In proud and glory di Paolo Virno, operaista napoletano

E un altro fratello maggiore se n’è andato. Ho conosciuto Paolo Virno nell’estate del ’74, a Capri. Per me e i miei sparuti compagni, autonomi con la a molto minuscola, era già un mito: un dirigente di Potere operaio. Nato a Napoli, ma cresciuto a Roma. Racconterò presto quell’incontro e il suo seguito, perché è un nodo di storie in cui si arravogliano molti dei miei passaggi politici, passati e futuri. Ma sono ricordi personali di 50 anni fa e mi serve qualche riscontro. Il secondo aggiornamento di questo post-omnibus comincia proprio con il contributo di Augusto Illuminati che parte da una bella immagine di Paolo appoggiato alla stele di Lenin a Capri. A seguire il blocco dei ricordi di Paolo il sovversivo, tutti presi ieri da facebook

Augusto Illuminati

Paolo Virno, un protagonista della scena intellettuale europea

Sotto il monumento di Lenin a Capri, l’isola a lui carissima, luogo abituale di bolscevichi eretici, per ricordare un momento lieto e vitale. Paolo Virno è stato uno dei protagonisti della scena intellettuale europea, forse il più grande, certo quello a cui mi sono sentito più vicino. Filosofo del linguaggio e della politica (come avrebbe riso di questa compartimentazione accademica), prima ancora pensatore e militante, fabbricante di concetti che ricavava dall’esperienza collettiva in cui era immerso, ormai senza più identificazioni ma senza mai rinnegare nulla e nessuno. Amando e disprezzando secondo la giusta misura. Le sue acquisizioni su esodo, moltitudine e virtuosismo sono definitive, per quanto è possibile alla nostra fragilità e al flusso degli eventi. Ma molte altre cose si potrebbero dire e le stanno dicendo i suoi compagni di movimento e di studio. A breve distanza con lui e con Toni sono scomparsi i due punti di riferimento di una generazione e di un movimento. Ne verranno altri, contemporanei a un nuovo movimento di cui per fortuna vediamo i primi sussulti. Un abbraccio a Raissa, ai suoi figli che non ho ancora conosciuto, a quanti gli sono stati vicini negli ultimi giorni. La foto è di Nora Parcu.

Marco Grispigni & Andrea Colombo

Paolo Virno andava sempre “ai resti”

Molto bello, per me, l’articolo di oggi sul Manifesto di Andrea Colombo in ricordo di Paolo Virno.
In quella fine degli anni 80 le pagine culturali del Manifesto erano un giornale nel giornale, un luogo di riflessione e innovazione che cercava di uscire dal lutto e la sindrome da vedove degli anni 70 che dilagava nella ‘sinistra’ sconfitta. Pagine che spesso facevano infuriare i “comunisti duri e puri”, cosi’ come gli eredi del berlinguerismo pronti a transitare verso le magnifiche sorti e progressive delle terze vie blairiane.
Un laboratorio ricco di idee e di spunti nel quale gli scritti di Paolo e di tanti altri compagni e compagne aiutavano a comprendere quello che stava succedendo e soprattutto sarebbe successo.

