Il delitto Fanella/5: Grandi e Giulì sull’intreccio tra neofascismo e criminalità

Ugo Maria Tassinari, a seguito dell’omicidio a Roma di uno dei personaggi coinvolti in una pessima vicenda di truffe milionarie, si chiedeva se l’iperviolenza sia consustanziale alla fascisteria. Traducendolo nel più semplice: “Son tutti pazzi questi fascisti?”. Ovvio che, da ottimo giornalista qual è (ed è realtà, non ironia), Tassinari spinga forte sul titolo. Sapendo perfettamente che la riposta è negativa. Negativa per quanto riguarda il “tutti”. Perché sa benissimo che esistono realtà molto ma molto differenti. E sa altrettanto bene che tra fascisti e neofascisti esiste un solco profondo, più che una differenza. Però esiste un immenso problema di immagine e di immaginazione complessiva. E se non c’è dubbio che il giornalismo canaglia (e non è quello di Tassinari) ne approfitta, è altrettanto vero che una fetta di questo neofascismo deteriore faccia di tutto per venire demonizzato. Al di là dei personaggi coinvolti direttamente nell’ultima vicenda (prima quelli in arrivo dalla Lucania, poi uno sceso da Verbania), l’immagine che appare evidente è quella di un cancro del neofascismo romano che si estende con metastasi in altre parti d’Italia.

Così Augusto Grandi (che non ringrazio per non togliermi dall’obbligo) risponde alla mia provocazione, concludendo la sua riflessione con un richiamo allo stile e alla necessità di rompere con la centralità della fascisteria romana:

“Stufa di politici caciaroni e senza competenze, stufa di decisioni e nomine decise al chiuso di qualche stanza romana, studi di clan che non sono quelli scozzesi, stufi del fancazzismo dilagante. Recuperare lo stile significa anche chiudere le porte in faccia a chi non ha capito che il fascismo e perfino il neofascismo non vogliono più avere a che fare con questo mondo autoreferenziale e romanocentrico. C’è tutto il mondo fuori dall’Urbe. E se il califfo se ne accorge, rinuncia a prendersi Roma “

Un gran bello pezzo di antropologia politica lo ha scritto oggi, sullo stesso tema, sullo stesso filo di ragionamento, Alessandro Giuli, che in quell’ambiente è cresciuto (Meridiano zero) ma di cui è diventato lo più spietato critico. La sua bellissima ‘Pastorale nera‘ comincia così:

Pijamose il quartiere, pijamose lo stadio, anzi pijamose Roma e non poniamo freni alla gittata della nostra linea di tiro. Boom. Boom. Boom. Eccolo il vasto programma di un certo neo fascismo dell’ultimo quarantennio, un buco nero sospeso a metà tra la Magliana e il bunker di Berlino. E’ una specialità tutta romana che poi, come una pandemia, s’irradia dalle sezioni capitoline alle filiali stanziate fuori dal raccordo.

PS: La risposta di Grandi mi permette di ritornare sul mio pezzo, che si concludeva con una valutazione sbagliata:

Dopo aver fissato, però, un paletto che in qualche modo contraddice il punto di vista generale che ha a lungo orientato la mia ossessiva ricerca: altro che divisione netta tra fascisti di regime e fascisti rivoluzionari, tra banditi romantici e politici opportunisti, qui, e mi riferisco all’entourage di Mokbel, come già nel caso di Daniele De Santis, sembrano permanere filiere assai corte tra elementi facinorosi e stradaioli e uomini di potere e di successo… 

Di tutto quello che so e mi dicono di Ceniti, è a tutti gli effetti un fascista romantico … E quindi alla fine dovrò decidermi a scriverne il ritratto…

 

 

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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