22 maggio 2017: la strage di Manchester e l’odio islamista per la musica
Tre anni fa la strage di Manchester con un kamikaze islamista al concerto di Ariana Grande. Quello dei giovani che si divertono con la musica è un target privilegiato del terrorismo islamista. Ci sono infatti, nei due anni precedenti, altre due carneficine ancor più spaventose: il venerdì nero di Parigi, con il raid al Bataclan e l’assalto di un lupo solitario di origini afghane a un club gay di Orlando.
Di un terrorismo di matrice religiosa (o meglio spirituale) che colpisce i luoghi del divertimento di massa e della “corruzione dei costumi” abbiamo un antecedente significativo, e spesso rimosso, in Italia: Ludwig. Tutta la seconda “fase” di attentati del piccolo gruppo nazi-esoterico con base a Verona attacca queste strutture: il cinema porno a Milano, il pornoshop di Amsterdam, il sexiclub di Monaco, la discoteca nel Mantovano dove catturano Abel e Furlan.
I ragazzini al concerto della Grande
Un anno fa un militante dell’Isis semina la morte a un concerto di teen ager in quella che è passata alla storia come la strage di Manchester: il kamikaze si è fatto esplodere al concerto di Ariana Grande, idolo dei teenager, in una arena affollatissima di giovanissimi e di genitori. Il bilancio è di 22 morti e di 120 feriti. Ci sono anche bambini tra le vittime, la più piccola aveva otto anni. Dodici piccoli gravemente feriti, tutti sotto i 16 anni. L’Isis rivendica l’attentato affermando, tramite l’agenzia Amaq, che uno dei suoi membri ha compiuto l’attacco. Secondo fonti del Times, il kamikaze era tornato dalla Libia da qualche giorno appena.
E’ il peggiore attacco terroristico su suolo britannico dal 7 luglio del 2005 quando a Londra quattro bombe piazzate da Al Qaeda su mezzi del trasporto pubblico uccisero 56 persone, compresi i quattro kamikaze, e ne ferirono 700. Tutto e’ avvenuto verso le 22,30 del 22 maggio al Manchester Arena, subito dopo la fine di un concerto di Ariana Grande – pop star americana 24enne, rimasta illesa – quando un boato ha scatenato il panico fra gli spettatori. Una deflagrazione nella zona del foyer, non lontano dalle biglietterie, subito fuori dall’area degli spalti. La struttura, la più grande arena indoor d’Europa, con una capienza di oltre 21.000 posti, era affollata soprattutto di giovani e giovanissimi.
PARIGI: il venerdì nero del Bataclan
Un attacco terroristico senza precedenti ha assediato Parigi, a meno di un anno dalla strage di Charlie Hebdo, nella notte del 13 novembre 2015. Un commando di attentatori kamikaze ha colpito sei volte in 33 minuti, sparando all’impazzata sulla folla, in strada e nei locali, soprattutto fra giovani che stavano trascorrendo il venerdì sera fuori casa. Un attacco di terroristi senza precedenti in Francia: almeno 129 i morti e oltre 300 feriti, la maggior parte in una sala per concerti, il Bataclan, dov’era in corso un concerto.
A dare il via all’impressionante sequenza di azioni omicide è stato alle 21.20 del 13 novembre 2015 un kamikaze che si è fatto esplodere nella strada che corre lungo lo Stade de France, dove giocava la nazionale di calcio, all’altezza della porta B. Un’esplosione impressionante, rafforzata da perossido di idrogeno con chiodi e bulloni – tutti i kamikaze avevano lo stesso tipo di esplosivo – che ha ucciso all’istante il killer suicida e un malcapitato passante.
