coprire il ruolo del “musulmano cattivo” nei giorni terribili dello scontro di civiltà. Tra le tante battaglie combattute dal “nemico del Crocifisso” c’è anche quella per la libertà di plagio, praticato con assoluta ineffabilità. Lo ricorda, in un lunghissimo post sul suo blog, Miguel Martinez:
Luglio 2004 – Un nuovo aggiornamento a questo articolo su Adel Smith è inevitabile dopo aver visto il suo libro, Iddio maledica l’America – Carchitti (RM), Edizioni Alethes, 2003. A mano a mano che sfogliavo la copia che mi aveva prestato un amico, notavo qualcosa di familiare. Infatti, a pagina 172 Adel Smith scrive:
“L’impegno dei cosiddetti “cristianosionisti”, che raccolgono circa cinquanta milioni di simpatizzanti all’interno dell’unica potenza rimasta attualmente sulla terra, assume molte forme, dalla pressione sistematica sui candidati…”
Somiglia in maniera sorprendente a questo mio brano, che si trova sul mio sito:
“L’impegno dei cosiddetti “cristianosionisti”, che raccolgono circa cinquanta milioni di simpatizzanti all’interno dell’unica potenza rimasta attualmente sulla terra, assume molte forme, dalla pressione sistematica sui candidati…”
Da pagina 171 a pagina 177, il testo di Adel Smith coincide con il mio anche nelle virgole. Da pagina 179 a 187, coincide invece con un articolo di Roberto Giammanco, sempre sul mio sito. Poi per due pagine, ri-coincide con il mio articolo…Ora, queste pagine non citano mai nè la fonte nè l’autore. Eppure sono corredate di tante note a piè di pagina… che coincidono con quelle a piè di pagina del mio sito.Ora, i casi sono tre.
Prima ipotesi: telepatia. Sarebbe un caso davvero notevole – nemmeno Uri Geller si è mai vantato di saper trasmettere 16 pagine con il pensiero, senza sbagliare una virgola.
Seconda ipotesi: io e Giammanco abbiamo plagiato il testo di Adel Smith. Non so se una persona sana di mente lo farebbe, comunque tutto è possibile. Solo che i nostri articoli sono usciti entrambi su riviste, prima di venire messo sul sito; il mio è comparso su Movimenti Religiosi Alternativi”, n. 29. Dovrei controllare la data, comunque si tratta più o meno del 1998. L’articolo di Roberto Giammanco è uscito invece su Hortus Musicus, No. III, anno 2002. Il libro di Adel Smith è uscito nel mese di aprile 2003.
Terza ipotesi. Siccome Adel Smith è un cultore delle denunce, non potrei mai pensare che possa aver plagiato dei testi senza citare né la fonte né l’autore, spacciandoli per suoi.Per cui l’unica possibilità è proprio la telepatia.
Martinez non si limita a sbeffeggiare il plagiaro ma, con il suo consueto acume, smonta il dispositivo di “fabbricazione del mostro” e mette alla berlina anche gli opposti estremisti del “fronte cristianista”, mostrando la reciproca funzionalità:
Personalmente non credo che Adel Smith sia pagato per recitare il ruolo del musulmano che tutti i crociati e guerrafondai di questo momento sognano. C’è una spiegazione più semplice – e forse anche più preoccupante – di questo caso così assurdo. Le informazioni sono libere, in una società democratica, per permettere a ogni cittadino di arrivare a una decisione ragionata. Ma cosa succede se le informazioni diventano semplicemente uno spettacolo, che da una parte impone la volontà del dominante sul suddito, però dall’altra si prostituisce al cittadino stesso, conformandosi a tutti i suoi desideri di divertimento, di eccitazione, di paura? In questo caso, l’informazione è semplicemente un gioco e una merce. Alcuni devono faticare da matti per inserirsi nel gioco, e quasi tutti finiscono sospinti nell’anonimato. Ci sono però alcuni attori poveri, che sanno come inserirsi in questo gioco, ottenendo risultati a volte incredibili. Il trucco sta nel parassitare eventi maggiori, presentandosi come il cattivo perfetto. È quello che fa Adel Smith, cavalcando l’islamofobia, l’isterismo bellico, il razzismo, il “cristianismo”, il suprematismo occidentale che in questi giorni si stanno scatenando in una folle sabba, che unisce tutto il gusto di una guerra ben fatta all’assenza assoluta di pericolo reale: la guerra di Disneyland, che riporta innumerevoli migliaia di afghani alla polvere e alla pietra, ma che per noi è soltanto un agitarsi di bandiere e sani istinti omicidi. Adel Smith, che normalmente sarebbe solo il personaggio più pittoresco di Ofena, uno tra mille e mille eccentrici d’Italia – dal caro vecchio Pierluigi Ighina che bombarda la Luna con cannoni di cartapesta, a Carl William Brown che spamma tutto Internet con le sue opere poetiche e i suoi aforismi – diventa il Capro Espiatorio della nazione, trascinato alla distruzione, ma intanto viene addobbato di nastrini mentre si avvia verso la rupe da cui verrà scagliato giù, le-‘Azazel, “per il demone Azazele”, affinché si distragga e non porti testimonianza contro Israele.
