28 giugno 1973: le Brigate rosse rapiscono Michele Mincuzzi, dirigente Alfa Romeo

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Tra le schede individuali requisite durante l’incursione all’UCID, c’è anche quella di un oscuro dirigente dell’Alfa, l’ingegner Michele Mincuzzi, specialista in “organizzazione del lavoro,” che viene sequestrato dalle BR il 28 giugno 1973 nel corso di un’azione strettamente collegata con l’attacco alla sede degli imprenditori cattolici e inquadrata nella lotta contro “il fascismo in camicia bianca.” La situazione politica nel giugno 1973 è tesa. A livello di governo va registrata la crisi del centro-destra di Andreotti, abbattuto dalla lotta operaia e la ricomposizione del capitale attorno ad un governo di centro-sinistra. In fabbrica è da poco concluso un accordo aziendale da molti ritenuto un autentico “bidone.”

Il sequestro, il processo

La meccanica del rapimento è quella solita: verso le ore 20,30, mentre si accinge a scendere dalla sua autovettura, l’ingegner Mincuzzi viene circondato da un commando, e dopo una breve colluttazione, viene sospinto dentro un furgoncino e incappucciato.
Giunto in aperta campagna viene fatto scendere e sottoposto ad un “processo proletario”. Il “giudice”, a detta di Mincuzzi, si mostra ben informato sull’organizzazione del lavoro in fabbrica: tempi, ritmi, proprio la materia di cui si occupa l’ingegnere. Alle domande incalzanti sulla ristrutturazione, il lavoro di gruppo, la possibilità di diminuire lo stress, così risponde il “detenuto”: “Ho sempre creduto in una società in cui non ci siano privilegi, in cui a tutti siano offerte le stesse possibilità. Soltanto che poi, i migliori debbono emergere nell’interesse della collettività.”

A un certo punto, dato che l’ingegnere è sofferente di cuore, un “giudice” si offre di fargli un massaggio al petto. “Sono stati molto gentili, sono sicuro che non avevano alcuna intenzione di farmi del male” dirà piú tardi Mincuzzi.
Finito il breve interrogatorio, viene rilasciato nei pressi della fabbrica, a suo dire “molto delicatamente”. Ha addosso un cartello: BRIGATE ROSSE – MINCUZZI MICHELE DIRIGENTE FASCISTA DELL’ALFA ROMEO – PROCESSATO DALLE BRIGATE ROSSE. NIENTE RESTERA’ IMPUNITO – COLPISCINE UNO PER EDUCARNE CENTO – TUTTO IL POTERE AL POPOLO ARMATO – PER IL COMUNISMO.

Il volantino

Un volantino, lasciato sul terreno, spiega i motivi dell’arresto:

Giovedí 28 giugno 1973 alle ore 20 un nucleo armato delle BRIGATE ROSSE ha prelevato, interrogato e processato MINCUZZI MICHELE, dirigente dell’Alfa Romeo. Per capire chi effettivamente sia costui iniziamo con alcune sue frasi celebri: “L’appiattimento delle categorie è contro natura”. “L’egualitarismo è disumano”

Queste frasi sono il perno dell’impostazione politica dei corsi di addestramento per dirigenti intermedi che tiene periodicamente in fabbrica.
MINCUZZI non si accontenta di essere maestro degli aguzzini che ci impongono i ritmi e i tempi infernali ai quali siamo sottoposti all’Alfa, ma impartisce i suoi insegnamenti fascisti anche ai dirigenti di altre fabbriche, tenendo corsi all’UCID (Unione cristiana imprenditori dirigenti).
In fabbrica è uno dei massimi responsabili della Direzione della produzione (DIPRO), ed è lui che dirige l’organizzazione dei tempi e dei ritmi delle linee.
È sempre lui che decide e controlla i passaggi di categoria. Per le sue “alte qualità” è ritenuto all’Alfa un “esperto” nelle questioni sindacali e ne rappresenta gli interessi nelle vertenze e nelle contrattazioni.

Un’avanguardia della repressione

Siamo in molti a ricordare la sua attiva collaborazione al CONTROSCIOPERO dei dirigenti per il “diritto al lavoro” e contro la “violenza” che ci ha fatto finalmente conoscere chi sono realmente i nostri padroni di stato. E c’è da credere alla sincerità dei suoi sentimenti “contro ogni violenza” visto che il 2 dicembre 1971 non ha esitato un attimo a sfondare con la propria auto un picchetto, in accordo con la polizia che successivamente ha caricato gli operai. Anche piú recentemente MINCUZZI si è distinto nelle manovre che la direzione ha posto in atto contro l’autonomia operaia e le sue forme di lotta, come i cortei interni, gli scioperi a scacchiera ecc.

