Non perdete tempo. Cesare Battisti è stato un combattente comunista.;!
Con il ritorno di fiamma sul caso di Cesare Battisti, ricomincia la giostra. Notevoli gli aspetti deliranti. A me colpisce in particolare, per l’assoluta insensatezza, l’ostinazione di tanti cammmerati di negare l’identità politica di Cesare Battisti. Quasi si preoccupassero che la sua matrice sociale di bandito che si politicizza in carcere in qualche modo infanghi la purezza dei ‘combattenti comunisti’. A prescindere dall’assoluta infondatezza nel merito, saranno bene cazzi nostri? Ad ogni buon conto, eccovi la prima intervista, con Gian Maria Roberti del Desk. E non è finita qui…
Una riflessione sul caso Battisti arriva dallo scrittore e giornalista Ugo Maria Tassinari, militante dell’antagonismo sociale negli anni ’70, oggi uno dei massimi esperti italiani di estremismo nero, impegnato sul fronte della solidarietà ai prigionieri degli anni di piombo. “Negli anni ’70 – spiega – ci sono stati nappisti a Napoli più banditi di strada di Battisti, ma nessuno si è posto il problema.
Qual è la cosa per cui c’è una bolla di risentimento? Il fatto è che Battisti è un sottoproletario di Latina, di famiglia contadina, mandata nella palude pontina dalle bonifiche mussoliniane. Lui fa il delinquente, finisce in carcere dove finisce in contatto con Arrigo Cavallina, fondatore dei Pac, della rete militante di Toni Negri. Battisti decide di fare una banda armata, specializzata come i Nap sui sottoproletari e il carcere. I 4 omicidi di Battisti sono il capo delle guardie di Udine, un agente della digos accusato di torture, e due commercianti che ammazzano rapinatori durante una rapina. È chiaro che è un filone assolutamente coerente e organico: una banda armata che a tutti gli effetti fa lotta armata negli anni ’70 in Italia. Negli anni ’90 Battisti diventa una star della letteratura e questa cosa mette in discussione tutto
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