E’ morto Franco De Martis. I ricordi di Padula e di Scalzone

Continua l’anno orribile della compagneria romana, di un certo tipo di compagneria romana. Dopo Enrico Villimburgo, Luigi Novelli, Salvatore Ricciardi, ieri è finita la lotta con il cancro di “Franchino” De Martis. Il suo percorso politico ce lo racconta, in una testimonianza raccolta da “Insorgenze“, Sandro Padula, che con lo storico militante dell’Alberone ha condiviso un pezzo di strada, tra i comunisti libertari.

Padula: una vita da compagno

Lui compagno lo è stato sin dai quattordici anni quando leggeva “Eros e civiltà” e “L’uomo a una dimensione” di Herbert Marcuse, “Il Muro” di Jean Paul Sartre, “La psicologia di massa del fascismo” di Wilhelm Reich o allorché andava alle feste proletarie con i coetanei e fissava negli occhi le ragazze di cui s’innamorava.
Lo è stato quando, dopo la strage di Stato del 12 dicembre 1969 nella Banca dell’Agricoltura di piazza Fontana a Milano, lottava per la liberazione di Valpreda, Gargamelli, Borghese e altri compagni anarchici ingiustamente accusati di quel gravissimo crimine.
Lo è stato quando, nella zona sud di Roma, organizzava la resistenza contro le provocazioni dei neofascisti, ad esempio davanti all’ingresso del liceo classico Augusto o di fronte a quello del liceo scientifico XXIII.
Lo è stato quando, assieme ai compagni studenti e ai lavoratori dei trasporti della Stefer del deposito di via Appia, metteva in fuga i neofascisti che frequentavano la sede del Movimento Sociale Italiano di via Noto.
Lo è stato quando visse prima un’esperienza con la Federazione Comunista Libertaria e poi un’altra nella più vasta area dell’Autonomia Operaia Organizzata.
Lo è stato quando partecipava alle lotte per la casa e per l’autoriduzione delle bollette della luce e a tutte le manifestazioni di internazionalismo proletario e rivoluzionario.
Lo è stato quando, nei cortei del 1977, mentre a livello politico dominavano la Democrazia Cristiana, la formula governativa della “solidarietà nazionale” e il “farsi Stato” del PCI, distribuiva gratis centinaia di opuscoli con la traduzione del “Piccolo manuale della guerriglia urbana”, un testo scritto nel 1969 dal rivoluzionario brasiliano Carlos Marighella.

Scalzone: insieme a Parigi

Fin qui Sandro Padula poi, ci spiega, si erano persi di vista. Lui clandestino nelle Brigate Rosse, fino all’arresto, alla fine del 1982 e l’ergastolo, finito di scontare qualche anno fa. “Franchino”, invece, rifugiato a Parigi. E in nostro soccorso arriva Oreste Scalzone che ci ricorda invece quell’esperienza:

«Posso dire, che da subito mi apparvero, una trentacinquina d’anni fa quando li conobbi, di quelli/e che anarchia, comunismo, rivolta, solidarietà attiva, l’hanno vissuto e vivono ‘come si respira’. E che distinguo, più specifiche appartenenze, etichette pur fondate, semanticamente, teoricamente pertinenti e di cui loro erano edotti, tutto questo hanno posposto a una pratica di vita, un’apertura curiosa, una grandezza che con termini desueti si poteva chiamare ”generosa” ed altruistica (‘egoaltruistica’, certo, perché c’è anche il piacere del ‘rispetto di sé’, ‘amor sui’, su una linea di condotta fatta di tanti punti, sempre consistente su un piano d’immanenza, in ogni ‘qui-ora’ : una ‘filosofia pratica’, altrimenti detta «etica» nel senso di Spinoza e come lo spiega anche ”ai pargoli” Deleuze, con quell’espressione ”tentare di essere all’altezza di ciò che ci accade”, che ci accade intorno).

Franco&Nuccia, Nuccia&Franco – conosciuti nella loro stagione e condizione di fuggiaschi, ”profughi d’Italia alla ventura”, fuoriusciti, latitanti scampati alla muta di Stato che bracca, e rifugiatisi nel precario ”esilio” in Francia – erano già a Parigi forse prima di noi, certo già in quel tumultuoso (pieno di ‘tumulti anche dell’anima’) ‘novecent’ottantadue’. Abbracciarono subito la linea di condotta del ”tutt’e[cioè]ciasc’1”, ‘tout-un-chacun’, con quanto ne seguiva, e ne seguì.
Pagarono anche personalmente ”con gli interessi” il fatto che – ospiti nel senso, diciamo passivo, di ‘ospitati’, accolti – non potevano non essere a loro volta anche ospiti nel senso ‘attivo’, di ‘ospitanti’ : accoglienti, attivamente solidali.

Tante cose negli anni di Parigi…. A cominciare dalla conoscenza della ‘cerchia’, il rizòma di gente della loro pasta – valga per tutti, al solito, Gérard* ||…| ; dalle fedeltà profonde (ho nella retina la loro cura, delicata, nei confronti di Fernando Del Grosso* già vecchio, malato, infragilito come ora noi…) ; dalle aperture curiose ed empatiche. E le manifestazioni, gl’incontri, le assemblèe, i picchetti e i volantini… E l’ esperienza di Trilogos, scuola di lingua e cultura e lingue di genti di ”dove il ‘Sì’ suona”, con compagne e compagni di esperienze, provenienze e orizzonti diversi».

Le cerimonie dell’addio

Dopo l’esilio, il rientro in Italia, l’impegno ancora al fianco dei movimenti di lotta e dei centri sociali, la generosa ospitalità (ne beneficiammo anche Oreste e io, in un’occasione abbastanza complicata) come dimensione essenziale del rapporto umano.

Giovedì 3 settembre dalle ore 11.45 alle 13 presso la camera mortuaria dell’ospedale San Giovanni Addolorata di Roma (via di Santo Stefano Rotondo 5); dalle ore 14 alle 16 presso il laboratorio sociale Centocelle (ex Casale Falchetti) in viale della Primavera 319 b.
Sarà ovviamente necessaria la massima attenzione alle norme di distanziamento fisico e l’uso della mascherina.
Mercoledì 16 settembre alle 17,30 verrà ricordato a Parigi nel cimitero Père Lachaîse, davanti al Muro dei Federati.

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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