25 ottobre 1952: nasce Pancrazio Chiruzzi, re dei rapinatori
Il solista del kalashnikov
Su Wikipedia troviamo la sua biografia : …” Pancrazio Chiruzzi è considerato uno dei più pericolosi criminali del Nord Italia, insieme all’amico Alfredo Pistone. Protagonista di crimini svoltisi nell’arco di un trentennio, è considerato un maestro della vecchia malavita torinese. Nato in provincia di Matera, inizia l’attività criminale dopo il suo trasferimento a Torino, nel 1970. L’apertura del fascicolo d’indagine risale al 3 marzo 1971, registrando due rapine in banca e un furto d’auto: Chiruzzi aveva 19 anni.
Criminale indipendente e pianificatore meticoloso, si pone a capo di varie bande e si specializza nelle rapine a mano armata. Il massiccio uso di armi automatiche, gli frutta il soprannome di Solista del kalashnikov. Nonostante fosse solito portare a termine i colpi senza sparare, è condannato in secondo grado per l’omicidio di Amedeo Damiano
Una trama romanzesca
Sul blog che porta il suo nome, PAN,( era così chiamato dagli amici), troviamo la figura di un uomo a tutto tondo che spazia da pensieri intimi e considerazioni alle sue vicissitudini personali e giudiziarie.
Repubblica gli dedica un articolo in occasione della lavorazione di un film che racconterà la sua vita: Mirada criminal : “… D’altronde basta scorrere la biografia di Pancrazio Chiruzzi per capire che la sua vita criminale segue una trama romanzesca. Originario di Bernalda, un paesino in provincia di Matera, approda sul Po negli anni ’70, seguendo il padre autotrasportatore. Bandito lo diventa da ragazzo, dopo il furto di una bicicletta e probabilmente per le cattive compagnie.
“E’ tutto lì, ruota tutto intorno all’amicizia – ricorda ora – per questo posso dire che oggi è tutto finito. Avevo già deciso di smettere nel ’74. Ricordo bene, era un capodanno. Ormai avevo tutto, ero ricco. Ho continuato per sfida, contro tutto e tutti. In quei momenti ti senti leggero. E’ impossibile descrivere quella sensazione. Sai di giocarti la vita ma vivi un’emozione unica…”.
Un rapinatore internazionale
Per anni Pancrazio Chiruzzi che gli amici chiamano Pan ha vissuto organizzando assalti a banche e furgoni blindati. Facendo dell’indipendenza uno stile: non si è mai legato a nessuno, né alla mafia né alla malavita organizzata. Ha fatto rapine in Svizzera, Germania, Francia ed Austria. E sempre con un gusto irrefrenabile per la battuta. Negli anni ’70 agli agenti che lo arrestavano per i colpi all’estero disse: “Ma se sono l’unico di questi tempi a riportare i soldi in Italia…”.
Per vendicare l’amico Carlo Sgura, ammazzato, secondo lui, a sangue freddo dalla polizia svizzera, si accanisce contro le banche elvetiche. “Mi hanno detto che ancora oggi aspettano monsieur Chiruzzi“, dice. Anche la polizia gli riconosce un’etica “professionale” che lui riassume così: “Non ho mai voluto drogati nella banda, perdono la testa e fanno macelli, né chi aveva un’amante. Ho sempre controllato io il “gruppo di fuoco” perché la prima preoccupazione è quella di evitare di ammazzare qualcuno“.
I suoi colpi impossibili
E’ stato soprattutto un grande organizzatore di colpi impossibili. “Si parte dalla scelta dell’obiettivo – spiega – da quel momento ti muovi come un automa, attento anche al minimo passo come se sospettassero di te ancor prima del colpo. E studi, anche tre mesi se necessario: modalità di intervento, spazi di reazioni delle scorte, vie di fuga che devono essere almeno tre. Insomma fare una rapina è come girare un film in cui tu, rapinatore, se il regista che assegna le parti.
Un film però che deve essere girato solo se ha in lieto fine. Per organizzare un buon colpo ai miei tempi ci volevano almeno cento milioni di lire, non tutti se lo potevano permettere. Spendevo quaranta, cinquanta milioni al mese solo per le spese. Per i sopralluoghi soprattutto, in un anno ho fatto 200mila chilometri. E per le armi. Le prendevo all’estero, non mi fidavo di quelli che le vendevano qui, spesso erano poliziotti sotto copertura. Infine le auto, macchine rubate anche dieci mesi prima…”.
Tutto questo però ormai per Chiruzzi sono solo ricordi. “Ad un certo punto ti prende la nausea appena infili i guanti – dice – ho vissuto a modo mio ed ho pagato con quasi mezzo secolo di galera. Ora voglio vivere una vita normale da uomo libero…”
Fonte: Tra cielo e mandarini/Giuseppe Melillo
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