L’antropologia di CasaPound. Goffredo Fofi e il rapporto tra ribellione e violenza
Mi ha molto impressionato la lettura di un’inchiesta/saggio di Maddalena Gretel Cammelli, sociologa, sui Fascisti del terzo millennio, edito da “ombre corte”, una piccola casa editrice di Verona che merita attenzione per le sue scelte, di una delicata commistione accademico-militante. (…) Il sottotitolo del libro della Gretel è Per un’antropologia di Casa Pound, e tutti ormai sanno cos’è Casa Pound e le preoccupazioni che ha destato e continua a destare in chi segue la cronaca politica del nostro Paese, un luogo romano che ha ramificazioni altrove, e che raccoglie giovani di fede fascista molto attivi e spesso molto turbolenti. Ma che, almeno nei suoi fondatori e dirigenti, ha dimostrato di avere molte ambizioni per l’appunto intellettuali. Su di esse il libro riflette a partire da dichiarazioni e interviste con i giovani neofascisti, da cui il prefatore Jonathan Friedman deduce, scoprendo l’acqua calda, che il fascismo «lungi dall’essere totalmente estraneo all’ideologia occidentale è piuttosto una parte di essa». Più interessanti sono le considerazioni sue e dell’autrice sulla vicinanza di certe spinte alla ribellione contro l’ordine di cose esistenti che, nel tempo, hanno finito per far sembrare vicine le motivazioni “di destra” e quelle “di sinistra” dei giovani più inquieti e irrequieti. (…)
La ribellione dei giovani fascisti somiglia in questo, nelle modalità organizzative e nelle azioni che ne conseguono, ad altre ribellioni che affermano valori diversi. E siccome, almeno in Italia, non esiste che in misura minima una ribellione di sinistra con ideali più forti e giustificati, va da sé che la proposta neofascista ha molte chance, e può attirare molti giovani. Anche, purtroppo, per quel che ancora conserva di culto della violenza. Rattrista e preoccupa che i giovani non attuino altre forme di ribellione – per esempio quelle nonviolente e, in genere, quelle che esprimono e praticano una immediata solidarietà con quelle parti della società che sono abbandonate a se stesse dal sistema di potere oligarchico. Solidarietà attiva, organizzata, coerente di fini e di mezzi, “politica”. Aperta al dialogo, ma pronta all’azione chiarificatrice ed esigente. Sì, “ribellarsi è giusto”, come è sempre stato giusto, contro le ingiustizie del potere, ma bisogna anche scegliere il tipo di ribellione, ragionare su cosa si intende per giusto, e qui, sul rapporto tra fini e mezzi, le distinzioni devono essere ancora molto nette.
Goffredo Fofi, uno degli intellettuali di punta del 68, da Quaderni Piacentini a Lotta Continua, ci delizia oggi con un pezzo sull’Avvenire, giornale della Conferenza episcopale italiana, in cui prendendo spunto da un saggio di antropologia politica su CasaPound rivendica il principio del “ribellarsi è giusto” ma, ovviamente, con juicio e sin violencia … E quindi ci sembra giusto ricordare all’esimio che le cose non stanno proprio così, che mettere le mani avanti sulla violenza inficia tutte le successive specificazioni, mentre nel suo caso la pratica politica rispecchia la parabola del sesso (dall’oralità all’oralità): dal pacifismo giovanile alla Dolci al buonismo neofranceschiano… E il grande critico cinematografico sembra ignorare che CasaPound ha un massiccio settore di attività sul fronte del volontariato …
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