L’ultimo fatto poi (1.000 operai sospesi in seguito allo sciopero della Verniciatura), dimostra che i nostri padroni di stato hanno intenzione di essere all’avanguardia della repressione antioperaia. MINCUZZI è dunque un gerarca in camicia bianca, è della stirpe dei MACCHIARINI e dei tanti altri che nelle fabbriche private e statali cercano di far pagare la crisi agli operai usando gli strumenti del ricatto e del carovita, del terrorismo, della provocazione, in una parola della violenza antioperaia.

Conoscere i nostri nemici

Il gerarca MINCUZZI ha molti soci dentro e fuori la fabbrica. Uno di questi è PIERANI LUIGI della Direzione del personale, che pur agendo nell’ombra è tra i più accaniti esecutori della repressione padronale…
PIERANI, a quanto pare, è talmente cosciente della sua funzione che si fa scortare dal “gorilla” di turno che gli passa la questura e fa tenere costantemente sotto controllo la sua abitazione da un paio di auto civetta.
PIERANI non ha capito una cosa, che se i padroni hanno la memoria lunga, i proletari hanno una pazienza smisurata, e che alla fine niente resterà impunito.

Compagni, […] impariamo a conoscere ad uno ad uno i nostri nemici, a controllarli e a punirli ogni qualvolta si rendono direttamente responsabili di iniziative antioperaie…
Le politiche terroristiche dei padroni camminano con piedi ben definiti e sono quelli dei nostri dirigenti e dei nostri capi. Questa è la premessa per andare avanti sulla strada aperta con le lotte del ’69-73, per sviluppare i temi della guerra all’organizzazione capitalistica del lavoro e della resistenza alla ristrutturazione antioperaia, per consentire al movimento di massa di avanzare nella lotta per una società comunista.
Lotta armata per il comunismo. 
BRIGATE ROSSE

Le forzature della stampa

Si vuole far dire a Mincuzzi che i rapitori sono fascisti. Il “Corriere della Sera,” che è il piú malizioso di tutti, gli domanda se sia possibile che i discorsi del “giudice” mascherino posizioni di destra. “Se è così, il mio interlocutore non si è mai tradito” risponde Mincuzzi. (…)
“Indaghiamo in tutte le direzioni” dichiara il dottor D’Alessio, magistrato accorso sul posto, “in particolare sulle BR e sui Giustizieri d’Italia.”
La stessa tesi, degli opposti estremismi, viene ripresa dall”‘Avanti!” che la integra con la teoria della criminalizzazione della politica. Il quotidiano socialista riserva all’episodio l’onore di un corsivo a due colonne in prima pagina. In esso si stabilisce anche una distinzione tra estremismo che si muove contro la legge ed estremismo “legale”:

Le tesi dell’Avanti

I partiti di centro-sinistra sono riusciti a trovare un accordo […] I sindacati e le forze della sinistra sembrano trovare con la parte più moderna del mondo imprenditoriale un terreno minimo di discussione per bloccare la crisi economica […]. Mentre dunque il clima tende a rasserenarsi […] ecco il rapimento di un ingegnere dell’Alfa Romeo […]. Ci troviamo di fronte ad un colpo di coda di chi ad un clima di tensione non vuole rinunciare […] I rapitori potrebbero definirsi “Brigate Rosse,” credendosi davvero di “sinistra.” Ed anche in questo caso il discorso deve essere molto chiaro […].

Esistono […] estremisti di sinistra, nei cui confronti c’è da parte dei socialisti il più chiaro dissenso, ma anche la volontà di difenderli da ogni repressione indiscriminata purché agiscano nell’ambito delle libertà politiche garantite dalla Costituzione . […] L’etichetta di sinistra non sarebbe invece da accettare per chi avesse fatto della violenza e del delitto il suo strumento di lotta […]. Con i gruppi extraparlamentari c’è ampio dissenso, c’è lotta politica. Per chi abbia preso la strada della violenza, c’è soltanto il codice penale. I banditi possono infatti definirsi come credono, ma l’opinione pubblica e le forze democratiche li definiranno sempre banditi […]. Una moderna democrazia europea non ha posto per aspiranti colonnelli, né per apprendisti tupamaros”.