“Paolo Virno è stato un protagonista essenziale della sinistra rivoluzionaria italiana ed è stato anche redattore indimenticato e indimenticabile di questo giornale. In quei tardi anni Ottanta Paolo era appena uscito da una kafkiana odissea giudiziaria, passata alla storia come «7 aprile». Lo avevano inquisito e messo in galera con accuse ridicole, alle quali non credevano neppure i magistrati, ma per la giusta pur se inconfessabile motivazione: quella di essere un rivoluzionario comunista deciso a sovvertire lo stato presente della cose e convinto che se viviamo è per camminare sulle teste dei re. La diffidenza nei confronti della magistratura democratica, mai incrinata sino all’ultimo giorno della sua vita, nasceva dall’esperienza.
Paolo era approdato al manifesto, nella sezione cultura che allora comprendeva anche gli spettacoli. Però non voleva e non volevamo fare una sezione culturale come tante, neppure se politicamente molto orientata. Miravamo a un vero «controgiornale», capace di guardare quello che l’urgenza della cronaca quotidiana spingeva a ignorare nelle prime pagine: non le acrobazie del Caf, come veniva definito allora l’ultimo direttorio della prima Repubblica, Craxi, Andreotti, Forlani, e neppure le magnifiche sorti di guerre di liberazione lontanissime nello spazio e forse anche nel tempo storico. Piuttosto le trasformazioni radicali delle forze produttive che allora, alla fine degli anni Ottanta, erano ancora in culla. L’emergere di un nuovo proletariato che usava l’intelletto e l’inventiva al posto del corpo costretto alla ripetizione infinita della catena di montaggio. Il paradosso di una società del lavoro salariato che lo sviluppo stesso delle forze produttive aveva reso obsoleta e parassitaria ma dalla quale si stava uscendo mantenendone le regole, perché questo imponeva la sopravvivenza del comando.
Era una sfida ambiziosa che avrebbe portato alla nascita di un periodico, Luogo comune, ma che si combatteva in larga misura anche sulle pagine del manifesto. Chi volesse capire meglio di cosa si sta parlando dovrebbe solo consultare la raccolta degli articoli firmati da Paolo pubblicata due anni fa da DeriveApprodi, Negli anni del nostro scontento. Scoprirebbe una capacità unica di rintracciare le linee essenziali del nuovo ordine sociale costruito negli anni Ottanta , ma anche di tutto ciò che poteva e può minarlo, dove meno lo si andrebbe a cercare: in un film di successo, nei sentimenti dominanti di un’epoca, nel lessico minuto degli «intellettuali».
Quell’ambizione compiutamente rivoluzionaria è stata la cifra permanente dell’azione politica e della riflessione filosofica di Paolo Virno. Anima, a volte apertamente, altre volte come un astuto spettro capace di dissimularsi per incidere più a fondo, i numerosi volumi che ha pubblicato. Tutti, nessuno escluso, mirano alla sovversione del presente, anche quando si concentrano sul motto di spirito o sui limiti del linguaggio. In nessun momento Paolo ha abbassato il tiro, adattandosi alla mesta missione di rendere un po’ più giusto il mondo. Sapeva che senza una visione capace di scardinare l’intero ordine non si sarebbe mai arrivati neppure a strappare un salario un po’ più alto. È sempre «andato ai resti».
Per la maggior parte della sua vita, Paolo ha operato nel contesto di una sconfitta della quale era pienamente consapevole ma alla quale non si è mai rassegnato. Era stato militante e dirigente di Potere Operaio, un’organizzazione più influente di quanto le sue dimensioni attestino oggi, nell’epoca quasi preistorica nella quale la rivoluzione sembrava e forse era all’ordine del giorno.
Ma nella sua riflessione la nostalgia non ha spazio e l’armamentario di ieri lo considerava solo un impaccio, salvo che nel metodo ereditato dalla scuola dell’operaismo ma rivisitato e riadattato sino a essere spesso irriconoscibile. Spiava piuttosto qualsiasi segnale indicasse l’emergere di nuove soggettività e nuove visioni, tanto distanti dal bagaglio di ieri da spingerlo a sostenere che oggi non si possa conciliare l’essere comunisti con l’adesione alla sinistra e alla sua tradizione, più dannosa che semplicemente inutile.
Per molti, nei tanti luoghi politici che ha frequentato nella sua vita, Paolo Virno è stato un punto di riferimento, un maestro di pensiero critico tagliente, un compagno e un amico. Per alcuni, come chi lo ricorda oggi in queste pagine, lo era già dai tempi di un liceo romano in cui ci trovavamo insieme e di Potere Operaio. A chi non lo ha mai conosciuto Paolo lascia testi preziosi, che continueranno a essere studiati e soprattutto adoperati come armi contundenti nella lotta di classe moderna. Ma a loro mancherà qualcosa che nessun testo potrà mai riflettere: la generosità proverbiale di Paolo, l’incuria per il denaro ai confini dell’incoscienza, la rocciosa presenza nei momenti di bisogno, l’ironia e l’allegria. Quello, a noi che lo abbiamo conosciuto e amato, non può essere restituito. Ma averlo avuto per grande amico è stato un raro privilegio”.

