26 giugno 1979. Il covo di Battisti e dei Pac in quel palazzo signorile

 I covi – ricordava un articolo del Giorno del gennaio 2019 – non erano solo in periferia: extralusso quello per Cesare Battisti e i complici del Pac, Proletari armati per il comunismo, negli anni ’70. Via Castelfidardo 10, zona Moscova, appartamento intestato a Silvana Marelli dove si riunivano i capi del Pac. Uno stabile, allora come oggi, lontanissimo dall’ideologia pauperista: si tratta di Casa Bosi-Pelitti, costruita nel 1864 su progetto dell’architetto Paolo Tornaghi. La facciata, tuttora splendida, ha rilievi in terracotta, con busti, putti, episodi di storia romana [nella foto di Google Maps]. In questo contesto i poliziotti, il 26 giugno ’79, in una perquisizione trovarono pistole, fucile e bombe a mano. Ne seguì l’arresto della Marelli e di altri quattro, tra cui Battisti, già ricercato per una rapina nel Lazio. Dalla fuga dal carcere di Benevento iniziò la sua lunga latitanza.

La cronaca del blitz

Retata in quattro città: scoperti armi e documenti. L’antiterrorismo a Milano, Padova, Como e Vercelli. Quaranta perquisizioni, cinque arresti, sette fermi. Una «357 Magnum», simile a quella usata in tre assassinii, sarà sottoposta a perizia

MILANO — Il procuratore capo dottor Mauro Gresti ha fornito ieri a Palazzo di Giustizia i nomi delle persone che nella notte tra lunedì e martedì sono state arrestate per costituzione di banda armata, detenzione illegale di armi da sparo, da guerra e comuni, nonché di ordigni ed esplosivi. Sono Silvana Marelli, di 39 anni, traduttrice: Marco Moretti, di 23, disoccupato; Diego Giacomini, di 22, autista; Cesare Battisti, di 25 (che si sarebbe presentato anche con il nome di Giuseppe Ferrari), disoccupato, già colpito da ordine di cattura per rapina e Cipriano Falcone, di 27 anni, impiegato. Queste persone sono state bloccate nell’appartamento intestato alla Marelli, in via Castelfidardo 10; nei medesimi locali — ha aggiunto il procuratore Gresti — sono stati sequestrati una pistola Browning cai. 9; una «357 Magnimi»; un fucile mitragliatore d’assalto Akm cal. 7,62 ; una pistola Beretta cai. 9 modello 51; un revolver cai. 9 special Ctg con relative munizioni, e due bombe a mano di cui una di tipo Ananas. Nei locali c’erano anche 600.000 lire in banconote di piccolo taglio e una somma in monete spagnole.
E’ stata la «357 Magnum» a suscitare maggiore attenzione perché con proiettili esplosi da una rivoltella di questo tipo vennero uccisi l’orefice Pierluigi Torregiani, l’agente della Digos milanese Andrea Campagna e il maresciallo delle guardie carcerarie di Udine, Antonio Santoro.

Alcuni hanno subito dedotto che l’arma scoperta in via Castelfidardo è quella usata per i tre delitti. »E’ un’affermazione del tutto priva di senso», facevano notare ieri i magistrati, .come sarebbe altrettanto gratuito escludere a priori questa possibilità: infatti prima di affrontare questo discorso, bisogna sottoporre a perizia balistica la “357 Magnum” trovata in via Castelfidardo e conoscerne i risultati. Solo allora si potrà ragionevolmente ipotizzare, o escludere, qualsiasi connessione con i tre delitti». Oltre ai cinque arresti, l’operazione condotta nei giorni scorsi dalla Digos e dai carabinieri — contemporaneamente a Milano, Como, Padova e Borgosesia (Vercelli) — ha portato al «fermo» di sette indiziati del reato di partecipazione a banda armata. I nomi sono tenuti segreti, «per non danneggiare la parte di indagine che è ancora in corso».

Gli arresti in Veneto e le 40 perquisizioni

Due dei fermati sarebbero veneti: secondo indiscrezioni da Verona si tratterebbe di Arrigo Cavallina, 44 anni, ex insegnante, e di Enrica Migliorati, studentessa di architettura, ventiseienne, di Malcesine, un paese sul lago di Garda. Di un altro fermato, milanese, il nome è stato confermato dalla magistratura: è Pino Masala, fratello di Marco Masala, uno degli autonomi del quartiere milanese della Barona, arrestati durante l’inchiesta sull’omicidio Torregiani. Marco Masala è tuttora in carcere. Per quanto riguarda gli altri fermati, non si conosce nulla; circolano solo delle «voci» più o meno verosimili, ma in ogni caso, non controllabili. Un altro interrogativo riguarda le perquisizioni: “Sono state quaranta, nelle quattro città interessate”, ha detto ieri il dottor Gresti, aggiungendo che più di una ha consentito il ritrovamento «di materiale anche ideologico giudicato interessante».

FONTE: La Stampa, 28 giugno 1979

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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