20-21 giugno 1975, Bergamo: un giorno di battaglia tra operai in lotta e polizia
La corrente aveva portato in dote a Senza tregua anche un consistente gruppo di militanti della sede di Bergamo: operai di piccole fabbriche e studenti che avevano come principale ambito di intervento politico la Philco di Brembate, “i cui operai diventano il simbolo dell’autonomia della classe operaia bergamasca e rappresentano una delle punte di maggior combattività operaia nazionale.”
Già a partire dal 1974 gli operai della Philco avevano dimostrato una grande capacità di portare la propria forza all’esterno della fabbrica e porsi come punto di riferimento per tutte le lotte operaie della zona: nel mese di settembre, nel corso della lotta contro la cassa integrazione erano usciti dalla fabbrica dirigendosi verso la Prefettura ed occupandola: “hanno travolto un cordone di poliziotti che sbarrava il portone, sono saliti negli uffici mentre centinaia di compagni stazionavano nel cortile, bloccando una trentina di PS in assetto di guerra. Da una finestra è stato esposto lo striscione del CdF. della Philco.”
Nell’aprile del 1975, -non si sottolinea mai abbastanza quanto il 1975 fu un anno cruciale per le lotte operaie e per la radicalizzazione all’interno di esse di una linea e una suggestione nei confronti dell’innalzamento del livello dello scontro- gli operai della Philco iniziano una lunghissima occupazione della fabbrica per lottare contro la programmazione di 160 licenziamenti e il ridimensionamento dell’azienda.
Si costituisce il Comitato di lotta che allestisce una tenda per fare propaganda a favore della lotta.
Il 20 giugno viene dato il via libera allo sgombero della tenda, ormai diventata il punto di organizzazione di tutte le lotte operaie a livello provinciale. Avvengono violentissimi scontri fra operai e polizia che si protraggono per sette ore.
Questa è la ricostruzione dei fatti operata da Gianni Maj, ai tempi uno dei leader operai della Philco:
“Il motivo alla base della mobilitazione era la lotta contro 62 licenziamenti annunciati dalla direzione. Abbiamo occupato la fabbrica, materialmente, e siamo usciti dalla fabbrica, nel senso che abbiamo montato la tenda. Sapendo che ci sarebbero state le elezioni, volevamo piazzarla in Piazza Vittorio Veneto, dove solitamente si svolgevano i comizi politici elettorali. Ma ce lo volevano impedire, cioè venivano da noi i vigili a implorarci di fare i bravi, che lì non era possibile. Volevano impedire il disturbo al rituale dei comizi, ma noi volevamo piazzarci lì proprio per quello, anche per impedire che certa gente, i fascisti, MSI e compagnia, venisse a parlare lì.
Alla fine decidemmo noi di cambiare piazza, ma mica per le pressioni dei vigili… La tenda l’abbiamo poi montata dove c’è il monumento, di fronte al Teatro Donizetti, zona centrale di Bergamo.
Noi dicevamo ai lavoratori che essendo sotto elezioni non dovevamo temere nulla, perché nessun partito sotto le elezioni si sarebbe preso la responsabilità di attaccarci, dovevamo temere il dopo. Infatti due giorni dopo le elezioni sono venuti a distruggere la tenda… Ma il pomeriggio stesso c’erano in piazza 4000 persone a protestare contro il Comune e la polizia, la sede della polizia è stata distrutta …
Lo sgombero della tenda è avvenuto così: vennero i vigili alle 5 del mattino e distrussero la tenda. Io gliela giurai e dissi: “questa la pagate!”. Infatti poi alle 16 c’erano più di 4000 persone in piazza, per dimostrare che non ci facevamo mettere i piedi in testa! Vennero anche tanti impiegati, lottavano con noi e come noi. Ma soprattutto furono le masse popolari a sostenerci, a mobilitarsi: non è bastata la polizia di Bergamo, hanno dovuto fare arrivare la polizia da Como e da Milano, poi hanno chiamato anche i fascisti con le loro moto. E gli operai gli mettevano letteralmente i bastoni fra le ruote! Dalle case venivano buttate giù bottiglie e piatti contro la polizia. I vigili nei giorni seguenti minacciavano, dicevano che l’avevamo fatta grossa… Ma di fatto per un periodo erano loro ad avere paura e non volevano più farsi vedere in giro in due come al solito, ma li vedevi per strada come minimo in quattro, perché avevano paura di prenderle! A Bergamo la polizia se la ricorda ancora la mobilitazione in solidarietà con la tenda operaia…”
Fu una lotta durissima, che formò l’ìmmaginario collettivo di una intera leva di militanti di sinistra, nel corso della quale gli operai della Philco oltre ai blocchi ripetuti della strada provinciale nei pressi della fabbrica, occuparono il comune di Bergamo, gli uffici dell’Unione industriale, bloccarono il passaggio del Giro ciclistico d’Italia, si scontrarono duramente coi crumiri e con i carabinieri. Ci fu anche l’aggressione fisica nei confronti di un avvocato che patrocinava dei crumiri in alcune cause contro operai imputati di violenze nei picchetti.
Il 10 luglio si conclude la lotta, sostanzialmente con una sconfitta operaia ratificata dai sindacati che siglano un accordo che accetta che da 160 si passi a 125 licenziati con alcune misure incentivanti a favore dei licenziati. Il Comitato di lotta si schiera contro l’accordo ma non ha la forza per riaprire la vertenza.
Da quel momento la storia della Philco sarà la storia di repressione, ristrutturazione e licenziamenti, con una resistenza operaia che non raggiungerà più gli apici del 1975.
FONTE: Enrico Galmozzi, Figli dell’officina, 2019, Derive & Approdi
PS Il 26 marzo 1976 un commando armato ferirà un dirigente Philco davanti ai cancelli della fabbrica
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