Effimera

Materiali per conoscere meglio Paolo Virno

La notte del 7 novembre 2025 è scomparso Paolo Virno. Filosofo e intellettuale critico e militante, appartente a Potere Operaio, negli anni Settanta fu indagato nell’ambito dell’inchiesta 7 aprile e poi scagionato da tutte le accuse. È stato redattore di Luogo Comune, rivista che per prima ha scandagliato le trasformazione del lavoro dopo la crisi del fordismo. Filosofo del linguaggio, docente di semiotica ed etica, amato maestro della generazione di Genova, generoso animatore della LUM (Libera Università Metropolitana) e molto altro. Per tutti e tutte coloro che lo hanno conosciuto, frequentato, hanno avuto modo di seguire le sue lezioni e i dibattiti che ha animato si tratta di un lutto grande. Il suo pensiero critico mancherà infinitamente. Effimera vuole ricordarlo con questo breve ma intenso testo di Christian Marazzi, che, in poche righe appassionate coglie l’essenza del ricco, generoso e insieme elegante pensiero di Paolo.
Sotto il ricordo di Marazzi, trovate il video dell’intervento di Paolo Virno alla Conferenza di Roma sul Comunismo a ESC, 18-22 gennaio 2017: “Chi sono i comunisti“.
Domani e nei prossimi giorni aggiungeremo la publicazione di alcuni testi seminali di Virno, a partire dal documento a firma collettiva ma da lui redatto, “Immaterial Workers of the World“, pubblicato sulla rivista DeriveApprodi n. 18, anno 1999, Roma (che tanto ha influito sul dibattito neo-operaista degli anni seguenti), la prefazione al testo di Gilbert Simondon, L’individuazione psichica e collettiva, Derive Approdi, Roma 2001.
Ciao, Paolo. Con grande affetto

Christian Marazzi

L’insegnamento di Paolo Virno: scavare il linguaggio


Dobbiamo scavare marxianamente nel linguaggio, ma nel linguaggio ormai interno ai processi produttivi, il linguaggio messo al lavoro dopo la crisi del fordismo. Così ci diceva Paolo, definendo un programma di lavoro collettivo di lungo corso per costruire le nuove armi della lotta della moltitudine. Convenzione e materialismo è del 1986; è in quel libro che, per la prima volta, si parla del computer come “macchina linguistica”, la tecnologia che ha determinato la svolta linguistica dei processi di digitalizzazione e valorizzazione dell’economia, del mondo, della vita. In parte lo scrisse in prigione, nella cella in cui si trovavano anche Toni Negri e Luciano Ferrari Bravo.

Luciano una volta mi descrisse il ticchettio della macchina da scrivere di Paolo intento a scrivere i suoi testi: lento, con lunghe pause tra una parola e l’altra, come se Paolo accarezzasse ogni lettera, come se ogni parola fosse un corpo in divenire. Sembrava che le stesse ascoltando quelle parole, scendendo nella profondità della loro verità, della loro carnalità. A volte usava parole arcaiche, quasi a significare una storia iniziata da molto tempo, la storia della lotta di classe. Per Paolo l’uso delle parole era una palestra per l’uso della vita, una vita singolare, individualizzata, preceduta da un io collettivo, un sociale presociale, garanzia dell’esistenza politica “dei molti in quanto molti”.

Il collettivo della moltitudine contro il popolo come riduzione all’uno, la fuga dalla sovranità verso la democrazia non rappresentativa. La postfazione a L’individuazione psichica e collettiva di Gilbert Simondon è magistrale, la si legge e rilegge e ogni volta ti sembra di ripartire, di camminare con gli altri, di liberarti con i molti in quanto molti. E quanti sono i testi che Paolo ha scritto per svelare i poteri e i limiti del linguaggio, del linguaggio come azione, quel “fare cose con parole” di John Austin (basta il titolo, diceva) che ha permesso di entrare armati nel tempo della linguisticità monetaria, dell’illusione di una fuga criptata dal centro delle banche: il problema non è il centro, il problema è la forma linguistica del denaro, il suo dominio sulle nostre vite, sui nostri desideri, sui nostri affetti.

Paolo è stato un amico, un fratello, un compagno, una splendida persona. Ci ha presi per mano con discrezione e potenza teorica, con eleganza e passione politica. Paolo, ti abbiamo amato, ti ameremo sempre.

Ida Dominijanni

Così Paolo Virno ci conquistò in 5 minuti

Eravamo nel pieno degli anni Ottanta, dominati da quelli che lui, Paolo, avrebbe definito icasticamente “sentimenti dell’aldiqua”. Il servizio culturale del manifesto era sotto organico. Marco Bascetta pensò a lui. Rossana ci diede una mano, non era facile fare accettare una biografia politica e intellettuale già allora così impegnativa all’ala del manifesto meno simpatetica con Potop e Autonomia. Ma Paolo ci mise cinque minuti a conquistare tutti con la sua classe, la sua intelligenza, la sua passione. Furono anni molto felici, seguiti da separazioni dolorose e ritrovamenti sorridenti. Grazie, Paolo, per quello che sei stato, per quello che ci hai dato, per il pensiero originale e prezioso che ci lasci.

