In ricordo di Jackie l’ultrà: questo calcio non merita i nostri rischi

I funerali di Jacky l’ultrà (Foto La Stampa)

Il funerale di Antonio Marinaro, meglio noto come Jackie l’ultrà, si è concluso con una sorpresa. Colpo di scena recitato dinanzi alla lapide nel Cimitero Parco dove è stato sepolto lo storico leader del gruppo “Fossa dei Campioni”. Asciugate le lacrime delle due sorelle, spenti i fumogeni e cantato l’ultimo coro da più di trecento tifosi presenti, ha preso la parola Libero Robba, 61 anni, uno dei più rispettati volti della Maratona, la curva del tifo organizzato granata.«Sono fiero di averlo conosciuto nei combattimenti e nella vita normale. Il calcio di oggi non merita le nostre fatiche, i nostri rischi. Ci dividono i colori, ma siamo uguali nella nostra fede».

Così la Stampa sui funerali dello storico leader della prima generazione ultrà bianconera. Un funerale di povertà, pagato dal Comune, che si è svolto nelle camere mortuarie del San Luigi, l’ospedale dove si è spento quindici giorni fa Jackie. Un soprannome ispirato al dottore che si trasformava in mostro (la curva era la sua pozione magica) ricorda Massimo Lazzarini, che fu a capo degli Irriducibili:

Era sempre pronto ad aiutarti anche nelle situazioni pericolose. C’era anche all’Heysel dove salvò tante persone. Lo soprannominarono così perché in curva si trasformava come il dottor Jekyl.»

Negli ultimi anni, racconta la sorella Giovanna che abita a Milano, aveva completamente abbandonato il mondo ultrà perché si sentiva un paria nel calcio moderno. Malato e dimenticato dagli amici di un tempo, aveva perso la casa e viveva in una comunità alloggio.

Abbiamo scoperto che era stato ricoverato in ospedale quando ormai era troppo tardi.  Negli anni Ottanta, era molto amico dei giocatori che spesso gli davano una mano. Un giorno mi mostrò un orologio e mi disse che era un regalo di Platini.

Ho appreso della sua fine tristissima, solo e abbandonato (sentendosi tradito e deluso dai suoi, negli ultimi tempi aveva cominciato a tifare Toro, una cosa normalmente impensabile ancor prima che impossibile) dalla bacheca di Beppe Franzo, il fondatore dei Drughi (e leader della fascisteria torinese dalla seconda metà degli anni ’80):

Certo, la sua era una logica e filosofia di vita ‘essenziale’ basata sul paradigma ‘amico-nemico’, dove la Curva Filadelfia era la sua casa, quella famiglia che aspettava per lunghi giorni di poter riabbracciare la domenica o qualche sporadico mercoledì di Coppa. Poi, lentamente, anche per lui la giovinezza svanì, la ruota girò e il set gli venne meno, soppiantato da generazioni di nuovi giovani attori, molti dei quali lo vedevano come un ‘reperto museale’, un individuo bizzarro, la faccia di un tifo ormai desueto. La sua figura urlante con la mazza in mano che roteava con energica decisione sul tamburo, rimarrà nell’immaginario collettivo del tifo bianconero.

E infatti nell’omaggio del “nemico” Robba al “gigante buono” che si spinse da solo ad attaccare in curva Maratona, c’è la misura profonda della totale perdita di senso di certe storie, tra nottate “alle Nuove”, cazzotti ed eroina, nei tempi di un calcio senza “bandiere”, che fa sempre più skyfo. E non c’è il solo impietoso dato cronologico a dircelo ma la consapevolezza di una profonda rottura culturale e sociale. Jacky era figlio di una numerosa famiglia di immigrati lucani, cresciuto nelle case popolari di via Moncrivello. La sua era una Torino di periferia in cui il comando della città azienda veniva quotidianamente attaccato dalle forme tentacolari di un conflitto sociale che trasbordava dalla fabbrica al territorio. Una Torino diversa da quella ordinata e operosa della Ricostruzione e a sua volta altra dalla metropoli postmoderna che oggi vive di terziario avanzato, cultura, turismo … In una città in cui non è rimasto più nulla di quel tessuto sociale e comunitario, è scomparsa anche la dimensione popolare del tifo, in fondo molto ingenuo e perciò sincero, che animava i protagonisti di certe trasferte fatte a proprie spese in cento o di coreografie coi copricurva cuciti dalle madri e dalle fidanzate.

 

 

 

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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