3 ottobre 1981: l’eroismo dei prigionieri dell’Ira piega la Thatcher
Gli scioperi della fame [dei prigionieri politici irlandesi] cominciarono alla fine degli anni ’70, ma il più tragico e memorabile fu quello di Bobby Sands, inaugurato il 1 marzo 1981 e terminato con la sua morte, il 5 maggio, a soli 27 anni (qui un breve video dei funerali). Tra il maggio e l’agosto dello stesso anno, a Long Kesh morirono di fame dieci hunger strikers.
I letti sui quali si spensero sono ancora lì, nell’ospedale del carcere. Li ospitano celle che hanno conservato il loro squallore, mentre nelle nude corsie della struttura, sotto un velo di polvere, resistono al tempo i carrelli, dove erano contenuti farmaci e droghe per alleviare le sofferenze dei detenuti, le chiavi, che chiudevano le porte blindate delle stanze, prigioni nella prigione, le lavagne, sulle quali veniva registrata entrata e uscita, a volte senza più vita, dei degenti.
L’odio irriducibile della Thatcher
Lo sciopero della fame dei giovani repubblicani non piegò l’animo di ferro di Margaret Thatcher, Il 6 maggio dell’81 dichiarò: “Il signor Sands era un criminale, condannato a scontare la sua pena. Ha scelto di togliersi la vita. E’ stata una scelta che la sua organizzazione non ha mai lasciato alle sue vittime”.
Parole dure, che spinsero molti alla militanza armata. Anche tra i 100 mila che due giorni dopo seguirono il feretro di Sands fino al cimitero di Milltown, nel cuore cattolico di Belfast.
Lo status di prigionieri politici fu riconosciuto ai detenuti di Long Kesh solo il 3 ottobre 1981, quando gli ultimi cinque interruppero lo sciopero della fame su pressione dei loro familiari, dell’esecutivo dell’Ira e di alcuni uomini di chiesa.
Insieme alla possibilità di indossare abiti civili, gli concessero di tenere le chiavi della propria cella e di muoversi liberamente all’interno del loro blocco ‘H’. Del labirinto rimarrà soltanto una minima porzione, il blocco ‘H’ numero 6. Una scatola di ferro compatta e schiacciata, che vista dall’alto sembra l’hard-disk di un computer. Una memoria fisica per gli scettici e i revisionisti che verranno tra cent’anni. Monito di metallo, come Auschwitz lo è stato di mattoni rossi. Come lo è Guantanamo, di cemento e alluminio.
Così finisce un lungo e bel reportage di Peacereporter sull’ex carcere di Maze dove si consumò la tragedia dei soldati dell’Ira. Dei 23 partecipanti 10 persero la vita, 2 dovettero ritirarsi per essersi ammalati, 6 per il cedimento delle famiglie subirono l’alimentazione forzata (uno era arrivato al 70esimo giorno), 5 giunsero a termine. Il reportage è impreciso sulla dinamica finale. Il governo inglese attese qualche giorno per concedere i benefici richiesti, per riaffermare sul piano formale la linea dell’intransigenza voluta dalla Thatcher.
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