L’attentatore aveva un biglietto d’ingresso, ma è stato fermato ai cancelli. Allora si è fatto esplodere mentre tentava la fuga. Pochi minuti dopo esordivano i commando ‘parigini’: la Seat nera della morte si ferma davanti a due ristoranti del XII arrondissement, i killer scendono e sparano all’impazzata contro i ristoranti Carillon e Petit Cambodge, uccidendo 15 persone e ferendone gravemente altre 10. Un minuto dopo, seconda esplosione allo stadio, porta H, muore il kamikaze. Poi, 5 morti alla Bonne Biere, seconda tappa della Seat nera. Pochi minuti e altri 19 innocenti muoiono alla Bonne Biere, terza tappa del tour del terrore. Poi in un locale di boulevard Voltaire, lo stesso del Bataclan, un terrorista si siede al tavolo, ordina da bere e si fa saltare. Si salva, miracolosamente, la cameriera che aveva raccolto l’ordinazione.
Intanto, un commando di 4 terroristi sbarca da una seconda auto, una Polo nera, davanti al Bataclan dove si esibisce il gruppo californiano Eagles of Death Metal, che suona da mezz’ora, minaccia i vigili, fa irruzione nel locale e spara all’impazzata sulla folla. Che all’inizio pensa a effetti speciali. Dura tre ore la presa di ostaggi, con scene di terrore e disperazione e – alla fine – 89 morti.
ORLANDO: la carnefica nel locale gay
Una telefonata al 911 – il numero delle emergenze negli Usa – in cui ha giurato fedeltà all’Isis e al suo leader al Baghdadi. Poi, la notte del 12 giugno 2016, l’ingresso in un night club di Orlando frequentato dalla comunità gay, dove era in programma una serata di musica latina, per perpetrare la strage più grave della storia d’America provocata da armi da fuoco fino al tiro al bersaglio dall’albergo di Paradise (Las Vegas) sul concerto di musica country che fece 58 morti e 489 feriti. Alla fine si contano almeno 50 morti e 53 persone ferite, di cui molti gravi.
Lo Stato islamico ha rivendicato l’attentato definendo l’autore “un combattente” del Califfato. Il killer, ucciso dalla polizia, si chiama Omar Mateen, 29 anni, cittadino americano di origini afghane. Un profilo simile al killer di San Bernardino, originario del Pakistan, e ai fratelli autori dell’attentato alla maratona di Boston, le cui radici erano in Cecenia. Si tratta di giovani in tutto e per tutto integrati nella società americana. Almeno così sembrava.
Omar, nato a New York ed ex guardia giurata, viveva in una cittadina a quasi 200 chilometri dal luogo della mattanza, Fort Pierce. Le testimonianze dell’ex moglie, di un compagno di studi su una sua identità gay e di un dipendente del night club sulla sua frequentazione del locale non hanno trovato riscontri. Certo è che il killer era noto al Bureau: l’Fbi indagò due volte su di lui per terrorismo (e due volte fu interrogato, nel 2013 e nel 2014). Ma anche se fu inserito in una lista di presunti ‘simpatizzanti’ dell’Isis, le indagini non proseguirono.
“Il movente religioso non c’entra nulla, ha visto due gay che si baciavano a Miami un paio di mesi fa ed era molto arrabbiato”, ha giurato invece il padre del killer. Che poi però si è scoperto essere un sostenitore dei talebani afghani. Il killer impugnava un fucile d’assalto e una pistola, e portava con sé un ordigno. Un secondo congegno esplosivo sarebbe stato ritrovato nell’auto dell’uomo. La sparatoria, iniziata all’interno del locale, sarebbe poi continuata fuori, quando una guardia che lavorava nel club ha tentato di affrontare l’aggressore. Quest’ultimo si è ritirato nel retro e ha ripreso a sparare prendendo degli ostaggi. La polizia ha quindi deciso di intervenire ricorrendo a delle ‘esplosioni controllate’ per farsi largo. Almeno nove agenti hanno preso parte all’operazione che è terminata con la morte del killer.
Non capisco perché inserire un’immagine evidentemente derivata da un videogioco per “illustrare” la strage del Bataclan. Assurdo!
Grazie per la segnalazione.