Alberto De Nicola

Un rivoluzionario virtuoso

Quando ho incontrato per la prima volta Paolo Virno, io e la mia piccola banda di amici conoscevamo già a memoria il suo “Virtuosismo e rivoluzione”: per quel capolavoro è passato per molti anni il nostro modo di pensare la politica. Quel primo incontro fu a Roma, in un palazzo occupato a Via Nazionale (il “primo” Rialto), dove lui teneva lezioni sul “linguaggio” in una libera università autogestita e militante. Da quel momento in poi non abbiamo mai smesso di frequentarci, riversando qualche anno dopo a Esc quel primo esperimento di Libera Università Metropolitana. Non dimenticherò mai la sua generosità, straordinariamente umana, né quel suo modo singolare di gesticolare quando parlava. E’ stato un compagno che non ha mai smesso di essere un rivoluzionario virtuoso. Ci mancherà.

7.11.25: per ricordare Paolo Virno

Video Officina Multimediale presso Libreria Altroquando – Roma – 28 marzo 2012. Paolo Virno e Lanfranco Caminiti presentano il libro: Daddo e Paolo l’inizio della grande rivolta

Lanfranco, compagno di cella

E Paolo Virno studiava

di quella cella di rebibbia – marione dalmaviva, lucio castellano, paolo virno e me medesimo – sono rimasto solo io, il più stupido. paolo studiava, marione disegnava vignette, lucio affinava i suoi concetti sociologici, io scrivevo raccontini. e lo strazio che sento oggi, alla morte di paolo – pesante come il monte tai – è indicibile. paolo era luce. perfino nell’orrore di quegli anni.

Una morte collettiva

quella di paolo è una morte collettiva, non è solo la morte di un intellettuale luminoso, di un militante diritto, di una persona generosa e amorevole, di un compagno, di un fratello – in lui si racchiudono le tante biografie che animarono quei meravigliosi anni della rivolta. è quindi la morte di chi già ci ha salutato nel corso di questi anni e di chi rimane qui a officiare il rito collettivo della morte e sta in lista d’attesa. il rito politico della morte. perché a quella, alla battaglia politica, abbiamo dedicato le nostre vite e le nostre morti.

Andrea, compagno di vita

Un sovversivo, un rivoluzionario

Paolo Virno

Paolo Virno, mio compagno e grandissimo amico, è stato nella sua vita tante cose: un filosofo profondo e geniale, un grande giornalista culturale, un docente molto amato, un giocatore di poker magistrale e temibile, un detenuto politico coraggioso, uno sceneggiatore di fumetti pieno d’inventiva, il più divertente nei momenti conviviali. Ma prima e più di tutte queste cose si sentiva un sovversivo e un rivoluzionario. Lo è stato davvero, in ogni riga che ha scritto e fino all’ultimo giorno della sua vita. Se avesse potuto scegliersi una data per quell’ultimo giorno, nessuna gli sarebbe piaciuta più del 7 novembre. Ciao Paolo, ciao compagno.

Peter, compagno del Manifesto

Un vero signore

Non vi sto a raccontare Paolo Virno, non ho davvero le carte per farlo e altri lo hanno conosciuto e frequentato mille volte più di me.
Ricordo però la prima volta, era il 1988, che mi recai in visita al Manifesto. Percorso tutto il corridoio di sinistra e poi gli stanzoni, arrivai allo spazio occupato dalla redazione della Cultura e Visioni e lì trovai seduto Paolo e incrociai il suo sguardo gentile. Fu un buon inizio.

Una cosa però devo dirla: Paolo aveva classe, una gran classe, era un vero signore.
Ciao Paolo e un abbraccio a Nora.
La foto è di Armando Rotoletti.

Bruno, compagno di rivista

Paolo Virno, Freud e l’ironia

Conoscere Paolo Virno per quel piccolo esperimento di rivista allegata al manifesto è stata una delle cose più divertenti e stimolanti fatte negli ultimi anni. La prima volta che lo ho conosciuto è stato in un baretto a Monteverde con Andrea Colombo e Marco Bascetta, per poi avere la fortuna di incontrarlo al giornale con Roberto Ciccarelli e Peppe Il Console e in poche altre occasioni. Discutemmo di violenza e rivoluzione fallita del 77 che interpretava(no) in termini globali, tra movimenti neri negli Stati Uniti e postcolonie e punk a Londra e autonomia in Italia.

