«Schiaffi a Fini? Contestazione democratica» Parla lex stuntman, in carcere 20 volte – Corriere.it
«Schiaffi a Fini? Contestazione democratica» Parla lex stuntman, in carcere 20 volte – Corriere.it.
L’incipit: – L’appuntamento è a metà pomeriggio, di fronte alla stessa chiesa – la Basilica di San Marco – dove Gianfranco Fini è stato oggetto della durissima contestazione (sputi, lanci di oggetti, manate e stampellate) dei «camerati» accorsi al funerale di Pino Rauti.

Bruno Di Luia, 70 anni, ex Avanguardia nazionale, scende da uno scooter: jeans, scarpe da ginnastica, casco nero. Sorride: «Non ti conosco, potevi anche essere un compagno che mi sparava», dice al cronista.
umt: Anche a via Solferino leggono Fascinazione
Vincenzo Vinciguerra: “I nomi dei fratelli Bruno e Serafino Di Luia saranno fatti, insieme a quello di Luciano Luberti, dalla moglie di Armando Calzolari che li indicherà come gli assassini del marito, ma l’accusa non avrà seguito e l’indagine giudiziaria si concluderà con il verdetto di “omicidio a carico di ignoti””.
http://andreacarancini.blogspot.it/2011/12/vincenzo-vinciguerra-piazza-fontana-ed.html
Vincenzo Vinciguerra: “Ma, nella storia dei militanti di “Avanguardia nazionale” non c’è solo la mancanza di alibi nel pomeriggio del 12 dicembre 1969, ci sono anche comportamenti individuali che fanno presumere una responsabilità collettiva, un coinvolgimento più ampio di quello circoscritto a Delle Chiaie e Merlino, degli uomini di Junio Valerio Borghese.
Ci sono delle fughe all’estero che non trovano giustificazioni in provvedimenti restrittivi della libertà personali o, perfino, in meri avvisi di garanzia o in citazioni per deposizioni testimoniali.
È il caso, per seguire un ordine cronologico, della fuga all’estero dei fratelli Bruno e Serafino Di Luia, entrambi militanti nel gruppo diretto da Stefano Delle Chiaie.
Come abbiamo visto nelle pagine precedenti, i due fratelli non si limitano ad espatriare, ma evidentemente spaventati dall’idea di essere coinvolti in un fatto di estrema gravità come la strage di piazza Fontana, lanciano avvertimenti minacciosi e ricattatori anche attraverso le pagine de “Il Corriere della sera” (5 marzo 1970), fino a richiedere quindici giorni dopo al questore di Bolzano, “se non ricercati”, un incontro con un funzionario del servizio segreto civile”.
Ibidem.