Gli omicidi Bifolco ed Esposito. Maledetto un popolo di pm e investigatori tv

bifolco esposito

La sindrome Vespa, l’idea balzana alimentata dal barnum dei “processi in tv” che siamo un popolo di procuratori McCoy e detective Briscoe, fa danni. Soprattutto quando non si tratta di drammi familiari per quanto appassionanti ma di delitti di grande impatto sociale che coinvolgono direttamente masse consistenti di tifosi, come nel caso dei due giovani napoletani Bifolco ed Esposito.

Da ieri sera nei social network impazza la controffensiva di romanisti e supporter delle forze dell’ordine: i primi, a lungo intimiditi dalla ondata di riprovazione del mondo ultras per l’omicidio di Ciro Esposito a Tor di Quinto, possono ora sventolare come un trofeo la superperizia del Racis (600 pagine) che ridimensiona la responsabilità del presunto sparatore De Santis che avrebbe estratto la pistola e fatto fuoco DOPO essere stato pestato e accoltellato all’addome. Non ho schedato nel dettaglio le ricostruzioni a mezzo stampa ma non mi pare una novità assoluta.  Un paio di mesi fa, in un post in cui sollevavo dubbi sulla responsabilità diretta di De Santis nell’omicidio scrivevo tra l’altro:

La prima ricostruzione poliziesco-giudiziaria parla di una rissa (per cui si arriva a chiedere l’arresto dello stesso Ciro Esposito anche in assenza dei tre requisiti necessari per i provvedimenti cautelari: misura respinta dal gip, per fortuna) in cui De Santis circondato e pestato si difende estraendo l’arma e sparando tre o quattro volte. Poi l’arma si inceppa e i tifosi napoletani inferociti lo “castigano”. A questa versione sostanzialmente resta fermo il ministro Alfano che dà per acquisita la verità dei fatti. Ma anche in questo caso gli elementi che smentiscono sono prevalenti

Comunque le vaste schiere degli anti-napoletani esultano e provocano: “vedete, è anche colpa vostra, se non lo massacravate quello mica lo ammazzava”.

Dispositivo analogo si è innescato sul caso del ragazzino ucciso da un carabiniere al rione Traiano, dopo un inseguimento notturno. Anche in questo caso le prime indiscrezioni sull’esame esterno del cadavere sembrano ridare fiato agli amici della legge e dell’ordine alleati con gli indignati dei salotti buoni, quelli pronti a pontificare sul “che ci fa un ragazzino in giro alle tre di notte, colpa anche dei genitori” e non si accorgono che i loro figli tornano a casa alle sei di mattina, sfondati di alcol, di coca e di pasticche…

In questo caso la mobilitazione popolare nel ghetto di Napoli Ovest e il connesso pressing sui social network li aveva messi spalle al muro: le testimonianze diffuse sul colpo alla schiena, il terzo ragazzo che si fa avanti e smentisce di essere un evaso,  le notizie sull’età e la consistente esperienza del carabiniere responsabile avevano costruito una narrazione dominante favorevole alla vittima. Tanto che per placare gli animi il comandante dei carabinieri di Napoli, su richiesta dei dimostranti in sit-in davanti alla caserma, si è tolto il berretto (il cappello è solo quello degli alpini, i parà e i marò usano il basco, zucconi) in segno di rispetto per Donato Bifolco.

In realtà i due principali elementi che emergono dall’esame esterno del cadavere forniscono acqua ad entrambi i mulini:

1. il foro di entrata è nel petto, quindi il carabiniere non ha sparato alla schiena come asserito da alcuni testimoni;

2. il foro di uscita è nella schiena, più in basso, quindi Davide era a terra e si stava rialzando, quindi non era in condizioni di nuocere.

Ci sarà lavoro per gli avvocati e i periti di parte ma intanto la rissa social può continuare…

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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