Quando gli chiesi cosa fossero le istituzioni del comune mi rispose che in effetti non era chiarissimo neanche a lui. Amante del paradosso, mi consigliò il testo di Freud sul motto di spirito, oltre che quanto scritto da lui sull’ironia. Fu un grande privilegio poter scrivere del concetto di ‘popolo’ accanto a lui che demoliva i luoghi comuni sull’idea di sinistra per l’omonima rivista reloaded che tentammo di fare con il manifesto diretto da Andrea Fabozzi. Il suo antiessenzialismo radicale, l’idea di istituzioni non statali, il pensiero dell’esodo sarebbero ancora molto utili per questi tempi iperidentitari in cui viviamo.

“Chi cerca radici, prima o poi si commuoverà al dialetto di una SS. Un genere di commozione cui sempre inclina chi, nella metropoli contemporanea, coltivi il sogno di una piccola patria immaginaria, da rieditare a viva forza. […] Nonostante tutto, è futile (e alla lunga pericoloso) sbarazzarsi con un’alzata di spalle dell’esigenza di un luogo abituale. […] Ma cos’è, in ultimo, questa abitualità non originaria, non presupposta, di secondo grado? Grossomodo e pressappoco, all’incirca e più o meno, la sua possibilità fa tutt’uno con l’attualità sempre differita di ciò che, da ducento anni, è stato designato con il nome di comunismo”. Paolo Virno, ‘Orrore familiare‘, 1992

Paride, compagno di radio

Un Enzo Tortora celato

Su Paolo Virno, amico e compagno di Ciroma
Il compagno Virno non è più con noi. Ci ha lasciato nel giorno della Rivoluzione d’ottobre. Noblesse oblige.
Filosofo della parola e del segno, profondo conoscitore del mondo e dell’umano, mi poggio ad uno dei suoi libri per descrivere il lutto del momento.

“Abbiamo amici perché siamo stranieri a noi stessi. Proprio perché non siamo identificabili con le nostre facoltà, ma di volta in volte ce ne appropriamo in relazione con gli altri e col mondo, l’amico è il nostro «doppio benvoluto».”

Un compagno generoso Paolo. Capacità di analisi smisurata. Approdo al sapere infinito. Le sue parole hanno profondamente segnato il nostro agire e pensare.
E’ stato uno dei principali bersagli innocenti della macchinazione giudiziaria contro gli autonomi negli anni Settanta.
Il suo 7 aprile inizia il 6 giugno, resta in carcere un anno dal ’79 all’80, poi due anni liberi in cui cura la rivista Metropoli. Due anni ancora di carcere, questa volta negli speciali più duri.
Viene condannato a 12 anni in primo grado, un anno di arresti domiciliari. Poi l’assoluzione (insieme a tanti altri imputati del 7 aprile) fu nell’87, la conferma nell’88.
Paolo Virno è stato un Enzo Tortora celato della Repubblica.
E’ stata una nostra fortuna averlo amico e compagno alla tavola della nostra Ciroma per discutere e capire il luogo comune e il mondo.
Saggio e divertente Paolo.
Ha anche arricchito molto il pensiero critico degli studenti dell’Unical insegnando filosofia del linguaggio, semiotica ed etica della comunicazione.
Molto amato dai suoi studenti.
Una mente raffinata quella di Paolo. Una bella persona che giocava molto bene a poker.
Una talpa che ha sempre scavato cercando esodo.
Ti sia lieve la terra compagno Virno.

Carla, compagna di Napoli

Quel reportage su Banchi Nuovi

Che cosa incredibile è stata la rivista Metropoli – scritta tra il ’79 e l’ ’81, con più della metà dei redattori già dietro le sbarre per il processo 7 aprile, e l’ altra metà che ci sarebbe finita dopo la pubblicazione dei primi numeri, che contenevano una visionaria graphic novel sul rapimento Moro.
Un pezzo di storia culturale di questo paese troppo spesso dimenticata, che andrebbe studiata e sfogliata nelle università e nelle aule dei collettivi, per chiedersi come si fa ad immaginare il possibile – a disegnarlo, mapparlo, scriverlo in rima- quando la repressione sembra aver trionfato.