Un filtro troppo grande la legalità

È questa la prima presa di posizione complessiva del PSI sulle BR: in essa, come si vede, c’è di tutto, dalla strategia della tensione, agli opposti estremismi, alla criminalizzazione della politica. Ma l’aspetto più interessante è senza dubbio il parametro fornito per distinguere i gruppi di sinistra da quelli di destra: quelli che violano il codice penale sono tutti di destra. È, come si vede, un parametro talmente largo da includere gli stessi socialisti, o per lo meno quei militanti di base, i quali, almeno una volta si sono trovati a fare un picchetto, un corteo interno, un’occupazione, un blocco stradale, attività tutte punite, come è noto, dal codice penale fascista Rocco – Mussolini.

Le condanne senza se e senza ma

È interessante anche la distinzione nell’ambito della sinistra extraparlamentare tra buoni e cattivi, che anticipa di quasi due anni la posizione del PCI espressa da Berlinguer nel marzo 1975. Con questa distinzione il PSI risponde, indirettamente, ad un articolo di LC di cui accoglie la prima delle due tesi, dandone una propria interpretazione: “È fuor di dubbio che il metodo della provocazione non può avere altra matrice che quella reazionaria, e che le forze rivoluzionarie si collocano sul terreno opposto, sul terreno della lotta di massa, della sua autonomia, della sua coscienza, della sua organizzazione.”
Dure condanne si hanno anche da parte dei sindacati e dell’Associazione lombarda dirigenti d’azienda (ALDAI). (…)
Per il PCI si tratta di una “banditesca organizzazione che agisce con metodi delinquenziali il cui scopo è quello di alimentare la strategia della tensione.” L”`Unità” continua, buttando, a caso, un larvato accenno, comprensibile solo agli “iniziati,” su presunti collegamenti tra le BR e i servizi segreti israeliani: “Nel cartello è disegnata una vistosa stella rossa che però non ha cinque punte, ma sei: si tratta cioè di una stella di Davide […], gli autori della criminale impresa hanno dunque confuso un simbolo comunista con un simbolo israeliano…”

Le distinzioni dell’ultrasinistra

Il “Manifesto,” per il quale il silenzio è d’oro, tace pudicamente l’accaduto. Non cosí “Avanguardia Operaia,” la quale non ha alcun dubbio che si tratti di una provocazione, messa in atto da agenti della strategia della tensione. Dopo aver lamentato che “nessuno” dei brigatisti arrestati l’anno prima “è rimasto dentro” perché facevano “più comodo fuori,” continua rilevando che “costoro hanno preparato il colpo proprio mentre era in corso una lotta all’Alfa, sperando di riuscire a far apparire le due cose collegate.”

Con quest’ultimo argomento, viene evidenziata come provocatoria una circostanza, la lotta in fabbrica, la cui assenza, invece, solo un anno prima era stata motivo di dure critiche (in relazione al sequestro Macchiarini: “il sequestro giunge improvviso, alla Siemens non c’è lotta in questa fase. Il gesto è del tutto dimostrativo e pare fatto apposta per avere titoli scandalistici…”).
Giunge la condanna anche da parte di LC che fornisce tuttavia un giudizio più articolato e meditato: gli elementi comuni a queste azioni sono il

carattere appariscente e plateale, la mancanza di ogni rapporto con le esigenze, della lotta operaia […]. La tendenza di questo gruppo a eludere il compito impegnativo dell’organizzazione, per sostituirsi alle masse con azioni “esemplari” del tutto slegate dai modi e dalle scadenze della lotta […]. La classe operaia ha dimostrato in questi anni e ancora in questi mesi, di avere le sue armi – che sono l’organizzazione, la lotta di massa per il salario e contro l’organizzazione capitalistica del lavoro – per combattere su questo terreno.

Se l’iniziativa di avanguardia è il logico e necessario completamento della lotta di massa per un marxista, il terreno su cui essa va esercitata deve saper fare i conti con i bisogni che la classe operaia esprime – e con quelli che invece non esprime – nel corso della sua lotta. [Questa azione] si inserisce molto bene […] in una catena di episodi attraverso cui, specialmente a Milano, si è cercato di rilanciare la strategia della tensione. (…)

Solo Potop sostiene le Brigate rosse

L’unico gruppo “storico” a dare il pieno appoggio alle BR è Potere Operaio. Si è colpito con Mincuzzi l’intera organizzazione di fabbrica dice un articolo a tutta pagina. Per Potere Operaio le “serrate discussioni” fatte tra compagni confermano che l’iniziativa armata è attuale.

