Il massacro di Orlando: non ci resta che coltivare il dubbio

Omar Mateen, il pistolero di Orlando è stato descritto dalla sua ex-moglie come non solo qualcuno che era mentalmente instabile, ma anche come uno che ha lottato con l’abuso di droga, una confusa identità sessuale, e come qualcuno che non ha mostrato segni di radicalizzazione religiosa. L’Fbi ha detto che Mateen aveva espresso legami con al-Qaeda ( sunnita ) e con i nemici di al-Qaeda, gli Hezbollah sciiti. Chiaramente questa tragedia non tratta di un uomo che cerca la religione, ma di una persona malata in cerca di violenza.

Così, l’American Herald Tribune ci porta nel cuore del problema, invitandoci a guardare non all’Islam ma a noi stessi. Mateen era un bisessuale represso, frustrato da un padre bigotto ossessivo e beveva molto. Quel locale dove ha fatto una carneficina senza precedenti nella storia americana lo frequentava per rimorchiare gay. No, decisamente non era un devoto. E poi si è scelto come maestro religioso un ex marine rapinatore per 15 anni al soldo dell’Fbi. A questo punto verrebbe da chiuderla qui cavandosela con un pistolotto sullo schema di gioco freudiano dell’ossessione come mancato riconoscimento e rifiuto di sé. Eppure negli States, per il massacro di Orlando, sia le autorità sia i massimi esperti di delitti dell’odio (i combattenti contro l’antisemitismo dell’Adl, i difensori dei diritti umani del Splc) insistono sulla pista del terrorismo interno, che a loro dire si integra con l’hate crime: “Anche se i dettagli stanno ancora emergendo -ha dichiarato Jonathan Greenblatt, direttore dell’Adl – un attacco all’importante club gay di Orlando ha tutti gli indicatori di un crimine di odio ingiustificabile sia di un atto di terrorismo su scala che non abbiamo mai visto prima in America”. A complicare ulteriormente le cose il fatto che, nonostante gli evidenti segnali di disturbo (la separazione violenta dalla moglie) e di pericolo (i due viaggi in Arabia Saudita), continuasse a svolgere regolarmente un lavoro che è riduttivo definire di guardia giurata. Perché, come spiega Maurizio Blondet,

La G4S è una multinazionale britannica, una grande agenzia  paramilitare  (anzi, la dicono più grossa delle stesse forze armate britanniche)  che offre servizi di sicurezza e sorveglianza;  quindi si ritiene che  selezioni con cura il suo personale. Come può  garantire “scurezza” se prima non assume personale “sicuro”? Orbene, una tale ditta assume  nel 2007 come guardia giurata un Omar S. Mateen,  e se lo tiene,  nonostante costui sia stato due volte in Arabia Saudita (nel 2011 e nel 2012, per i pellegrinaggio a La Mecca), e sia stato indagato due volte dall’FBI come potenziale minaccia islamista,  anche se poi l’inchiesta (dicono oggi) fu chiusa perché non risultava nulla di concreto. Proprio vero?

Inquietanti anche i rapporti che questa multinazionale della sicurezza ha con Israele. Prosegue infatti Blondet:

Aiutando Israele a gestire 5 prigioni e centri d’interrogatorio,  la G4S partecipa alla tortura e all’incarcerazione di oltre 600 mila palestinesi (…) La G4S ha anche un contratto con il governo israeliano  per fornire materiale e servizi ai posti di blocco del muro dell’Apartheid,  i punti di passaggio che   forzano l’assedio di Gaza e le stazioni di polizia israeliane. Guardie della G4S operano in varie basi militari israeliane.

No, qui il mio amato Occam non spunta da nessuna parte. Una spiegazione semplice, lineare, non contraddittoria per la carneficina di Orlando non è attingibile. E allora non ci resta che coltivare laicamente il dubbio, abbandonando l’illusione di poter risolvere l’enigma in tempi brevi …

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

2 Comments on “Il massacro di Orlando: non ci resta che coltivare il dubbio

  1. Ugo, coltivare il dubbio come dici tu è necessario. Le tv americane in questi giorni (riportando fonti dell’FBI) hanno affermato che Mateen aveva giurato fedeltà all’ISIS (pledged allegiance, dicono loro). Era un tipo dalla personalità certamente disturbata, ma l’elemento di fanatismo religioso ha giocato un ruolo che io dico determinante. E di contorno ci sono le reazioni italiane alla strage: io trovo il titolo dell’Huffington Post di ieri del tutto proprio. Tu?

    • Dino, mi pare evidente già dalla tipologia umana degli jihadisti franco-belgi come l’Isis e il suo network siano diventati il contenitore di dropout e soggetti variamente borderline i cui stili di vita poco hanno a che vedere con l’integralismo religioso

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