12 giugno 1975, Reggio Emilia. Il fascista Bellini uccide Alceste Campanile
Oggi voglio ricordare Alceste Campanile. Il 12 giugno 1975 alle ore 23 circa una coppia di giovani presso Convoglio in provincia di Reggio Emilia, su una strada di campagna tra Montecchio e Sant’Ilario nei pressi del fiume Enza, rinviene il cadavere di un uomo abbandonato nei pressi della strada. Viene chiamato il medico Francesco Fochi, che al termine della autopsia accerta che la morte è stata causata da due colpi di pistola uno alla testa ed uno al cuore, partiti, secondo la analisi balistica, da due armi diverse, nessuna traccia di colluttazione.
Si tratta del 22enne Alceste Campanile di Reggio Emilia, già militante di Lotta Continua e in seguito del circolo emiliano “ottobre”. Inizialmente l’omicidio Campanile viene rivendicato dall’organizzazione fascista Legione Europa con un volantino scritto da Donatella Ballabeni, riprodotto in fotocopia da Bruno Spotti e segnalato ai carabinieri da Roberto Occhi, tutti neofascisti di Parma, ma si trattava di una rivendicazione senza fondamento.
Le accuse del padre
Successivamente le indagini verranno invece “spostate” negli ambienti della estrema sinistra anche perché il padre, Vittorio Campanile, sostenne la tesi secondo cui l’omicidio del figlio avrebbe dovuto coprire alcuni esponenti di gruppi militanti che avevano compiuto due mesi prima (14 aprile 1975) il rapimento di Carlo Saronio, dichiarazioni definite “irresponsabili” su Lotta Continua del 14 settembre 1975 ma corroborate dal noto pentito Fioroni che aveva compiuto il sequestro Saronio, e che dirà ai magistrati dicendo che quando si era recato a Reggio per modificare la bombola di metano della Fiat 127 usata per portare il riscatto Saronio in Svizzera, Campanile sarebbe stato presente durante l’operazione, vedendo Fioroni. Ma anche questa pista si rileverà del tutto infondata.
La vicenda pareva quindi destinata a rimanere insoluta quando nel 1999 venne arrestato Paolo Bellini, imputato di diversi furti e rapine. Bellini, nato nel 1953, aveva un passato di estremista nei gruppi emiliani di Avanguardia Nazionale, oltre che una serie di reati alle spalle, che lo avevano portato per anni in latitanza in Sudamerica (dal 1976) ed in prigione in Italia seppur con falso nome (venne incarcerato col nome di Roberto da Silva e come Luigi Lembo). In carcere Bellini era entrato in confidenza con Antonino Gioè, uno dei killer della Strage di Capaci, cosa che gli aveva consentito di operare informalmente come contatto tra le forze dell’ordine e la Mafia a partire dal 1993.
La confessione
Durante un ‘interrogatorio, Bellini confessò di avere compiuto lui l’omicidio di Campanile, ventiquattro anni prima. Bellini e Campanile erano stati commilitoni nel Fronte della Gioventù, che in seguito avevano abbandonato. Mentre Campanile era passato alla sinistra, Bellini era migrato verso organizzazioni più attive e “dure”.
Il giorno dell’omicidio Bellini aveva trovato Campanile per strada, mentre quest’ultimo effettuava l’autostop: Bellini lo aveva caricato con sé, l’aveva portato sul luogo del delitto e lì lo aveva freddato. In auto con Bellini vi sarebbe stato un altro esponente della destra locale, Roberto Leoni, leader della sede di Avanguardia Nazionale di Reggio Emilia e accusato da Bellini di aver sparato anch’egli un colpo a Campanile. L’omicidio sarebbe stato commissionato da un altro leader di Avanguardia Nazionale, Giulio Ennio Firomini, che avrebbe anche fornito l’arma del delitto grazie alla complicità di una coppia di Parma. La coppia parmigiana è stata poi scagionata da tutte le accuse. Dall’inchiesta istruita a Reggio Emilia dal Pubblico Ministero Italo Materia emerse quindi che Campanile fu ucciso da parte di militanti neofascisti per vendicarsi del “tradimento” e del passaggio all’organizzazione avversaria. La sentenza definitiva è stata emessa il 30 ottobre 2007 condannando Bellini a 22 anni di carcere.
Così Davide Steccanella, l’autore di Gli Anni della lotta armata, oggi sulla sua pagina facebook. Al caso Campanile ho dedicato molte pagine di Fascinazione, a partire da un’intervista di Pino Casamassima a Mario Tuti, che collegava il delitto a una pista rossa sull’Italicus. Si scatenò un putiferio, che era in fondo quello che andavo cercando … Se la cosa vi interessa potete leggere qui l’intera discussione con i numerosi articoli e commenti…
Bellini e la strage di Bologna
Quella di Davide è una buona sintesi, ma mancano due pezzi importanti:
1. Lotta Continua polemizza sempre con il padre ma a un certo punto accredita la pista rossa, collegandola al ruolo di supporto di due compagni reggiani nel riciclaggio dei soldi del sequestro Saronio organizzato da Fioroni e ci fa una campagna di stampa terribile contro l’Autonomia
2. Bellini è considerato il suggeritore della campagna stragista mafiosa del 93, con gli attentati ai monumenti.
Fin qui il post pubblicato due anni fa. E tocca aggiungere un altro pezzo ancora. Importantissimo. Perché oggi Paolo Bellini è il principale indiziato nel nuovo processo per la strage di Bologna. La ex moglie lo ha riconosciuto nel fermo immagine di un video che ne fisserebbe la presenza in stazione la mattina del 2 agosto 1980, Così per Bellini – già coinvolto nella prima inchiesta – è scattata la richiesta della procura per il rinvio a giudizio. L’accusa è di concorso in strage.
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