16.9.1920: strage di Wall Street, rappresaglia per Sacco e Vanzetti

Nel settembre del 1920 un attentato alla dinamite nei pressi della Banca Morgan e del N. Y. Stock Exchange causò 33 morti (che divennero 40 nell’arco di un mese) e più di 200 feriti. Le indagini dell’Fbi sulla strage di Wall Street individuarono il colpevole nell’anarchico romagnolo Mario Buda, immigrato in America da una decina d’anni e seguace del gruppo anarchico di Luigi Galleani, in cui militavano anche Sacco e Vanzetti. Le autorità definirono l’attentato “an act of war” e organizzarono la più grande caccia all’uomo della storia degli Stati Uniti.
(…)Siamo a New York, nel 1920 e per l’esattezza il 16 di settembre. La banca Morgan era situata al n°23 di Wall Street. J.P.Morgan aveva acquistato la proprietà nel 1912 dalla famiglia Drexel, suo precedente socio in affari. A stare ai giornali dell’epoca il prezzo pagato, 3 milioni di dollari, costituiva un record per il mercato immobiliare newyorkese. (…) Immediatamente di fronte alla House of Morgan, dall’altra parte della strada, si ergeva già allora quello che è a tutt’oggi considerato il cuore di Wall Street, il famoso Stock Exchange. In altre parole, la Borsa di New York.
Un carretto bomba esplode alle 12,01
Il 16 settembre 1920, esattamente in quel luogo, all’angolo tra Wall e Broad Street, nel centro simbolico del capitalismo americano, un oscuro anarchico italiano arresta il proprio cavallo che traina una carretta carica di esplosivo e si allontana velocemente confondendosi tra la folla. Pochi minuti dopo, precisamente alle ore 12 e 01, l’intero quartiere è sconvolto da una tremenda deflagrazione. Carretta e cavallo sono ridotti in cenere. Le vetrate dei negozi e degli uffici dell’intero isolato esplodono in mille pezzi. La maggior parte degli edifici circostanti prende fuoco e una grossa porzione della House of Morgan è ridotta in rovina. Quando il fumo degli incendi e la polvere sollevata dall’esplosione si dissipano, Wall Street sembra essere uscita direttamente dall’Apocalisse. Macerie e carte ovunque coperte da un’impalpabile polvere grigia. Carrette, cavalli e automobili rovesciati e distrutti. Corpi e brandelli di corpi. Uomini e donne già cadaveri o gravemente feriti
Un atto di guerra: 33 morti, 200 feriti
Il bilancio dell’attentato è di 33 morti e più di 200 feriti. I danni materiali sono stimati a 2 milioni di dollari. Come accade quasi sempre in questo genere di attentati, i morti e i feriti non sono certo i «grassi» capitalisti proprietari degli immobili, bensì oscuri segretari, commessi, e passanti che in quel momento si trovano a passeggiare lungo i marciapiedi, mangiando un sandwich o approfittando del sole nella pausa del pranzo. (…)
Due giorni dopo, il New York Times definisce l’attentato un «act of war». La Chamber of Commerce si affretta a chiedere al governatore l’invio di truppe federali in grado di fronteggiare possibili analoghi attacchi. Il numero delle vittime, per quanto elevato, non riesce a dare un’idea dell’inferno prodotto dall’esplosione. New York e l’intero paese sono sconvolti. L’evento è considerato da tutti come il più tragico della storia americana.
Fbi punta subito gli anarchici
Le indagini del Bureau of Investigation si indirizzano immediatamente verso la pista anarchica. Il direttore Flynn si basa fondamentalmente su alcuni volantini che rivendicano l’attentato, trovati in una cassetta delle lettere all’angolo tra Cedar Street e Broadway. Sui volantini, stampati con inchiostro rosso vivo, si legge:
Ricordatevi che non lo tollereremo ancora per molto! Liberate i prigionieri politici o sarà morte (…)
American Anarchist Fighters
Ai suoi occhi la firma costituisce un indizio eloquente. Essa infatti combina due firme già apparse su un paio di pubblicazioni anarchiche la cui matrice era stata individuata in particolare nei circoli italiani: la prima, dal titolo GO-HEAD! (febbraio 1919) e firmata The American Anarchists, minacciava il governo di una campagna di attentati se fosse stata applicata la nuova legge sull’immigrazione destinata «a deportare ed espellere dagli Stati Uniti d’America qualunque straniero membro di gruppi anarchici e analoghi».
La seconda pubblicazione, dal titolo PLAIN WORDS e firmata The Anarchist fighters era stata lasciata a titolo di rivendicazione nei luoghi in cui, nella notte del 2 giugno 1919, in sette città americane tra cui Boston, New York, Philadelphia e Washington erano esplose altrettante bombe sulla soglia delle abitazioni dei giudici che si stavano prodigando ad applicare scrupolosamente questa legge.
La rivendicazione per Sacco e Vanzetti
Nel volantino che rivendica l’attentato di Wall Street, compare inoltre la frase «liberate i prigionieri politici». Agli occhi di Flynn costituisce un indizio ulteriore: i prigionieri politici cui si fa riferimento sono i due anarchici italiani Sacco e Vanzetti.
Appena cinque giorni prima, l’11 settembre, Sacco e Vanzetti, già in stato di arresto da alcuni mesi con altre accuse, erano stati formalmente incriminati dal giudice Thayer della rapina avvenuta il 15 aprile 1920 a South Brantree nel Massachussets. Lì erano stati assassinati due portavalori incaricati del trasporto delle paghe dei dipendenti di un’impresa.
Le indagini a tappeto
L’indagine che segue l’attentato di Wall Street è una delle più approfondite e capillari della storia americana. Sono raccolte centinaia di testimonianze, in ogni ufficio di polizia e nei locali pubblici è affissa la ricompensa, 100.000 $, a chi fornisca informazioni sugli autori, si diffondono almeno tremila foto segnaletiche di sovversivi attivi nel paese, centinaia di sospetti dono arrestati e decine di fabbri interrogati sulla provenienza dei ferri di cavallo ritrovati sul luogo della strage. Per settimane e mesi gli agenti federali si dedicano quasi esclusivamente a questo caso.
Alla fine i sospetti si concentrano su un uomo, riconosciuto vagamente in base ad una foto segnaletica dal fabbro che gli ha affittato il cavallo per trasportare la carretta con l’esplosivo. Un uomo dal forte accento italiano, dice il fabbro, e di fattezze siciliane. E’ l’unica testimonianza significativa che gli agenti federali riescono a raccogliere. Nessun’altra prova materiale a carico di quest’uomo compare nel dossier. (…)(1-continua)
FONTE: Un italiano in America : Mario Buda, l’uomo che fece saltare Wall Street. Chiara Basso Italies 5/2001
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