6 novembre 1981: fallisce la trappola del Sisde per Giorgio Vale

giorgio valeDopo la «fucilazione» di Straullu e Di Roma, la polizia colloca il gruppetto nero in cima alla lista dei ricercati. E non solo. Entrano in scena anche i servizi. Uno dei dirigenti del Sisde di quel periodo, dietro garanzia dell’anonimato, ha accettato di raccontarmi questa storia:
Dopo la morte di Straullu la polizia è incazzata. Quello scempio, quell’uso di armi da guerra, lo sfracellamento della testa… Insomma, così non si può andare avanti: i Nar vanno neutralizzati. Ci chiamano e chiedono aiuto. In quel momento ignoriamo che Alibrandi e Sordi sono tornati dal Libano e che sono rientrati nel vecchio giro. Ma siamo certi che del gruppo faccia parte Giorgio Vale. Così ci dividiamo i compiti. Chi si concentra sulla Mambro, chi su Cavallini, chi su Vale. A me spetta proprio lui. Comincio a studiarlo. Recuperiamo le sue foto, anche quelle da bambino. Poi passiamo all’azione. Entriamo in casa dei genitori e piazziamo delle microspie. Sentiamo tutto quello che dicono da una base là vicino. Un giorno parlano con il fratello che dice: «Giorgio sta bene, l’ho visto e sentito. Tutto a posto». Così, dopo l’agguato a Straullu, decidiamo di muovere le acque. Due settimane dopo l’assalto dei Nar, insieme alla Digos, andiamo al Torrino, prendiamo una Renault 5 rubata, ci versiamo dentro del sangue di vacca, poi spariamo a raffica sul lunotto posteriore e la abbandoniamo là. Il giorno dopo la Digos chiama i giornalisti e racconta che quella era un’auto dei Nar, che c’era stata una sparatoria con la polizia, che uno di loro era rimasto ferito e che, quasi sicuramente, si trattava di Vale. La notizia esce sulle agenzie e compare sui quotidiani del giorno dopo. E le acque si muovono. I genitori sono preoccupati, parlano con il fratello, che dice: «Ora chiamo e vedo che sta succedendo». Lo seguiamo e vediamo che parla con un tizio che non è Vale. Poi torna a casa e dice di aver parlato con suo fratello. Capiamo che il tizio è l’intermediario, così lo pediniamo. Scopriamo chi è e dove abita, dalla targa della macchina. Intanto il fratello di Vale riferisce ai genitori: «Ma quale ferito, Giorgio sta benissimo. Stanno tutti bene». Hanno dei livelli di sicurezza altissimi. quando qualcuno di loro bussa alla porta, gli altri chiedono chi è e lui, per farsi riconoscere, deve dare due nomi di battesimo che cominciano con l’iniziale del giorno. Che so, se è martedì dice che è Maurizio e Michele, se è giovedì dice che è Giuseppe e Giovanni… Passiamo tutte le informazioni alla Digos. Ma dopo un paio di mesi ci rispondono che probabilmente abbiamo sbagliato identificazione, perché il presunto intermediario non c’entra niente con i Nar. Fa piccolo spaccio di droga, lo hanno intercettato al telefono e non ha mai parlato con Vale. Io dico: «Cazzo, ma pensate che Vale quando chiami lo faccia con il suo nome?»
E intanto il tempo passa… Quando i giornali diffondono la notizia della sparatoria al Torrino e del ferimento di Vale, i Nar si preoccupano e, anche per tranquillizzare famigliari e camerati, decidono di diffondere un comunicato di smentita:
Nuclei Armati Rivoluzionari Smentiamo la nostra partecipazione alla sparatoria con i mercenari della Digos avvenuta a Roma la mattina del 6/11/’81 e i vari episodi conseguenti che gli idioti quanto incapaci questurini ci vogliono attribuire. Nessuno di noi è ferito e tantomeno morto, anzi godiamo, per nostra fortuna, di ottima salute e siamo pronti a continuare la nostra strada dove non ci sarà pietà per questi luridi torturatori e per chi vuol far carriera sulla pelle dei camerati. Sapremo in ogni caso ricordare tutto ciò che è stato fatto contro le forze rivoluzionarie. Ps: A riprova dell’autenticità di questo comunicato, annettiamo i numeri di matricola dell’M12 preso agli sbirri di guardia all’ambasciata dell’Arabia Saudita: AM07661-77.
Francesca Mambro: Io feci subito sapere ai miei che ero viva, e lo stesso fece Giorgio. Forse io mi mossi in maniera più prudente e non riuscirono a scoprirmi… Ma è chiaro che, dopo le accuse di Sparti contro me e Valerio dell’aprile ’81 su Bologna, a loro facevamo più comodo morti che vivi. Secondo lei chi c’è dietro le «confessioni» di Sparti se non la Digos di Roma? E secondo lei, se avevano deciso di accollarci la strage di Bologna, non sarebbe stato più semplice per loro ucciderci tutti e poi dire: «Abbiamo beccato gli autori della strage ma sono morti. Caso chiuso»? Sicuramente con noi vivi avrebbero (e hanno) avuto più problemi nell’accusarci e nell’incastrarci…

FONTE: Il piombo e la celtica/Nicola Rao

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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