Peppe Misso, un bandito fascista colpito al cuore

Un ritratto del boss Peppe Misso, un bandito fascista del quartiere Sanità, accusato e assolto per la strage del rapido 904. Il fatto di cronaca a cui accenno fugacemente, nel giornale c’erano non so quante pagine di servizi, è il duplice omicidio alla barriera autostradale di Caserta sud. I killer uccidono al rientro da Firenze la moglie del boss e il ministro delle Finanze, Galeota, suo coimputato, e feriscono gravemente il luogotenente militare, Pirozzi

PS: Il pezzo è di 27 anni fa, la stagione più sfavillante del Giornale di Napoli. Mancano ovviamente i postumi, compreso il pentimento e le sue sconseguenze

Aveva più volte manifestato la sua indignazione, dalla gabbia nell'aula della Corte d'Assise di Firenze. Lui era un grande rapinatore, un "uomo d'oro", non un assassino di inermi innocenti. Ma quel che più bruciava a Peppe Misso dell'accusa di essere complice della strage del rapido di Natale era il sospetto - per lui infame - di essere il mandante dell'omicidio di quel Lombardi, o'nano, un suo compariello sospettato di essere il corriere dell'esplosivo. L'aveva cresciuto come un figlio, quel ragazzo, altro che farlo uccidere.
E proprio ieri che la seconda sentenza d' appello di Firenze lo ha liberato da quella macchia per lui insopportabile la feroce vendetta dei Tolomelli lo ha colpito negli affetti più cari: la moglie, i suoi compagni più stretti.

La militanza missina negli anni 70

Eravamo stati in pochi tra i giornalisti a non avere avuto dubbi sulla sua innocenza. Ma per chi conosceva la sua carriera era una scelta obbligata, anche se impopolare, mentre infuriava la campagna degli antistragisti di professione, una delle più irriducibili falangi del partito cattostalinista dell'emergenza.
Peppe Misso è agli inizi degli anni Settanta uno dei miliziani più determinati dello squadrismo neofascista, un leader naturale di quel melange di lumpen e militanti che fa della sezione Berta a via Foria un ridotto inespugnabile e una base nera per le scorrerie nell'intera area nordorientale della città.
Dopo la chiusura della "Berta" a seguito dell'omicidio di Jolanda Palladino - una ragazza che festeggiava la vittoria elettorale delle sinistre il 15 giugno 1975 carbonizzata da una molotov - Peppe Misso non demorde. La sua militanza neofascista ha una vocazione spiccatamente populista: è tra i primi organizzatori del movimento dei disoccupati, animato da un eversivo progetto di destrutturazione dal basso della macchina dello Stato. La sua lista contende la piazza ai disoccupati organizzati egemonizzati dai gruppi dell'estrema sinistra e dagli autonomi, riesce a mobilitare qualche migliaio di senzalavoro.

Una gestione populista del quartiere

Anche le sue scelte criminali hanno questa connotazione fortemente politicizzata che per taluni aspetti anticipano le grandi operazioni populiste di Pablo Escobar che fonda un partito di estrema destra a Medellin: il fermo rifiuto di spacciare droga, di rovinare i giovani del suo quartiere per arricchirsi; un' oculata, selettiva pratica del taglieggiamento; grande attenzione a favorire un'ampia circolazione e ridistribuzione del reddito tra gli strati popolari della Sanità, centralità nell'attività della banda dell'assalto alla ricchezza sociale, le grandi operazioni di "esproprio" (per parafrasare il linguaggio dell'estrema sinistra armata) che sono tra l'altro l'occasione per stringere saldi rapporti operativi con alcuni clan siciliani e con qualificati "professionisti" indipendenti, un'ostinata difesa dell'autonomia della famiglia da vincoli gerarchici e organizzativi estranei alla Sanità.

Le mani in pasta

Peppe Misso non è certo un Robin Hood che ruba ai ricchi per dare ai poveri, ma è benvoluto da quella che considera la sua gente.  
Non esita certo a sporcarsi le mani: dall'inchiesta sulla strage di Natale emergeranno comunque i suoi legami con un maggiore dei carabinieri, da lui corrotto. Ma per un bandito di spiccata vocazione neofascista il rapporto stretto con servizi segreti e professionisti dei "lavori sporchi" non è certo una novità: il "grande" corso Albert Spiaggiari aveva rapporti con l'Oas e finanziava l' Orchestra nera; il killer ordinovista Concutelli, assassino del giudice Occorsio, aveva lavorato in Francia e Spagna con i gruppi dell'antiguerriglia basca e aveva stretti legami operativi con i marsigliesi.
Quella stagione è comunque finita da un pezzo. Non è più tempo per Misso di politica - fosse anche nel paradosso schmittiano del prolungamento della guerra con altri mezzi - la parola, ormai, è alle armi.
IL GIORNALE DI NAPOLI 15 MARZO 1992

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