In questo gioco degli specchi ha finito per essere incastrato un discreto numero di militanti di Forza nuova che, andati a contestare uno dei suoi teatrini televisivi, a Verona nel gennaio 2004, finirono per malmenarlo ed essere arrestati. Proprio da quella vicenda prese il via, anni dopo, una mia intervista a Paolo Caratossidis, all’epoca coordinatore nazionale del movimento neofascista e organizzatore dell’incursione:
umt: Da quel che so tu hai una particolare consuetudine con i temi del processo politico…Che pensi della violenza politica?
pc: Il caso Smith è l’esempio del processo politico moderno. Non mi possono condannare per violazione della legge Mancino (discriminazione religiosa), quindi ci prendiamo tutti 2 anni (sotto appello) per violazione di domicilio aggravata. Pensa te: un reato da ammenda pecuniaria sanzionato con una condanna da rapina. E’ incredibile l’ipocrisia che si respira nelle aule di tribunale. Le risse sono il risultato di una realtà in cui uno anche per fare un semplice volantinaggio è costretto a impegnarsi nell’organizzazione di un’autodifesa. Sarà anche brutto da dire ma l’Italia è ancora fratturata e il ricorso alla ‘violenza politica’ è tuttora in voga nell’acquisizione degli spazi. Il dibattito non è mai stato democratico ed i numeri contano. Lo so io, lo sanno a sinistra e pure a destra.
Diversa la lettura che all’epoca dette un altro leader della destra radicale, Paolo Signorelli, che così linkò la sentenza sul crocifisso dell’Aquila e la rissa di Verona:
un magistrato provinciale in cerca di facile notarietà ha sentenziato che legge vuole che si rimuovano i crocefissi dalle aule scolastiche di Ofena. Dinanzi all’affronto “magistrale” tutti sono improvvisamente diventati cristiani. Tutti quelli che si sono ben guardati in altro tempo di censurare le “sentenze creative” del Partito dei Giudici che inseguiva la via giudiziaria al potere costruendo teoremi sulla pelle degli antagonisti.
Ancora una nota: il signore che ha provocato il sentenziare dell’ineffabile giudice aquilano è quel tale Adel Smith – abruzzese doc con qualche stilla di sangue scozzese nelle vene – che per motivazioni per nulla ideali da anni gioca a fare il provocatore islamico. Trovando gli imbecilli che abboccano e che gli offrono di farsi pubblicità a buon mercato. Come accadde a Verona quando i giovanotti di Forza Nuova lo aggredirono nel Palazzo in cui concionava minchiate facendolo passare per vittima della brutalità razzista e per martire di un Islam che è – storicamente, religiosamente e culturalmente – altra cosa a fronte delle miserabili recite smithiane. Noi difendemmo quei giovani dalla canea mediatica e poliziesca. Non certo per il non merito del loro agire.
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