Ed è su queste pagine che – si può dire, forse con qualche colpevole ritardo – gli operaisti si accorgono di essersi lasciati sfuggire qualcosa del Meridione nella decade precedente, che nelle pieghe del non lavoro si è scritta una pagina che va messa in relazione – non in opposizione – alla centralità operaia.
Lo fa Paolo Virno, che si reca a Napoli a sviluppare questo indimenticabile reportage sui Disoccupati organizzati di Banchi Nuovi, in cui risuona la voce della città sfuggita ai canoni della fabbrica eppure – come scrivere nell’ editoriale dello stesso numero Franco Piperno – che non ci parla del passato, ma prefigura semmai “la Milano prossima a venire”.

Indimenticabili le voci delle disoccupate organizzate a cui il reportage dà ampio spazio, che segnalano un momento importantissimo nella trasformazione – anche in termini di genere – nel movimento.
Una delle cose che mi hanno indirizzata e influenzata di più in questo piccolo percorso di studi degli ultimi 10-15 anni, che non mi stanco mai di citare e raccontare ai più giovani che si interessano di Meridione. Una gemma di storia meridiana che si dovrebbe insegnare nelle università e che è colpevolmente rimasta di nicchia.

A partire da quell’ incipit sempre maledettamente attuale, un programma metodologico che ci ricorda, tra le altre cose, che il piano delle rappresentazioni e del linguaggio non è altro, ma proprio quello su cui si intesse la lotta per l’emancipazione dalle grammatiche altrui:
Dello scandalo di Napoli fa parte il modo in cui se ne parla“.
Grazie a Paolo Virno, il filosofo, il compagno, l’operaista napoletano.

Roberto, compagno di Potop

Paolo Virno, il cucciolo

Fine giugno 1997. Parigi. Toni Negri, Andrea Morelli, Luca Casarini, Paolo Virno, Judith Revel (nascosta dal testone di Paolo), Piero Despali, Franco Piperno e Roberto Giuliani.

Stanotte ci ha lasciato Paolo Virno. Se n’è andato il 7 novembre, il giorno della Rivoluzione. Abbiamo combattuto con te questa ultima impari battaglia. Sei arrivato tanti anni fa e per noi di Potere Operaio eri “cucciolo”. Sei stato un grande amico, un fratello, un compagno prezioso, un coraggioso sovversivo di razza e poi un profondo e raffinato filosofo. Hai dato molto a molte generazioni di giovani compagni. E per noi il Cucciolo è diventato un amorevole maestro. Resterai per sempre nei nostri cuori e nelle nostre riflessioni. Ci mancherai. Ci mancherai molto. ciao Paolo.

Chicco, compagno di passeggio

Paolo Virno, carte e fiches

Buon viaggio Paolo Virno. C’è chi ti ricorda filosofo ma io ti ricordo quando capitava di incontrarti che giravi con un sacchetto con dentro due mazzi di carte e le fiches in cerca di qualcuno con cui mettere su il tavolo da poker…

Claudio, compagno di squadra

Presidente, mio presidente

Cominciano ad essere troppi quelli con cui, all’epoca dei fatti, prendevo l’aria “all’aria” e che non trovo più intorno a me. Con molti di loro ho giocato a calcio e spesso imprecato, con altri inventato un campo da tennis per lunghe partite pallettare o girato in tondo chiacchierando di liberazione, ovvero del più del meno, nel recinto sterrato del G8. Dovrei ormai averne maturata una qualche rassegnata ragione a questo andazzo infame eppure ogni volta che mi squilla triste il telefono, per quanto attesa e temuta, la notizia brutta è sempre brutta e mai sono pronto ad accoglierla. Paolo è stato maestro e amico, suggeritore di buone letture e avversario di doppio (lui, per disciplina di cella, ostinato sempre a scendere sul terreno in coppia con Marione), scrittore e filosofo e altro ancora. E’ stato pure mio presidente di club quando marzo dell’83, soluzione politica più lontana e complicata del secondo scudetto della Roma, lanciammo a Rebibbia il I Torneo dell’Insurrezione. Primo e unico. Il nome della squadra, Getaway, lo scelse lui e, per quella volta, quell’Insurrezione la vincemmo pure. Che la terra ti sia lieve carissimo Paolo, un abbraccio ai tuoi cari, un bicchiere di rosso per te

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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