16 novembre 1952: muore Charles Maurras. Il fascismo come ideologia francese

Charles Maurras, morto il 16 novembre 1952, è la figura chiave per chi riconosce nel fascismo un’ideologia francese. La tesi suggestiva e potente è dello storico israeliano Zeev Sternhell. Al suo volume “La destra rivoluzionaria”, scritto una ventina d’anni fa, dedicò una lunga riflessione Pietro Ottone, nelle pagina di la Repubblica. Qui vi ripropongo la seconda parte:

Il fascismo, lo sappiamo, non è soltanto uno stratagemma per gestire un certo stadio di sviluppo in un paese arretrato. Esso rappresenta piuttosto una fase dell’ evoluzione culturale e politica dell’ Occidente, una fase che si colloca nell’ ultimo quarto dell’ Ottocento e nella prima metà del nostro secolo. Sulle sue matrici ha scritto un bel libro Zeev Sternhell, docente di Scienze politiche all’ università di Gerusalemme, La droite révolutionnaire, ora tradotto in italiano con lo stesso titolo, La destra rivoluzionaria (editore Corbaccio, pagg. 499, lire 48.000). Il libro è la parte centrale di una trilogia, il cui primo volume si intitola Maurice Barrès e il nazionalismo francese, e il terzo Né destra né sinistra.

L’ epicentro è in Francia. A partire dagli ultimi decenni dell’ Ottocento, una folta schiera di filosofi e di scrittori, di storici e di uomini politici, da Renan a Taine, da Barrès a Maurras, da Sorel a Bertrand de Jouvenel, ha preso le distanze dal retaggio della Rivoluzione dell’ Ottantanove, e dall’ illuminismo e dal positivismo che l’ hanno generata; ha contestato le due grandi ideologie che hanno dominato il secolo, liberalismo e socialismo; e “alla società frammentata e atomizzata delle democrazie liberali – così scrive Sergio Romano in una nota introduttiva – contrappone una società organica in cui i cittadini sono legati l’ uno all’ altro dalla comunanza delle tradizioni e dei ricordi. Alle illusorie teorie ugualitarie della democrazia repubblicana contrappone una nuova sociologia, fondata sulla realistica constatazione che i protagonisti della lotta politica sono sempre le élites, vale a dire una minoranza energica, dinamica, dominatrice”. Ecco dunque l’ ideologia che ispirerà il fascismo; essa ha matrici francesi, anche se in studiosi non francesi, quali Pareto e Gentile, troverà elaborazione e arricchimento.

Né mancano in Francia i movimenti politici che si ispirano a questa visione del mondo: la Ligue des Patriotes, les jaunes, l’ Action francaise. Sternhell ne documenta ampiamente l’ attività e i pronunciamenti, il razzismo, l’ antisemitismo. In certi momenti, durante la breve comparsa del generale Boulanger e quando scoppia l’ affare Dreyfus, sembra che i gruppi politici che si ispirano all’ ideologia protofascista guadagnino terreno, che prendano il sopravvento. Ma la destra conservatrice e liberale regge; i rappresentanti della destra rivoluzionaria sono sconfitti.

Bisognerà aspettare il crollo del 1940 perché, per una breve stagione, prevalgano. “Il regime di Vichy – citiamo ancora Sergio Romano – non è la maschera opportunistica con cui una parte della Francia accetta, in attesa di tempi migliori, il vincitore tedesco.
E’ la ‘rivoluzione nazionale’ con cui la destra radicale e autoritaria francese si propone di curare i mali e i vizi del paese.
Comprendiamo meglio, grazie alla tesi di Sternhell, perché Charles Maurras abbia definito la sconfitta, nel 1940, una ‘divina sorpresa’ : agli occhi del fondatore dell’ Action francaise essa apre finalmente la strada al rinnovamento radicale della nazione”.

Dobbiamo dunque inquadrare il fenomeno del fascismo in un vasto scenario europeo. Riassumiamo: le strutture tradizionali, le istituzioni ottocentesche stentano ad adattarsi alle nuove esigenze sociali. Nascono nuove idee, nuove teorie, nuove proposte, che hanno maggiore o minor successo secondo la maggiore o minore solidità dell’ ordine esistente. In Francia occorrerà lo scossone dell’ ultima guerra perché “quel grande fiume sotterraneo” che era l’ ideologia antidemocratica trionfi: ma nelle circostanze penose della disfatta.

In Italia e in Germania era bastata la Grande Guerra per dare spazio a questi movimenti. Nasce così il fascismo, che nei diversi paesi assume aspetti diversi, culturali e politici: l’ aspetto mistico e romantico, scrive Sternhell, quello che costituisce una morale e un’ estetica, è diverso da quello pragmatico e tecnocratico, manageriale, “planista” e neosocialista (che serve a gestire, osserviamo noi per riallacciarci all’ introduzione di queste note, un certo stadio di sviluppo). Ma sempre di fascismo si tratta. Tutto questo ha in Francia la sua origine culturale, che risale, come si è detto, agli ultimi decenni del secolo scorso. “Il fascismo francese – conclude Sternhell – si presenta come un fenomeno autonomo, dotato di radici proprie e senza alcun debito verso l’ estero. Se ci sono state delle imitazioni, è stato da parte degli italiani, Mussolini compreso, che sono venuti a cercare ispirazione presso i sindacalisti rivoluzionari e i nazionalisti francesi”. Vogliamo dire che ai francesi lasciamo volentieri la primogenitura?

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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