19 novembre 1969: scontri a Milano, muore l’agente Antonio Annarumma

Il suo nome non è fra quelli che tornano subito alla mente quando si evocano gli Anni di piombo. Quella miscela di tensioni sociali, estremismi e terrorismo  ha segnato un’epoca della storia italiana. Furono 428 i morti e 2.000 i feriti (la stima non è ufficiale) fra il 1969 e il 1988. Antonio Annarumma, agente delle Guardie di Pubblica Sicurezza fu ucciso il 19 novembre 1969 a 22 anni, durante gli scontri di via Larga a Milano. Solo 40 anni dopo gli hanno assegnato alla memoria una Medaglia d’oro al merito civile. Un caduto per “i più nobili ideali di spirito di servizio”  recita la motivazione del riconoscimento tardivo, senza peraltro essere mai riusciti a conoscere i responsabili della morte. Un giovane del Sud di quelli che  Pasolini difese chi riteneva che indossando una divisa si diventasse automaticamente ‘servi del padrone’. 

Ucciso con un tubo di ferro

Un servitore dello Stato per la cui scomparsa non c’è un responsabile e non c’è una dinamica chiara. Anzi. Quanto accadde quel mercoledì di novembre a Milano nel 1969 resta ancora oggi per molti versi da ricostruire. Fin da subito, le versioni, anche della stampa, divergevano. Ma su un punto l’autopsia e le indagini non lasciarono dubbi. Antonio Annarumma è stato ucciso con un tubo di ferro usato come lancia che gli ha sfondato il cranio. Lo colpì “con violenza alla regione parietale destra, poco sopra l’occhio, procurandogli una vasta ferita con fuoriuscita di materia cerebrale”. Questo sostiene la perizia dei medici legali Caio Mario Cattabeni, Ranieri Luvoni e Romeo Pozzato. Mario Capanna, leader della protesta e tra i protagonisti della vicenda, contesta questa certezza

La magistratura non è mai riuscita a stabilire se Annarumma morì perché colpito al capo da un corpo contundente lanciatogli contro o perché, andato a cozzare alla guida del suo automezzo, batté mortalmente la testa.

Una morte senza colpevoli

Di quello che accadde intorno a mezzogiorno a Milano quel mercoledì in quel punto di via Larga non c’è nemmeno una documentazione di immagini.
Poche le foto, legate ai momenti immediatamente successivi all’urto tra il gippone OM52 portato dall’agente 22enne e un altro automezzo delle forze dell’ordine. Una Campagnola AR59 impegnat nella manovra di ‘carosello’ messa in atto per disperdere i manifestanti, . Di un filmato che immortalava l’accaduto fatto dalla televisione francese Ortf non c’è più traccia. Anche la documentazione dell’autopsia sparì per un periodo, poi fu ritrovata.
Quindi, quando a gennaio 1970 si aprì un processo a carico di 11 dei 19 arrestati, la corte meneghina dovette esprimersi solo per resistenza a pubblico ufficiale e per i danni ingenti di quella mattina di violenze di piazza, non per un omicidio.

Una violenza comunque organizzata

Quelle violenze si svilupparono secondo un copione che ancora oggi si ripete. Troppi i momenti di protesta concentrati in un solo luogo. Il comizio sindacale al Lirico, l’università occupata, i due cortei dei marxisti e degli anarchici, la confluenza di due manifestazioni. Fu molto probabilmente casuale l’incidente che innescò il corpo a corpo tra manifestanti e forze dell’ordine. Una camionetta urtò un gruppo di manifestanti e una ragazza cadde. Resta la presenza all’interno della protesta di militanti organizzati per gli scontri. I manifestanti usarono mazze e molotov, evidentemente preparate prima. Avevano strumenti per prelevare sanpietrini e pezzi d’asfalto dalla strada. Solo l’uso dei tubolari di ferro da un cantiere in via Larga poteva essere pensato al momento.

La rabbia dei colleghi

La rabbia dei colleghi di Annarumma si tradusse il giorno successivo alla sua morte in una protesta in caserma che l’allora presidente del Consiglio Mariano Rumor e il ministro dell’Interno Franco Restivo dovettero minimizzare in un comunicato stampa ufficiale. Ma la rabbia si potè leggere davvero il giorno dei funerali, il 22 novembre, a Milano. Mario Capanna si presento’ in chiesa. Lo salvò un giovane commissarioc dell’Ufficio politico, Luigi Calabresi. Lo prese sotto braccio e lo sottrasse di fatto a un linciaggio. Ventitré giorni dopo la morte di Antonio Annarumma si aprì la stagione del terrore a piazza Fontana.  

FONTE: AGI/Lucia Licciardi, 18 novembre 2016

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.