Un bilancio delle giornate di aprile: l’inizio della fine dell’egemonia dei gruppi

Dal libro Figli dell’officina. Prima di Prima Linea 1974-1976 di Enrico Galmozzi, 2019, derive e Approdi.

Gli altri due momenti ed eventi decisivi furono la rivolta di San Basilio e le giornate d’aprile del 1975. Eventi che segnarono una cesura con i cicli di lotta precedente e che contribuirono anche alla crisi definitiva delle forme di organizzazione (i cosiddetti gruppi extraparlamentari) che su quei cicli di lotta si erano formati. Anche se si guarda alle dinamiche che si instaurano fra lotte e repressione non si può non notare che la legge Reale, entrata in vigore proprio all’indomani delle giornate d’aprile costituisce la risposta dello stato ovviamente non solo a queste ma a tutte le nuove forme di lotta che emergono ora nei conflitti sociali, a partire dalle fabbriche.

Rosso: dov’è il fascismo

Le giornate di aprile sono tre giorni di imponenti mobilitazioni di massa, estese in tutta Italia, ma che hanno il loro epicentro a Milano. Scontri con la polizia avvengono un po’ dovunque ma a Milano raggiungono particolare virulenza nel corso dei ripetuti tentativi di assalto alla sede del MSI di via Mancini, che alla fine rimarrà seriamente danneggiata, durante i quali undici mezzi blindati dei carabinieri vennero bruciati.

A caldo Rosso scriverà:

Le masse, le nuove generazioni hanno dimostrato di saper vedere dov’è il fascismo: non certo solo laddove vogliono mostrarcelo, ma soprattutto altrove, nella polizia in tutte le strutture dei corpi separati dello Stato, nel riformismo, nel terrorismo della socialdemocrazia e delle multinazionali. E’ questo che nelle giornate di aprile è stato attaccato, è l’ordine istituzionale che è stato denunciato, è l’orizzonte politico della socialdemocrazia e del riformismo che è stato incrinato. 1

La crisi dei gruppi

Viene qui indicato un carattere politico fondamentale che emerge e che, non a caso, sarà oggetto di durissime polemiche politiche, e non solo di polemiche ma anche di contatti ravvicinati con i gruppi della sinistra extraparlamentare che intendevano trattenere l’analisi politica e la lotta stessa nel corso tradizionale della lotta antifascista.

Il risultato sarà l’inizio della crisi irreversibile di questi gruppi come riflesso della convinzione che si va facendo largo, a livello di massa, che rispetto al nuovo terreno di scontro, sul piano politico generale e non solo con riguardo alla attrezzatura necessaria, i gruppi non sono più adeguati. Si viene a generare quindi una nuova e più radicale composizione della piazza. In questo senso le giornate d’aprile sono il battesimo del fuoco dell’area dell’autonomia e a Milano, in particolare, dell’egemonia che Senza tregua avrà sulla piazza, fino al 1977,

Una forte presenza operaia

E’ vero che nelle giornate d’aprile erano in piazza anche i Collettivi politici autonomi legati a Rosso, l’Assemblea autonoma dell’Alfa e molti gruppi autonomi espressione di aggregazioni locali di quartiere o di paese, ma il nerbo della manifestazione è raccolto attorno e dietro lo striscione delle fabbriche di Sesto. Qui va detto che gli operai dei Comitati comunisti avevano condotto una battaglia politica nelle fabbriche per fare dichiarare lo sciopero e per scendere in piazza. In almeno due fabbriche, la Magneti Marelli e la Sit Siemens, la proposta riscuote successo e in piazza ci sono in effetti moltissimi operai.

Va detto, per la comprensione dei fatti, che a partire dal mese di marzo si erano intensificati i rapporti con i due gruppi di Sesto e di Milano, la corrente e la frazione, che stavano per abbandonare Lotta continua. Il processo di aggregazione si concluderà nel corso dell’estate ma già nel mese di aprile alcune componenti di questi due gruppi si erano erano aggregati, come quella di Cormano, all’interno del quale era subito stata formalizzata la costituzione di una Squadra che in effetti sarà attiva nelle giornate d’aprile.