Il lavoro che va fatto è “collegare la lotta di massa a queste iniziative, privarle del loro contenuto ‘giustizialista,’ rilanciarle come pratica d’attacco in cui si riconosce un intero strato di classe che oggi fa sua la parola d’ordine del rifiuto del lavoro.” 

L’organo di PO imbastisce poi una polemica violenta e dai toni sprezzanti con LC cui rimprovera “l’essersi allineata al Manifesto.” Il voltafaccia viene evidenziato dalla riproduzione fotografica su una pagina di “Potere Operaio del Lunedí” di due articoli di LC, messi in contrapposizione e illustranti il primo il “sequestro Macchiarini,” il secondo il “rapimento Mincuzzi.” L’articolo di LC su Mincuzzi, intitolato Frutti di stagione viene da PO parafrasato:

Opportunismi di stagione

Dispiace che i compagni di LC, in bella compagnia col solito “Manifesto” e altri non meglio identificati, siano allineati col vasto fronte della stampa borghese e riformista, per liquidare in modo fin troppo frettoloso e infastidito, seppure con accenti diversi dentro una generale e ferma ripulsa, l’ultima azione delle BR, il sequestro dell’ingegnere Mincuzzi, sino a ieri clandestino segnatempi dello sfruttamento operaio alla catena di montaggio dell’Alfa Romeo di Milano […]

Non abbiamo il problema di difendere dei compagni che non hanno bisogno di essere difesi, o di offrire loro, da parte nostra, un salvacondotto di appartenenza all’area della sinistra rivoluzionaria che già essi hanno dimostrato di possedere a buon diritto… Va detto subito che la pratica delle BR cerca di dare una risposta in termini di attacco, come pure noi tentiamo, alle lotte degli operai delle grandi fabbriche che hanno spinto in un budello molto stretto la possibilità capitalistica di risposta, che però è una possibilità che esiste e che già si vede funzionare nel progetto di distruzione delle emergenze politiche operaie attraverso un processo generale di riorganizzazione del lavoro. È proprio su questo passaggio, sulle sue articolazioni, che si è accentrata l’iniziativa di massa degli operai, scoprendo al loro interno gli obbiettivi e le forme di lotta che lo attaccano e ne rendono precaria la realizzazione.

Che altro è l’assenteismo, il sabotaggio, il corteo violento, la punizione quotidiana dei capi […], se non la pratica materiale che sottrae la ristrutturazione dalle mani del padrone sul suo stesso terreno, quello del comando?… Lotta Continua per giustificare la propria scelta di un diverso referente di organizzazione (in particolare i delegati della sinistra sindacale) si inventa che il movimento è in una situazione troppo difficile, che è necessario attestarsi sulla difensiva, il che è come dire che ci si deve fermare a due passi dalla sconfitta…
Quelli che devono essere messi in risalto. sono alcuni elementi che per certi compagni, imprudenti o forse sprovveduti, nella nostra stessa organizzazione erano serviti per fondare un giudizio positivo del livello teorico su cui si fonda la pratica politica delle BR.

Parliamo della liturgia del “processo” e della “giustizia proletaria,” cose che si collocano in un ambito povero, di fiato corto… Intendiamo dire che se il Mincuzzi fosse stato un sincero democratico piuttosto che quel fascista che è, non per questo sarebbe stato ingiusto colpirlo. Personalizzare un nemico può essere utile, ma diventa dannoso, e porta confusione, caricando di contenuto ideologico, o peggio morale, funzioni di comando che per se stesse sono astratte e interscambiabili. Questa pratica giustizialista va corretta.

Ma la voce di PO è debole e isolata. Il concentrarsi della repressione statale su questo gruppo, fattasi violentissima dopo l’incendio di Primavalle, e, per ultima, una singolare forma di scomunica da parte di LC (il rifiuto quasi sistematico di partecipare a manifestazioni, assemblee, firmare volantini insieme a PO) sono il fattore dinamico per le lacerazioni, già in atto, all’interno di questa organizzazione: molti militanti di PO confluiscono nelle file dell’autonomia operaia. La sigla PO scompare quasi del tutto.

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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