In più, nell’orbita della corrente gravitavano due delle più agguerrite strutture di servizio d’ordine di lotta Continua: il Casoretto e lo Stadera che durante le giornate faranno già riferimento all’area dei Comitati comunisti.

Come pesci nell’acqua

In queste giornate si consolida anche la pratica delle vere e proprie Squadre e comunque di spezzoni di servizio d’ordine che si staccano dal corteo per praticare una serie di obiettivi. La lista è lunghissima e inizia con l’irruzione della Squadra di Sesto negli uffici del Corriere della sera di via Manzoni, messo a fuoco, e prosegue con l’aggressione al consigliere MSI Cesare Biglia e al sindacalista Cisnal Rodolfo Mersi, con l’incursione nella sede del giornale fascista Lo Specchio, con l’assalto alla cartoleria del fascista Carlo Sala, con l’assalto alle due sedi del MSI di via Murilio e via Guerrini, con l’attacco ad alcuni bar, ritenuti covi fascisti, in via Borgogna e a Città Studi e al Bar Matricola in viale Romagna.

Molte di queste azioni sono condotte proprio dal Casoretto e dallo Stadera mentre l’attacco al bar Matricola è condotto proprio dalla Squadra di Cormano e qui si registra un primo incidente con il servizio d’ordine di Avanguardia operaia: da un balcone situato al di sopra del bar qualcuno getta dei vasi di fiori contro i compagni e uno di questi estrae la pistola e spara un colpo in aria per farlo desistere.

Gli scazzi con AO

A seguire ci sarà quindi un primo momento di confronto col servizio d’ordine di Avanguardia operaia che bolla il gesto come provocazione. Il seguito avverrà poco dopo quando la Squadra di Sesto2 attaccherà con il lancio di sei bottiglie molotov la sede dell’Istituto autonomo case popolari sempre in viale Romagna. Obiettivo sensibile, individuato dalle diverse lotte sulla casa che erano in corso in quel periodo ma che non rientrava fra gli obiettivi antifascisti.

In previsione della manifestazione c’era stato un intergruppi che aveva stabilito i limiti entro i quali doveva essere indirizzata la collera dei manifestanti ma i Comitati comunisti non avevano partecipato alla riunione e comunque se ne fregavano delle deliberazioni dei gruppi. Al momento del rientro nel corteo la Squadra di Sesto venne affrontata dal servizio d’ordine di Avanguardia operaia. Per difendersi dall’aggressione da un numero esorbitante di persone che brandivano chiavi inglesi e spranghe, i militanti della Squadra fecero cenno di essere armati e il servizio d’ordine di Avanguardia operaia si ritirò in buon ordine.3

La polemica infuriò ancora per qualche giorno e a dimostrazione di come i gruppi non capivano assolutamente nulla di quanto stava avvenendo Avanguardia operaia scrisse e disse che “ sono tornati i provocatori piccolo borghesi di Potere Operaio.”

Note

1( Le giornate d’aprile, Rosso contro la repressione, n.15 marzo-aprile 1975)

2Qualche giorno dopo, per i postumi degli scontri, morirà di embolia cerebrale Claudio Pacchetti, un giovane operaio dell’Ercole Marelli che faceva parte della Squadra di Sesto e che aveva partecipato all’assalto al Corriere della sera e a tutti gli scontri della giornata. Fu una gravissima perdita, ricordata anche da Sergio Segio in Michele Ruggiero; pronto, qui Prima Linea; Torino, 2014.

3A mia memoria le armi non furono puntate contro quelli di Avanguardia operaia e nemmeno platealmente esibite: fu solo fatto cenno di possederle, mostrandole infilate nelle cintole dei pantaloni.

Per approfondire

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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